Il governo Meloni “scopre” che Israele compie “crimini di guerra”
Crosetto accusa Israele: «L’attacco alla base Unifil è crimine di guerra» Attacco intenzionale di Israele alle postazioni del contingente Onu nel sud del Libano. Due caschi blu feriti. Militari italiani sotto tiro
«Non si tratta di un errore né di un incidente, vogliamo spiegazioni reali nei tempi più rapidi possibili. Le abbiamo chieste all’ambasciatore d’Israele e stiamo attendendo». Alle sei di sera, in una conferenza stampa convocata con urgenza, il ministro della Difesa Guido Crosetto dà voce al «fortissimo disappunto» del governo italiano per i colpi sparati da militari israeliani verso le basi del contingente Unifil.
Ne avevamo parlato poche ore prima nell’ufficio di Unifil che domina Beirut fino al mare. «La situazione è imprevedibile e il rischio che i caschi blu siano interessati dagli scontri a fuoco lungo la Linea Blu è reale» ci aveva spiegato Andrea Tenenti, portavoce e capo della comunicazione della missione dell’Onu che gestisce le forze di interposizione tra Israele e Libano dal 2000. Poche ore dopo è successo.
UN CARRARMATO MERKAVA delle forze armate israeliane ha sparato verso una torre di osservazione del quartier generale dell’Unifil a Naqoura, «colpendola direttamente» e facendo cadere i due caschi blu indonesiani che in quel momento erano di vedetta. La dichiarazione di Unifil non lascia adito ad alcun dubbio: i colpi sono stati sparati su quell’obiettivo. Non c’è stato errore di mira, nessun incidente, si è trattato di un attacco intenzionale.
Per i due militari di Giacarta «le ferite sono fortunatamente, questa volta, non gravi, ma rimangono in ospedale». I soldati israeliani hanno anche aperto il fuoco sulla base di Ras Naqoura, dove si trovano i soldati italiani, che in codice è indicata come Unp 1-31. Qui hanno colpito l’ingresso del bunker e hanno danneggiato dei veicoli e un sistema di comunicazione. Subito dopo, mentre i militari si dirigevano verso i rifugi, un drone dello stato ebraico è stato avvistato all’interno della base mentre effettuava ricognizioni e seguiva il percorso dei peacekeepers fino all’ingresso nel rifugio. Il livello d’allerta è stato portato ai massimi gradi e i caschi blu sono rimasti per diverse ore nei bunker.
UNO DEI MILITARI ITALIANI ha raccontato la propria esperienza all’Ansa senza rivelare il proprio nome per ragioni di sicurezza: «Ero sotto la torretta. C’è stato un primo colpo che ci ha sfiorato. E poi quello che ha preso in pieno il posto di osservazione. Non è possibile che sia stato un errore. Il carro armato ha puntato deliberatamente su di noi».
Tuttavia, non solo non si tratta di un episodio isolato, perché come ci ha spiegato Tenenti era già capitato che alcune delle postazioni Unifil fossero prese di mira (ad esempio quella irlandese), ma siamo venuti a sapere che il giorno prima i soldati israeliani avevano «deliberatamente» sparato sul perimetro esterno della base disattivando le telecamere di sorveglianza. A poca distanza, nella base indicata con il codice Unp 1-32A, mercoledì un’unità israeliana ha aperto il fuoco danneggiando l’illuminazione e una stazione di collegamento con il quartier generale. In entrambe le basi si trova una significativa presenza di personale militare italiano (brigata Sassari), ma secondo la Difesa nessuno dei nostri soldati è stato ferito. Alcune fonti informate sul dossier mediorientale sostengono che «l’attacco di Israele alla missione Unifil avrebbe l’’obiettivo di costringerla a ritirarsi per non avere testimoni scomodi in vista di pianificazioni future dell’esercito di Tel Aviv in Libano».
«Ricordiamo all’Idf e a tutti gli attori l’obbligo di garantire la sicurezza e l’incolumità del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite e di rispettare in ogni momento l’inviolabilità dei locali Onu. Qualsiasi attacco deliberato contro le forze di pace è una grave violazione del diritto umanitario internazionale e della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza». Scrive Tenenti al termine di una lunga giornata.
L’AMBASCIATORE ISRAELIANO all’Onu, Danny Danon, non ha commentato l’accaduto ma ha ribadito che «la nostra raccomandazione è che l’Unifil si sposti di 5 chilometri a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah». La frase seguente suona come una minaccia, anche per i caschi blu: «Israele non ha alcun desiderio di stare in Libano, ma farà ciò che è necessario per costringere Hezbollah ad allontanarsi dal suo confine settentrionale in modo che 70 mila residenti possano tornare alle loro case» nel nord dello stato ebraico, ha aggiunto.
Stavolta le reazioni internazionali sono state durissime.
La Spagna ha espresso «ferma condanna agli attacchi e ha ribadito che «Israele ha il dovere di proteggere le forze di mantenimento della pace delle Nazioni Unite». Dublino si dice «profondamente preoccupata» e oltre all’Italia e alla Francia, anche l’Onu ha chiarito che ora «tocca a Israele dare spiegazioni delle proprie azioni».
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