Menu

Rojava sotto attacco

L’autodifesa comunitaria e la ricerca di una soluzione democratica dei curdi indicano che il confederalismo democratico potrebbe stabilire una coesistenza e una cooperazione pacifica tra i popoli del Medio Oriente

di Maria Cortez e Johann Spies da Jacobin Italia

Nel cuore del Medio Oriente, una rivoluzione sta evolvendo silenziosamente dal 2011, ma le sue radici risalgono a secoli di resistenza curda. Nel caos della Primavera araba, la popolazione curda del Rojava ha colto l’opportunità di liberarsi dall’oppressione. Questa non è solo una storia di cambiamenti geopolitici, ma anche una storia di studenti, giovani e donne che formano comunità per ridefinire la governance. Tuttavia, gli innumerevoli eroi di questa rivoluzione sono sotto l’attacco incessante dell’Isis e dello Stato turco. Approfondendo la complessa vicenda della lotta in Rojava, scopriamo una storia di resilienza ideologica, di autodifesa comunitaria e di ricerca di un rinascimento democratico che si irradia ben oltre i confini della regione.

Le radici della rivoluzione in Rojava

Dal 2011, la rivoluzione in Rojava ha dato nuova forma al Medio Oriente. Quando la cosiddetta Primavera araba ha gettato la Siria nel caos, la popolazione curda, da sempre senza documenti, diritti di cittadinanza, e bersaglio di oppressione e sfruttamento, ha colto l’opportunità storica di liberarsi del regime siriano. Questo aveva, per decenni, sfruttato la regione del nord-est, a maggioranza curda («Occidente», in curdo «Rojava»). La storia del popolo curdo, ricca di resistenza contro la secolare occupazione e assimilazione, insieme alle sue terre, di importanza geografica e strategica ai confini di imperi e potenze mutevoli, ha portato a ripetuti tentativi di usare o sottomettere il popolo curdo. Numerose rivolte curde sono state represse, spesso con un enorme spargimento di sangue. Dalla fine della Prima guerra mondiale e dal Trattato di Losanna, il Kurdistan («terra dei curdi») è stato diviso in quattro parti, tra gli Stati nazionali di Turchia, Iraq, Iran e Siria.

Nel 2011, in molte città a maggioranza curda il regime è stato spodestato senza che venisse sparato un solo colpo. I rivoluzionari e le rivoluzionarie, per la maggior parte studenti, giovani e donne, hanno immediatamente iniziato a fondare comuni per stabilire una nuova forma di autogoverno. Nel Confederalismo Democratico, le comuni sono le più piccole unità di organizzazione politica, in cui la società discute e prende decisioni sulla propria vita. Esse sono il nucleo di una democrazia dal basso e radicale. Mentre la rivoluzione in Rojava, in particolare l’eroica lotta contro l’Isis, ha attirato l’attenzione internazionale, le radici del movimento rivoluzionario e la sua ideologia rimangono per lo più sconosciute all’esterno.

Un’alternativa agli Stati nazionali

Il movimento che ha posto le basi per il processo rivoluzionario in Rojava è iniziato con un gruppo di studenti e giovani, tra i quali Abdullah Ocalan. Influenzato dalla sinistra turca e dalla Rivoluzione del 1968, Ocalan sviluppò una prospettiva di lotta di liberazione curda. In una situazione in cui il popolo curdo affrontava il genocidio culturale, i rivoluzionari e le rivoluzionarie del Kurdistan, attorno a Ocalan, riuscirono a creare un movimento di massa nella società curda, precedentemente priva di speranza. Dopo aver formato un gruppo di base e aver sviluppato una linea e una pratica politica, fondarono il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). La linea del partito, basata sul marxismo-leninismo, fu costantemente dibattuta e messa in discussione, soprattutto durante la caduta dell’Unione Sovietica. Ocalan sviluppò una critica radicale dello Stato, introducendo un nuovo paradigma chiamato Confederalismo Democratico, enfatizzando la democrazia radicale e dal basso, la liberazione delle donne, l’ecologia e la pluralità. L’analisi di Ocalan sulle radici dello Stato, del potere e della violenza, con lo Stato come risultato della cospirazione degli uomini contro la millenaria società matriarcale, spiega l’attenzione alla liberazione delle donne come elemento essenziale per lo sviluppo di una società libera.

