Menu

Ultras e criminalità: una Suburra multidimensionale

La vicenda giudiziaria che riguarda le curve di Inter e Milan riporta nell’agenda del dibattito pubblico il tema del rapporto fra gruppi ultras e criminalità. Un rapporto che già nell’enunciazione risulta di declinazione complessa, poiché la composizione delle parole rischia di essere una trappola e di fuorviare l’analisi a causa di un’imprecisa individuazione di categorie. Tale rischio d’interpretazione è aggravato dalla tendenza a portare, sempre e comunque, sul terreno dell’ordine pubblico la questione ultras.

di Pippo Russo e Vincenzo ScaliaUniversità degli Studi di Firenze da Studi Questione Criminale

La vicenda giudiziaria che riguarda le curve di Inter e Milan riporta nell’agenda del dibattito pubblico il tema del rapporto fra gruppi ultras e criminalità. Un rapporto che già nell’enunciazione risulta di declinazione complessa, poiché la composizione delle parole rischia di essere una trappola e di fuorviare l’analisi a causa di un’imprecisa individuazione di categorie. Tale rischio d’interpretazione è aggravato dalla tendenza a portare, sempre e comunque, sul terreno dell’ordine pubblico la questione ultras.

Tutto quanto è stato premesso chiama una necessità di chiarezza. Bisogna innanzitutto precisare che il fenomeno ultras, di per sé, non è automaticamente un fenomeno di devianza né tantomeno un fenomeno criminale. I gruppi ultras vanno piuttosto inquadrati come gruppi dell’antagonismo sociale, che si muovono dentro un ecosistema (la curva da stadio) governato da regole proprie (Dal Lago 1990, De Biasi [a cura di] 2008). Questa struttura della situazione pone le condizioni per cui i gruppi ultras si trovino sovente sul confine fra legalità e illegalità. Ma può succedere anche che, lungo quel confine, alcune frange delle curve decidano di installarsi e di attraversarlo volontariamente, facendo della violazione della legalità un’attività consapevole e strutturata. È a partire da questo attraversamento di soglia che i gruppi ultras possono diventare organizzazioni criminali. E che, dopo avere assunto questo profilo, prendono a interagire con altre organizzazioni criminali, strutturate fuori dall’ecosistema della curva.

 Il tema al centro dell’attenzione in questi giorni è proprio quello delle relazioni fra le organizzazioni criminali nate nelle curve da stadio (a opera di frange ultras che si trasformano in agenzie per l’esercizio di violenza e la conduzione di pratiche economiche illegali), e le organizzazioni criminali radicate nella società.

Comunità, territorio, potere politico e potere economico

Lo stadio è al tempo stesso territorio e comunità. Che sono due elementi la cui connessione, in termini analitici, è indispensabile. Ogni comunità ha un territorio di riferimento. E questo principio vale anche per quelle comunità che, nei termini concreti di insediamento e radicamento, un territorio di riferimento non ce l’hanno (perché ne sono state espulse, o perché hanno dovuto allontanarsene per qualsiasi ragione, o perché un territorio non lo hanno mai avuto e allora è proprio la sua assenza a costituire una dimensione territoriale immaginata).

Nel caso della curva e della sua comunità, si tratta di una territorialità rituale e intermittente. La curva è abitata durante la partita di calcio (dimensione rituale) e in circostanze ben circoscritte dal calendario della stagione agonistica (dimensione intermittente). Questo complesso di elementi che fra loro interagiscono (comunità, territorio, ritualità, intermittenza) ha come conseguenza una serie di combinazioni da cui deriva una membership di comunità fortemente differenziata. Chi nello stadio frequenta i settori di tribuna, o quello dei distinti, tende a mostrare una fortissima intermittenza nel senso che la sua membership di comunità si attiva entro lo spazio (fisico e temporale) della partita. Rispetto a questa linea di tendenza, la curva è una realtà a sé.

I gruppi strutturati che la abitano sono caratterizzati da una membership che oltrepassa la spazialità e la temporalità della curva e della singola partita. Per i loro membri, tanto la ritualità quanto l’intermittenza vengono annullate perché la curva diventa una dimensione mobile, una matrice dell’agire sociale che determina identità, ruoli, strategie di azione e una disciplina individuale e di gruppo che vengono esportati nel tempo feriale (esterno alla dimensione rituale) e negli spazi della socialità ordinaria (esterni allo stadio). Ha dunque un senso parlare di eccezionalismo della curva, tanto più che senza la presa in considerazione di questa dimensione non sarebbe possibile analizzare le derive criminali di alcuni fra i gruppi organizzati che la popolano.

Questi ultimi vanno inquadrati come gruppi di interesse che si muovono per appropriarsi di risorse. Volendo procedere a una semplificazione, sono due i tipi di risorse che questi gruppi cercano di acquisire: risorse di tipo politico e risorse di tipo economico.

Per quanto riguarda le risorse di tipo politico, esse ruotano intorno al potere. E dunque rientrano in questo ambito tutte quelle attività che costruiscono la legittimazione di un gruppo all’interno della curva: conquista di una posizione centrale nella topografia della curva, leadership nelle coreografie, primazia rispetto agli altri gruppi della curva, relazioni con la società calcistica, ma soprattutto, gestione della violenza come risorsa esterna e interna. Per quanto riguarda la dimensione esterna, il riferimento è all’esercizio di violenza negli scontri con le tifoserie rivali ma anche nella dialettica con le forze di polizia e nella relazione intimidatoria con altri soggetti (giornalisti, intellettuali, esponenti politici, soggetti della società civile) che vengano percepiti come nemici del gruppo. Per quanto riguarda il versante interno, la violenza viene esercitata, sia in potenza che in azione, sia verso gli altri gruppi che popolano la curva che verso i singoli spettatori. Lo scopo è ribadire che al gruppo leader della curva spetta stabilire cosa si può fare e cosa non si può fare all’interno della curva medesima. Di fatto, e per quanto possa apparire paradossale alla lettura, si tratta dell’esercizio di un monopolio di violenza legittima, laddove la legittimità cui si fa riferimento è quella riconosciuta, in modo più o meno esplicito, dalla comunità che popola la curva.

Con riferimento alle risorse di tipo economico, esse diventano cruciali quando i gruppi che assumono il controllo della curva scoprono che, oltre a monopolizzare il modo in cui si esprime il tifo nello spazio sottoposto al loro controllo, capiscono che possono sfruttare in termini commerciali la passione calcistica. Il primo passo viene compiuto con la commercializzazione di gadget, fatta quasi sempre al di fuori dei circuiti commerciali legali. Ma poco a poco il business si allarga verso altri beni e servizi: food & drink, ticketing, logistica, parcheggi, pulizie, sicurezza. Anche questi servizi vengono svolti quasi sempre al di fuori degli ordinari (e legali) circuiti della commercializzazione. Inoltre, si tratta di segmenti economici sui quali (come segnala proprio il caso recente delle curve milanesi) i gruppi mettono le mani grazie all’esercizio dell’intimidazione, o della violenza esplicita, effettuata sui soggetti che in quei segmenti economici si muovono seguendo pienamente i criteri della legalità.

Criminalità endogena, criminalità esogena, criminalità mista

Si crea così una situazione tipica delle organizzazioni criminali avanzate: infiltrarsi con metodi illegali nell’economia legale e sfruttarla in modo parassitario. E proprio di organizzazioni criminali ha senso parlare poiché, fra esercizio di violenza e creazione di circuiti economici illegali, è questo il profilo che tali gruppi assumono. Inoltre, il modo in cui essi gestiscono il proprio business comporta che le loro attività siano altamente remunerative. La conseguenza di tutto ciò è che forme di business così efficaci non possono non attirare l’interesse delle organizzazioni criminali esterne allo stadio: sia le piccole organizzazioni locali, sia le grandi organizzazioni criminali come le mafie. Esse tentano di radicarsi in qualsiasi business altamente remunerativo e questo è il motivo per cui guardano al giro d’affari realizzato dai gruppi ultras che controllano le curve da stadio delle principali piazze italiane.

L’ingresso in scena da parte delle organizzazioni criminali esterne allo stadio comporta la ricerca di un nuovo equilibrio, che ridisegna l’ecosistema criminale delle curve. Per le mafie si tratta di infiltrare un territorio che fin lì è stato presidiato in modo discontinuo e molto relativo. È comunque un territorio presidiato da altri soggetti nonché governato da regole proprie anche per quanto riguarda i meccanismi dell’illegalità. Dunque, le grandi organizzazioni criminali devono affrontare quantomeno una fase di adattamento alle logiche e ai meccanismi della curva. La soluzione che scelgono dipende dai casi singoli; cioè, dai contesti locali, dalle leadership esistenti in curva e dalle circostanze in cui avviene il tentativo di infiltrarsi. In questo senso, e mantenendosi su un piano analitico, bisogna distinguere tre tipi di leadership nelle curve.

Il primo tipo è quello della leadership endogena e fa riferimento ai casi in cui il comando sulla curva si strutturi all’interno della curva medesima. Il secondo tipo è quello della leadership esogena, con la costituzione di gruppo per mano di una regia esterna (che può essere quella di una grande organizzazione criminale) da infiltrare nell’ecosistema della curva e consolidare in termini di leadership e partecipazione al business. E c’è in fine la modalità di terzo tipo, quella che possiamo etichettare come mista. Si tratta della soluzione che vede un patto fra i gruppi ultras che regolano la vita delle curve e i gruppi di criminalità organizzata che dall’esterno intendono partecipare al business. Questo terzo tipo di leadership è anche il più complesso, poiché può esprimersi in forme diverse: l’ammissione in curva di un nuovo gruppo, o l’inserimento di rappresentanti dell’organizzazione nel gruppo dominante della curva, o la mera attuazione di un principio di divisione del lavoro che lascia al gruppo dominante della curva la piena gestione del proprio ambito (con possibilità di espansione all’esterno) in cambio di una partecipazione ai profitti. Ovviamente si tratta di una tipologia che non ha alcuna pretesa di essere esaustiva, ma che può essere uno strumento utile per la lettura dei processi in corso e della loro complessità.

Quante suburre da studiare

La tipologia appena illustrata ha comunque il pregio di fare intravedere quali siano la varietà e la complessità delle strutture di potere nelle curve e la loro propensione a contaminarsi con le organizzazioni criminali esterne. Infatti, se si compie una panoramica di massima, si scopre che in ogni realtà locale viene adottata una soluzione specifica. Tale soluzione tiene conto della storia della singola curva, delle leadership attuali e del loro profilo, ma anche delle culture criminali radicate nel territorio oltreché delle condizioni di apertura/chiusura rispetto alle influenze delle grandi organizzazioni criminali. Se il modello è quello di Suburra, allora è necessario declinarlo al plurale e studiare ogni caso nella sua individualità per poi procedere a generalizzazioni molto caute.

Riferimenti bibliografici

Dal Lago, A., 1990, Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, Bologna, Il Mulino.

De Biasi, R. (a cura di), 2008, You’ll never walk alone. Mito e realtà del tifo inglese, Milano, Shake.

 

 

Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000 

News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp