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Cronache dalla repressione Usa

La violenza della polizia alla Columbia University e negli altri college e la propaganda che l’ha prima preparata e poi giustificata evocano scene da paese autoritario

di Branko Marcetic da Jacobin

Se avessimo visto le scene che si sono verificate a New York e in tutti gli Usa in un paese ostile agli Stati uniti, sapremmo esattamente descrivere la situazione: un regime la cui legittimità è intaccata e la cui presa sul potere si è allentata, reagisce scatenando un’ondata di propaganda e violenza di Stato nel disperato tentativo di contenere le crescenti proteste antigovernative. Statene certi, se questi eventi fossero accaduti in un paese straniero, i principali resoconti statunitensi sarebbero di questo tipo.

Teorie del complotto e fake news per giustificare la repressione

L’altra sera, mentre Israele scatenava un’altra ondata di violenza contro gli abitanti di Gaza, uccidendo sei donne e cinque bambini a Rafah insieme ad almeno altri undici palestinesi, e mentre pianificava una disastrosa invasione di terra della città, il suo principale protettore militare ha assistito a un’esplosione di violenza.

In quelle ore, la polizia di New York, su ordine del sindaco Eric Adams – un membro autoritario del partito al potere del governo Biden, attualmente indagato per corruzione e che aveva promesso di far utilizzare le tattiche israeliane alle forze di polizia della città – ha inviato un piccolo esercito di forze di sicurezza militarizzate per disperdere una protesta della Columbia University contro la guerra. Trecento manifestanti sono stati arrestati dopo una notte in cui si sono verificate brutali violenze sugli studenti contro la guerra in diverse altre università.

La repressione – che ha scioccato analisti e osservatori per la sua portata e ferocia – ha colpito manifestanti pacifici con gas lacrimogeni, spinti giù dalle scale e trascinati fuori dagli edifici per essere gettati nel retro dei furgoni della polizia e portati via, con le forze dell’ordine che entravano nella Hamilton Hall occupata con le armi spianate.

L’incursione è stata ufficialmente autorizzata dall’università, nonostante l’assenza di un voto di approvazione da parte della facoltà, come richiesto dal regolamento del campus, e il rimprovero dell’università da parte di una commissione di controllo per aver facilitato la repressione. Poco dopo, la polizia di New York ha effettuato un altro raid simile al City College di New York che ha visto l’arresto di altri cento manifestanti.

I funzionari hanno citato la sicurezza degli studenti, in particolare quelli di origine ebraica, per giustificare la repressione, affermazione accolta con scetticismo alla luce della brutalità inflitta agli studenti (molti dei quali ebrei) dalle forze dell’ordine. Quello che è avvenuto sulla costa occidentale – dove organizzazioni favorevoli alla guerra sono entrate in un accampamento contro la guerra presso l’Università della California, a Los Angeles, senza essere ostacolate dalla polizia o dalla sicurezza, e hanno iniziato ad aggredire fisicamente gli studenti e a sparare contro di loro pesanti petardi – non ha fatto che aumentare questi sospetti.

Il raid è avvenuto sulla scia di giorni e settimane di crescente retorica da parte di funzionari governativi e media ufficiali del Partito democratico, che hanno gettato le basi per un’ondata di repressione trasmettendo teorie del complotto e false accuse contro i manifestanti antigovernativi.

Fonti filo-governative hanno diffuso affermazioni infondate secondo le quali i manifestanti – che chiedono un cessate il fuoco permanente a Gaza, il disinvestimento da Israele, e molti dei quali sono essi stessi ebrei – sono costituiti da gruppi antisemiti violenti, allineati con i terroristi, dalle cui organizzazioni prendono ordini e fanno parte. Ad oggi, l’unico esempio di qualcosa che si avvicina alla violenza da parte del fronte pacifista che le organizzazioni filo-israeliane sono riuscite a raccogliere è stato quello di un manifestante sionista colpito in un occhio da una bandiera, mentre il caso più eclatante di agitazione antisemita («Kill All Jews») proveniva da un agitatore sionista. La campagna di propaganda è stata usata per giustificare una flagrante inosservanza del governo del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati uniti, che nominalmente garantisce la libertà di parola e di riunione, ma che è stato costantemente svilito da una successione di leader autoritari.

«Hai il diritto assoluto alla libertà di parola in America, puoi protestare, ma il Primo Emendamento non ti dà il diritto di rompere finestre, vandalizzare edifici, impossessarti di edifici privati e di far sentire insicuri gli studenti di origine ebraica», ha detto il deputato Ted Lieu, membro di spicco del partito del presidente Joe Biden, il giorno dei raid. «Se oltrepassano quella soglia, le università hanno tutto il diritto di agire contro gli studenti». Questa retorica è stata ripresa da altri membri del partito del presidente.

Compreso lo stesso Biden, che ha dato legittimità all’eventuale repressione quel giorno, quando ha risposto alla notizia che gli studenti avevano occupato un edificio universitario e appeso striscioni con scritto «Palestina libera» e «Intifada» dipingendoli come pericolosi gruppi di odio. «Il presidente Biden si è opposto per tutta la sua vita alla ripugnante retorica antisemite e violenta – si legge in una dichiarazione della Casa Bianca quella mattina – Condanna l’uso del termine ‘intifada’, così come ha fatto con gli altri tragici e pericolosi discorsi di odio manifestati negli ultimi giorni. Il presidente Biden rispetta il diritto alla libera espressione, ma le proteste devono essere pacifiche e legali. Occupare con la forza gli edifici non è pacifico: è sbagliato. E i discorsi e i simboli dell’odio non hanno posto in America».

La Casa Bianca non ha esplicitamente condannato la violenza e la retorica piena di odio proveniente dai contromanifestanti che sostengono la guerra, ampiamente interpretate come un segnale di sostegno al trattamento pesante dei manifestanti.

Intifada in arabo significa riscossa o rivolta, che è ciò a cui si riferisce nelle fonti in lingua araba, inclusa la rivolta del ghetto di Varsavia contro i nazisti. La spiegazione data dalla Casa Bianca è stata adottata da gran parte dei media statunitensi, con un conduttore della Cnn che a un certo punto ieri sera ha definito il termine come «lotte violente che i palestinesi hanno avuto nel corso degli anni contro Israele». Negli Stati uniti, gran parte dei media gode di un’indipendenza nominale, ma mantengono stretti legami con le istituzioni statali e con le fazioni al potere del paese.

Un caso è il programma Morning Joe, influente trasmissione di notizie sulla rete Msnbc allineata al Partito democratico che, secondo quanto riferito, il presidente guarda regolarmente e con cui corrisponde regolarmente. Da quel programma sono giunti alcuni degli incitamenti più radicali alla violenza di stato contro i manifestanti, quando ospiti e co-conduttori si alternavano nel dipingere l’immagine di studenti violenti e pieni di odio a cui era stato fatto il lavaggio del cervello da TikTok, e che dovevano essere fermati prima che la situazione andasse fuori controllo.

Un co-conduttore ha accusato i manifestanti di aver affermato che gli studenti ebrei «non dovrebbero esistere». «Dovrebbero essere tutti arrestati e non sospesi: dovrebbero essere espulsi dalla scuola», ha detto il conduttore ed ex deputato Joe Scarborough.

Un altro ospite, il capo dell’Anti-Defamation League Jonathan Greenblatt – che ha dovuto affrontare un ammutinamento del suo staff ed è stato perfino criticato dagli analisti americani favorevoli all’establishment per la sua retorica contro i manifestanti filo-palestinesi – li ha paragonati ai «combattenti dell’Isis». Sia lui che la co-conduttrice Mika Brzezinski, figlia di un ex funzionario democratico di alto rango della sicurezza nazionale, hanno paragonato le proteste della Columbia University alla rivolta del 6 gennaio a Capitol Hill: un paragone particolarmente intenso per gli spettatori della rete via cavo, a cui è stato inesorabilmente detto che l’incidente di tre anni fa era stato un atto di terrorismo che richiedeva la risposta più dura.

Mentre nella tarda serata iniziava la violenza di Stato, i media ufficiali statunitensi hanno diffuso voci e teorie di cospirazione per giustificare la repressione. Una giornalista della rete Cbs ha twittato di essere stata informata da fonti dell’amministrazione cittadina che «la moglie di un noto terrorista» era presente alla protesta, e anche sulla Cnn un mezzo busto ha informato i telespettatori che «la moglie di un terrorista incriminato era presente alla protesta». Il «terrorista» in questione era Sami al-Arian, un professore di ingegneria che era stato accusato di sostenere il terrorismo durante una precedente ondata di isteria xenofoba che aveva visto le forze di sicurezza radunare, spiare e torturare i musulmani etichettati come terroristi.