Abdullah Ocalan è stato rapito dallo Stato turco nel 1999 nell’ambito di una cospirazione internazionale, con il coinvolgimento diretto e indiretto di Stati uniti, Israele e vari Stati europei. Il suo impegno in Kurdistan e i suoi scritti, dopo l’incarcerazione in totale isolamento come unico detenuto nell’isola-prigione di Imrali, hanno gettato le basi per la sua idea di rivoluzione per il XXI secolo.

Dall’inizio degli anni Ottanta, il movimento non ha mai smesso di organizzare la società in Rojava. L’organizzazione, inizialmente clandestina, composta soprattutto da studenti, è diventata poi la forza d’avanguardia nella fase iniziale della rivoluzione in Rojava. Parlare con i giovani coinvolti fin dall’inizio dà un’idea dello slancio e dello spirito che, dall’interno dell’organizzazione, si è poi diffuso nel resto della società. Mentre le prime proteste nel 2011 hanno attirato solo decine di persone, nel giro di poche settimane le manifestazioni sono cresciute fino a raggiungere masse di migliaia di persone.

Da allora, la rivoluzione e i popoli del Rojava hanno costantemente affrontato gli attacchi dell’Isis e dello Stato turco. Nel frattempo, il sistema del confederalismo democratico è stato implementato in tutti gli ambiti della vita. Sono state create comuni e cooperative economiche, e le donne hanno guidato verso un sistema di copresidenza nelle istituzioni. Sebbene i rappresentanti dell’amministrazione autonoma ammettano che solo una piccola parte dei risultati desiderati è stata realizzata, gli sviluppi sono già impressionanti e offrono un’alternativa al capitalismo e agli Stati nazionali. Oltre ai continui attacchi, che spesso prendono di mira specificamente coloro che lavorano per costruire il sistema alternativo, organizzando le comunità, creando cooperative e l’educazione scolastica, l’ostacolo principale è una mentalità plasmata da decenni di dominio statale. Il principale campo di lotta è il superamento di questa mentalità, e l’educazione della società, creando una società politica e morale capace di autogestirsi senza uno Stato.

Quest’anno è stato redatto un nuovo contratto sociale per la Siria nordorientale, che dimostra l’ambizione di cambiare radicalmente l’approccio in tutti gli aspetti della vita sociale, recuperando la società secondo principi umani universali. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede tempo, convinzione ed educazione. Gli ostacoli più significativi allo sviluppo sono le costanti minacce e gli attacchi della Turchia.

Guerra ad alta e bassa intensità

La Turchia ha già minacciato i mezzi di sostentamento di milioni di persone con massicci bombardamenti nell’ottobre e nel dicembre 2023, e lo scorso 13 gennaio lo Stato turco ha iniziato una nuova serie di attacchi aerei sul Rojava/Daanes (Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale), dimostrando un nuovo livello di distruzione. In quattro giorni lo Stato turco ha preso di mira oltre cinquanta località in tutto il Rojava. Gli obiettivi attaccati sono di importanza cruciale per la regione e la sua popolazione. Sono state prese di mira le infrastrutture elettriche e petrolifere, i posti di blocco Asayish (forze di sicurezza interne), fabbriche, silos di grano, depositi di cibo, strutture mediche, scuole e abitazioni civili. Distruggendo le infrastrutture, lo Stato turco sta deliberatamente creando una catastrofe umanitaria. Questi più recenti attacchi hanno anche causato il ferimento di sei civili, tra cui due bambini.

Dal 2019, lo Stato turco sta conducendo parallelamente contro il Rojava una guerra a bassa e alta intensità, con continue escalation con brutali attacchi aerei. Campagne di bombardamento su larga scala, come i recenti attacchi, mirano a distruggere i mezzi di sussistenza della popolazione, minando la possibilità di soddisfare i bisogni primari, come l’acqua e l’elettricità (riscaldamento, cucina). Inoltre, i possibili effetti psicologici che questa guerra può e potrà avere sulla popolazione sono di grande importanza. L’obiettivo è che la gente viva in costante paura e insicurezza. Creando situazioni così dure e difficili per la popolazione, lo Stato turco cerca di costringere la popolazione ad abbandonare le proprie case. L’obiettivo finale è destabilizzare l’intera regione e indebolire l’amministrazione autonoma e la rivoluzione in corso in Rojava. Molti sono i motivi per cui lo Stato turco porta avanti questi continui attacchi. Gli interessi economici nelle ricche risorse della regione (petrolio) sono un elemento trainante, tanto quanto la sua pretesa nazionalistica di dominare sul popolo curdo (e la sua lotta di liberazione).

I popoli del Rojava resistono

Nonostante i recenti attacchi e le difficili circostanze che ne derivano, i popoli del Rojava si stanno organizzando, difendono le proprie terre e la rivoluzione. L’autodifesa è una parte essenziale della società in Rojava, e delle sue fondamenta strutturali. Autodifesa non solo in senso militare, ma come pratica quotidiana di costruzione e rafforzamento della relazione della società con la politica, l’istruzione e la cultura. La costruzione di comunità forti, che si organizzano e lavorano insieme, è intesa anche come autodifesa contro gli attacchi sia ideologici che militari. Una delle tante risposte alle sfide create dagli attacchi dello Stato turco è la creazione di un maggior numero di comuni e cooperative. Un esempio di come le persone si organizzano insieme per trovare soluzioni collettive è la formazione di nuove comuni. Nella situazione attuale, per far fronte alla mancanza di elettricità e altri problemi causati dalla distruzione delle centrali elettriche, queste hanno l’obiettivo di organizzare collettivamente l’utilizzo di generatori o l’acquisto di pannelli solari.

La popolazione del Rojava, ben consapevole del piano dello Stato turco, organizza la propria resistenza di conseguenza. Per proteggere una centrale elettrica (Suwaydiyah, la principale fonte di energia in nord-est Siria) appena fuori dalla città di Derik, centinaia di persone si sono radunate per giorni sul posto, organizzando manifestazioni e un’assemblea molto partecipate. Le persone hanno cantato slogan, protestato, ballato, proteggendo allo stesso tempo la centrale elettrica con i propri corpi e le proprie vite. Questo tipo di protesta è un impressionante esempio di autodifesa, e dello spirito di resistenza di una società rivoluzionaria.

Se osserviamo lo stato delle cosiddette democrazie a livello globale, nonostante la diffusa comprensione della distruttività del capitalismo le persone non sembrano avere alternative reali. La partecipazione alle elezioni parlamentari è ai minimi storici e le alternative rappresentate dai partiti politici sono spesso la ragione stessa della situazione in cui ci troviamo oggi. La sinistra radicale, soprattutto in Europa, si definisce per lo più contro i partiti e le correnti neofasciste, o contro la distruzione ecologica, senza però offrire un vero programma alternativo.

Gli sviluppi globali, il livello di distruzione ecologica, i femminicidi, il declino delle libertà, le guerre, le migrazioni di massa, lo sfruttamento, la degenerazione culturale e molti altri problemi sociali richiedono risposte olistiche e radicali, nel senso di risolvere i problemi alla radice.

Allargando lo sguardo al Medio Oriente in generale, il confederalismo democratico è una proposta politica che potrebbe stabilire una coesistenza e una cooperazione pacifica tra i popoli della regione. Il genocidio di Israele in Palestina ha recentemente dimostrato quanto la regione abbia bisogno di una soluzione reale. Gli approcci attuali, da parte dello Stato israeliano e di Hamas, non porteranno a una situazione di pace e sicurezza, né per la popolazione ebraica né per quella araba.

In un’epoca in cui la sopravvivenza dell’umanità dipende da un cambiamento radicale, non solo nel sistema economico e politico, ma anche nella mentalità degli individui, la rivoluzione in Rojava può essere l’inizio di una rinascita democratica non solo per il Medio Oriente, ma per l’umanità in generale.

 

 

Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000 

News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp