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Le multinazionali fanno affari d’oro con la difesa

La Difesa costa 306 dollari a persona. Sono americane le cinque imprese con il fatturato maggiore ma l’Italia è presente con Leonardo e Fincantieri nella classifica dei 30 gruppi principali. Il report Mediobanca  

di Cinzia Arena da Avvenire

Ogni giorno si spendono 6,7 miliardi di euro per la difesa mondiale tra personale, armamenti, infrastrutture, ricerca e sviluppo. Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente hanno provocato una crescita esponenziale del settore che nel 2023 ha raggiunto il massimo storico con una spesa di 2.443 miliardi di dollari, il 2,3% del Pil globale. Una crescita del 6,8% in un anno, e del 25% in soli quattro anni, destinata a continuare anche nel 2024 con un ulteriore aumento del 6% secondo le stime degli analisti.

A fotografare lo stato dell’arte una ricerca dell’area Studi di Mediobanca che ha analizzato i bilanci di 330 multinazionali, focalizzandosi poi su trenta gruppi della Difesa con ricavi superiori a 1,5 miliardi di euro. Quindici sono americani, dieci europei, compresi gli italiani Leonardo e Fincantieri, e cinque asiatici.

La spesa per la difesa pro-capite è la più alta dal 1990 e ha superato il tetto dei 300 dollari, 306 per la precisione, a persona in un anno. L’Ucraina negli ultimi due anni ha scalato tutte le classifiche, conquistando il podio per spesa rispetto al Pil, nel 2023 ha investito in armi ed esercito il 36,7% della ricchezza prodotta e il 58,2% della spesa pubblica, e piazzandosi al settimo posto per spesa pro-capite (4,8 dollari al giorno) e all’ottavo per spesa complessiva (64,8 miliardi di euro).

Gli Stati Uniti restano saldamente al primo posto in termini di capitali impiegati con una cifra esorbitante: 916 miliardi di dollari vale a dire più il 37,5% della spesa mondiale.

Al secondo posto la Cina di Xi Jinping che sta aumentando le proprie spese in armamenti e al momento detiene il 12,1% della spesa globale per un totale di 296 miliardi. Al terzo posto, ma molto distaccata, c’è la Russia di Vladimir Putin con il 4,5% della spesa globale, seguita dall’India con il 3,4%, e dall’Arabia Saudita con il 3,1%. Costa Rica, Islanda e Panama sono invece i Paesi che non sostengono alcuna spesa per la difesa. Se si considera l’incidenza sul Pil però il discorso cambia con la Russia in settima posizione (5,9%), Israele in decima (5,3%), gli Stati Uniti in 22esima (3,4%), la Cina appena in 69esima (1,7%) e l’Italia in 75esima.

La spesa pro-capite vede in testa il Qatar (15,7 dollari), seguito da Israele (8,2) e dagli Stati Uniti (7,4). L’Italia spende 1,7 dollari al giorno, il doppio della media mondiale. Per quanto riguarda le multinazionali analizzate dal rapporto di Mediobanca a fare la parte del leone i big statunitensi con una quota del 74% del fatturato, seguiti dai gruppi europei con il 22% e da quelli asiatici con il 4%. Gli Stati Uniti, con 15 player, si aggiudicano il primato anche a livello numerico davanti alla Francia, distanziata con tre società; due gruppi ciascuno per Germania, Gran Bretagna, India e Italia che rappresenta il 19% del giro d’affari europeo e il 4,2% di quello mondiale.

I primi cinque posti per ricavi sono occupati da gruppi statunitensi: Lockheed Martin, RTX, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics. In ottava posizione si colloca Leonardo, seconda in Europa dopo l’inglese BAE Systems, e in 25esima Fincantieri.

Rialzo a doppia cifra per gli investimenti che toccano i 13 miliardi di euro (+12,6%) mentre la distribuzione di dividendi è aumentata del 5%. Le trenta multinazionali hanno occupato oltre 1,4 milioni di persone con una crescita che sfiora il 21% rispetto al 2019. Sette lavoratori su dieci sono impiegati nei gruppi a stelle e strisce.

L’aumento dei ricavi si è tradotto in un nel primo trimestre del 2024 in un vero e proprio boom del rendimento azionario delle multinazionali (22,8%), triplo rispetto all’indice azionario mondiale, con i gruppi europei che hanno avuto performance particolarmente brillanti.

L’industria europea della Difesa, è la conclusione alla quale giunge il rapporto, risulta sostanzialmente subalterna a quella americana per inferiori spese degli Stati membri (il bilancio comunitario, 352 miliardi di dollari è il 14,4% del totale globale, un terzo di quello degli Stati Uniti), frammentazione delle politiche e scarsa propensione a cooperare. Gli analisti dell’area Studi di Mediobanca indicano come strade da seguire nell’ottica di un rafforzamento del peso dell’Unione da una parte il consolidamento industriale dall’altra l’incremento dei progetti congiunti.

 

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