Nel frattempo, sulla rete di notizie televisive Nbc News, rete sorella di Msnbc di proprietà dello stesso conglomerato, un segmento ripreso dalla Casa Bianca afferma che i disordini erano il risultato della disinformazione diffusa dal governo russo.

Un’altra affermazione diffusa proveniente dai notiziari televisivi era che oscuri «agitatori esterni», non studenti, fossero responsabili dell’occupazione dell’edificio universitario, creando un’elaborata struttura di autorizzazione intellettuale per la violenza di Stato che sarebbe seguita. L’affermazione era apparsa quella notte su Msnbc, così come il giorno prima nel programma della Cnn di Anderson Cooper, una celebrità dei media con passati rapporti con l’intelligence noto per aver messo a tacere con rabbia i critici dell’impegno bellico di Israele nel suo programma televisivo.

Durante i raid della polizia, gli spettatori dello show di Anderson hanno assistito a molti di questi luoghi comuni sia dal conduttore che dagli ospiti, tra cui un ex funzionario di polizia che si era fatto le ossa in un altro episodio di repressione di Stato statunitense, le famigerate proteste di Chicago contro la guerra del Vietnam nel 1968. Questi luoghi comuni includevano: che l’uso della parola «intifada» è un discorso di incitamento all’odio, che la manifestazione è stata «presa in mano da manifestanti esterni», che la protesta era come quella del 6 gennaio e che l’occupazione degli edifici universitari significava che la protesta aveva smesso di essere pacifica e che la polizia era quindi giustificata nel rispondere con la mano pesante, ma che qualunque cosa avesse fatto sarebbe stata «proporzionata». A un certo punto, il conduttore ha ipotizzato, senza fondamento, che ai manifestanti rintanati negli edifici universitari fossero stati dati proiettili da usare contro la polizia.

Tornando alla Msnbc, Lawrence O’Donnell – un altro ex funzionario governativo, in questo caso ex collaboratore politico e consigliere di un membro del Congresso democratico – ha assicurato ai telespettatori che le scene dei manifestanti brutalizzati e della polizia che puntava le armi da fuoco contro gli studenti disarmati erano «in realtà l’intervento di polizia più organizzato, più calmo e più professionale che abbiamo mai visto in un campus universitario». L’altra mattina, a Morning Joe, un funzionario della sicurezza ha brandito una catena e un lucchetto per bicicletta presumibilmente usati per barricare le porte della Hamilton Hall come prova che i manifestanti non potevano essere studenti, prima di assicurare agli spettatori che gli arresti erano stati effettuati «senza incidenti».

Le notizie delle tv via cavo sono fondamentali per la capacità delle due fazioni dominanti degli Stati initi di gestire la percezione e controllare il dissenso. Un recente sondaggio ha rilevato che gli statunitensi che ricevono le notizie principalmente dai notiziari via cavo hanno maggiori probabilità di sostenere la guerra a Gaza appoggiata dagli Usa o di credere che Israele non stia commettendo crimini di guerra, mentre coloro che ricevono le notizie dai social media e da altri servizi basati su Internet hanno opinioni opposte.

Negli ultimi sette mesi, l’amministrazione Biden, scossa da proteste sempre più militanti contro l’impopolare guerra, ha adottato misure sempre più autoritarie, ampliando il suo potere di spionaggio senza mandato sulla popolazione interna degli Stati uniti e vietando una piattaforma di social media in particolare, TikTok, che i funzionari hanno incolpato di diffondere critiche alla guerra di Israele.

Non è chiaro quale sarà la risposta della comunità internazionale, se mai ci sarà. La repressione è stata accolta senza alcuna condanna da parte della maggior parte dei leader mondiali, che considerano gli Stati uniti un alleato chiave, sebbene il Relatore speciale delle Nazioni unite sulla libertà di associazione e di assemblea pacifica avesse precedentemente esortato la Columbia University a «rispettare le libertà accademiche e i diritti fondamentali degli studenti», il tipo di avvertimento che di solito si rivolge ai regimi autoritari.

 

 

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