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Note per la sociologia storica delle polizie

La polizia è un colpo di Stato permanente

(Foucault[2] https://www.youtube.com/watch?v=FzIIgODvzHw&t=7s)

 

Note per la sociologia storica delle polizie[1]

di Salvatore Palidda

Parto dalla lettura del prezioso libro di Giovanna Tosatti. Lei è sicuramente la storica che conosce come nessun altro i meandri degli archivi riguardanti la storia della polizia e del ministero dell’interno. Dal 1978 al dicembre 2004 archivista presso l’Archivio centrale dello Stato a Roma e dal 1990 al 1994 coordinatrice della segreteria del Sovrintendente e ha sempre lavorato nel campo della storia dell’amministrazione pubblica collaborando spesso con Guido Melis, il più noto esperto in questo campo[3]. Il suo nuovo libro (Storia della polizia. L’ordine pubblico in Italia dal 1861 a oggi, Il Mulino, 2024), merita di essere studiato con attenzione da chi fa ricerca in questo campo perché fornisce una immensa quantità di dettagliati riscontri sui diversi aspetti di questa storia dall’unità d’Italia al 2024. Si potrebbe considerare un insieme di schede di lettura di questi archivi e va letto innanzitutto come tale.

La prima considerazione che può fare chi segue una prospettiva critica di decostruzione della storiografia agiografica ufficiale è che quest’opera conferma in maniera indiscutibile che tutta la storia italiana della sicurezza e delle polizie è particolarmente segnata dalla perpetua riproduzione di illegalismi di ogni sorta e persino di gravissimi crimini anche dopo la fine del regime fascista sino a oggi (cfr.infra).

Nonostante da Napoli a Roma, Firenze, Genova, Torino, Milano, Bologna e tanti comuni medi e anche piccoli, l’Italia si era liberata da nazisti e fascisti prima dell’arrivo delle truppe anglo-statunitensi e nonostante lo straordinario impegno dei Costituenti comunisti, socialisti e sinceri democratici, il paese passò di fatto sotto l’egemonia statunitense che diventò anche dominio economico e politico. La Chiesa, il padronato e la mafia mobilitano tutte le loro forze a sostegno di questa egemonia che trionfò con la DC alle elezioni del fatidico 18 aprile 1948.

Fra i tre sconfitti della 2a g.m. (con Germania e Giappone), l’Italia diventò il paese che nel campo occidentale (secondo la spartizione delle aree di dominio stabilita a Yalta) sarà il più assoggettato all’egemonia statunitense. La sinistra cercò di mostrare il suo completo allineamento al campo avverso a quello dell’URSS e il ministro della Giustizia Togliatti varò l’amnistia che nel titolo del suo libro Franzinelli definisce “Colpo di spugna sui crimini fascisti”[4].

Tosatti, come Melis e qualche altro autore, ricorda la gravissima reintegrazione dei fascisti nei più alti e meno alti livelli della polizia, così come nella magistratura, nelle forze armate e altri apparati dello Stato; e l’espulsione degli antifascisti che dal ’43 avevano occupato posti di prefetti, questori e dirigenti di polizia. E ricorda come i funzionari statunitensi dapprima auspicassero una modernizzazione delle polizie (e la smilitarizzazione) ma poi di fatto imposero il reintegro dei fascisti e non smisero mai di manipolarle sino a imbastire complotti e trame nere per sbarrare la strada a qualsivoglia rischio di arrivo dei comunisti al potere. Un rischio, peraltro -documenta Tosatti come altri-, che non fu mai effettivamente reale visto che, sin dalla svolta di Salerno di Togliatti, il PCI aveva sposato una “via italiana al socialismo” che si situava nella piena subordinazione al campo dominato dagli USA ed escludeva ogni sorta di ricorso alla forza e a rotture istituzionali. E su questi fatti e momenti si è tentati di tornare a chiedersi come mai la sinistra e i pochi democratici (anche nei ranghi della DC) non abbiamo mai ravvisato un palese tradimento della Costituzione e dello Stato nei comportamenti assolutamente illeciti che si sono ripetuti dal ’43 sino ai giorni nostri. Ma la risposta è semplice: tutti sapevano che l’Italia non avrebbe mai potuto conquistare la sovranità nazionale.

La pratica abituale degli illegalismi e crimini da parte di tanti alti dirigenti delle polizie è in parte in continuità col passato dall’unità d’Italia al fascismo (e il libro di Tosatti lo dimostra ampiamente); ma si rinnova e arriva a produrre stragi e tentativi di colpi di stato (di fatto come reiterazione dell’assoluto divieto di concessione di potere alla sinistra). La cerchia di potere che manovra queste pratiche di illegalismi è composita, va da poteri economici e militari USA a dirigenti del Viminale, funzionari dei servizi segreti, altri funzionari dell’amm.ne pubblica, personalità politiche, prelati di alto rango, uomini d’affari e giornalisti. E’ implicito che lo scopo di questa strategia e delle sue conseguenti tattiche (magari non sempre coerenti) è quello di imporre ai lavoratori e alla popolazione italiana in generale la condizione di assoggettamento economico, sociale, culturale e politico, quindi il supersfruttamento in tutti i settori, compresa la Fiat che è aiutata nello spionaggio illegale dei dipendenti sindacalisti, mentre le mafie cooperano al controllo sociale nel Mezzogiorno.

Come racconta Tosatti nella sua intervista su quest’opera[5], la polizia del Ventennio fascista, guidata da Arturo Bocchini (capo della Polizia dal mese di settembre 1926 alla sua morte, a novembre 1940) lascia in eredità strumenti, tipici di un regime autoritario, che rimasero nel modus operandi della Polizia anche dopo la fine del regime sino a oggi (fra altro si pensi ai residui del codice Rocco e ai decreti dei questori). Di fatto la DC cercò di fare della polizia il principale supporto al suo potere (di partito-stato, essendo l’Italia un paese senza sovranità). Centinaia furono i lavoratori e comuni civili vittime del fuoco della polizia.

 Delle polizie appendici delle forze armate

Qui sembra utile una digressione[6], cioè provare a incrociare i risultati della ricerca di Tosatti con quelli delle ricerche svolte prima sulla storia militare italiana[7] e poi anche con altre recenti ricerche sulle polizie in Italia e qualche confronto con alcune europee e quelle degli Stati Uniti[8]. Sin dall’unità d’Italia le forze armate si sono rilevate incapaci di garantire la sovranità nazionale (perdendo tutte le guerre in maniera miserabile e con ignominia del comando che però godette sempre dell’impunità e persino di encomi mentre faceva sparare ai soldati “al primo cenno di diserzione” -anche solo voltandosi all’indietro); ciò sia perché i vertici erano spesso corrotti e capaci solo di brutalità e genocidio coloniale, nonché di sparare sulla popolazione in occasione delle rivolte popolari. Si pensi soprattutto al periodo Crispi, all’eccidio di Bava Beccaris a Milano nel 1898 e altre siffatte performances, poi alla tremenda tragedia di Caporetto e le stragi coloniali durante il fascismo con la condanna del tribunale internazionale di Badoglio, Graziani e altri (circa 1200) per crimini di guerra (il bilancio di morti, arrotondato per difetto, è di 300.000 etiopi, 100.000 libici, 100.000 greci e 250.000 jugoslavi)[9].

In un tale quadro storico le forze di polizia italiane, di fatto, possono essere considerate come appendici delle forze armate che considerano nemica la società soprattutto quella che si ribella. Sono sempre corpi militari (tranne le polizie municipali che però dagli anni ’70 diventano armate e imitano sempre più le polizie nazionali).

Dal 1948 la DC si configura come partito-stato che cerca di conquistarsi l’autonomia di gestione del paese, cioè un pezzo di sovranità che condivide con la Chiesa, il padronato e i gruppi finanziari. Con Scelba la DC si dota di una polizia agguerrita e feroce contro le rivolte operaie e popolari seguendo di fatto la prassi militare che considera la società sua nemica. Quindi delle polizie che restano sostanzialmente nella continuità del fascismo, sono a disposizione di due padroni (gli USA e la DC) ma anche del padronato e della Chiesa (peraltro resta invalsa la prassi di considerare la valutazione del prete locale come discriminante per la “buona condotta” dei cittadini sia per il servizio militare, per l’accesso alla pubblica amministrazione, per ottenere il passaporto ecc.). Come suggeriscono i personaggi dei servizi segreti statunitensi, la persecuzione dei militanti e dei partiti della sinistra è prioritaria, malgrado questi hanno dato ampie dimostrazioni della loro totale adesione a una opposizione pacifica e ad ambizioni democratiche (già evidenti con Togliatti e ancora di più dopo sino alla scelta di stare nella NATO e all’auspicio del compromesso storico di Berlinguer).

Se si confronta il caso italiano con quello tedesco appare evidente che il reintegro dei nazisti negli apparati dello Stato in Germania, forse ancora peggio di quanto avviene in Italia, è comunque l’ipoteca sicura della sottomissione al campo occidentale[10]. Gli USA riescono quindi ad imporre la loro totale egemonia politica in questo campo (Adenauer in Germania e le correnti di destra nella DC in Italia ne sono garanti e beneficiano di ampi sostegni). I progressisti e democratici tedeschi e italiani si limitano a cercare quindi margini di autonomizzazione fra ostpolitik, rapporti con il mondo arabo e il sogno dell’Europa del manifesto di Ventotene. La Francia (che beneficia del magistrale gioco di De Gaulle di passare per alleato e non nemico nella 2a guerra mondiale) punta invece a difendere la sua effettiva sovranità che si nutre di un colonialismo efferato e di una politica economica e sociale che la stessa sinistra difende come intoccabile quasi sino agli anni del secondo Mitterrand et soprattutto di Macron (che scatena la sua controrivoluzione del capitalismo assoluto liberista). La polizia e la gendarmeria francesi sono sempre fermamente a difesa del potere politico e dell’ordine economico e sociale capitalista, ma non adottano pratiche militari. Sino al periodo Sarkozy e poi Macron, pur non esitando a essere brutali con i manifestanti, sembrano rispettare le mobilitazioni sindacali e nella stessa polizia il sindacato di sinistra è forte (mentre quello neofascista diventa maggioritario col favore dei ministri dell’interno degli anni 2000-2024). L’involuzione reazionaria della polizia francese supera quella che si conosce in Italia e in Germania. Quanto al caso inglese, si registra una corruzione e una degenerazione rilevanti[11] ma non una deriva autoritaria simile a quella francese e italiana, ma dato il contesto globale è probabile che la tendenza militarista possa attecchire. Quanto alle polizie negli Stati Uniti si potrebbe dire che per un verso sono quelle che nei fatti in parte sono diventate le polizie italiane quando prevale la loro legittimazione innanzitutto da parte dei dominanti locali in cambio della loro complicità con gli illegalismi e crimini di questi ultimi. Ma in generale va ricordato che dappertutto tende a prevalere la tolleranza zero, il razzismo e il sessismo che accomuna polizie e cittadini dominanti e il continuum della guerra sicuritaria a livello locale con quella in vari continenti e su scala globale[12].

La mancata Seconda Resistenza

E’ una constatazione che potrà sembrare sin troppo banale, ma non è mai stata espressa né fatta oggetto di riflessione. Si dà infatti per scontato che non ci fu perché tutti gli attori politici che avevano militato nella prima furono del tutto fagocitati nella congiuntura del dopo ’43, fra costrizioni e condizionamenti da parte dei vincitori della guerra e da parte degli attori forti a livello economico, culturale e politico (Chiesa, padronato, mafia oltre alla tragica situazione economica della popolazione). In realtà per “seconda Resistenza” non si tratta affatto di intendere la ripresa delle armi per conquistare e imporre la dittatura del proletariato, ma di difendere il rispetto degli obiettivi della prima resistenza: la defascistizzazione dello Stato, l’applicazione coerente della Carta costituzionale scritta dai TUTTI i Resistenti e quindi la sua traduzione in programmi economici, sociali, culturali e politici conseguenti. No! Tutto questo non ci fu. Gli artefici della liberazione dal fascismo e dal nazismo si fecero relegare sulla difensiva ma neanche della Carta costituzionale che avevano scritto, ma addirittura nel dover fornire sempre prove della loro sottomissione all’alleato dominante e ai suoi sodali (Usa+Chiesa+padronato e mafie). Si impose così non solo il reintegro dei fascisti in tutto l’apparato dello Stato e la non abrogazione di leggi fasciste, ma anche la perpetuazione di pratiche del regime totalitario, delle sue brutalità nonché dei residui della “lunga durata del feudalesimo” in Italia – tesi di Maurice Aymard (1978)- (lo jus primae noctis in alcune zone rurali, la vendita dei bambini nelle zolfatare e altrove, il super-sfruttamento sia nelle campagne che nelle fabbriche e nel terziario). E ovviamente le polizie sono ben lungi dal proteggere i lavoratori e la popolazione e invece sono sempre solerti a difendere gli interessi dell’alleato dominante, della Chiesa e dei dominanti nazionali e locali.

Dalla fine della guerra sino agli anni ’70 le polizie uccidono decine di manifestanti e a questi assassinii si aggiungono quelli della mafia che funge da braccio armato per il lavoro sporco sia del potere politico nazionale e locale, sia del padronato con la benedizione della Chiesa (dopo è la stagione delle stragi di Stato da p.za Fontana alla strage della stazione di Bologna per opera di servizi segreti statunitensi e italiani, loggia P2 e manovalanza fascista).

La Dc per oltre 40 anni è riuscita a coltivare abbastanza consensi grazie agli attori dominanti prima citati e le dirette e indirette clientele articolate, in un paese che spesso è immerso nella miseria.

La vanificazione di ogni riforma

Una caratteristica del potere democristiano è non solo di non far applicare le poche riforme economiche e sociali e civili, ma di sminuirle, svuotarle, o deformarle. Fra altri, questo è stato il caso della famosa riforma della polizia e del governo della sicurezza[13], riforma peraltro assai tardiva e già d’emblée menomata e poi deformata: non c’è alcuna razionalizzazione delle forze, della loro organizzazione, del loro impiego, né quindi eliminazione di sprechi e sovrapposizioni; non c’è smilitarizzazione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che restano corpi militari e ogni polizia dipende dal suo ministero[14]. Tutto ciò, immancabilmente, favorisce la deriva e la degenerazione che si sono imposte in particolare dal ’90 in poi e soprattutto negli anni 2000: rimilitarizzazione, ruolo dominante dei Carabinieri, corsa delle polizie locali nell’imitazione di quelle nazionali, dilagare della corruzione e dei crimini di ogni sorta da parte di dirigenti e operatori delle polizie. Si impongono soprattutto non solo il privilegio dell’autonomia delle polizie in cambio della loro fedeltà al potere politico, ma anche il loro diritto a una discrezionalità che scivola facilmente nel libro arbitrio sempre protetto dall’impunità loro garantita. Di fatto le polizie italiane restano sempre non ancorate allo stato di diritto, ma a una legittimazione che discende direttamente sia dal governo sia dai dominanti locali e dai loro seguaci. La protezione degli illegalismi di questi attori locali è diventata la fonte di legittimazione che vale tanto quanto e a volta di più di quella garantita dal potere politico nazionale. E gran parte dei dirigenti e operatori delle polizie sono coinvolti nella pratica degli illegalismi e crimini dei dominanti nazionali e locali (spesso in combutta con mafie e sempre a danno della res publica). L’esempio più flagrante è nell’enorme quantità delle economie sommerse: oltre il 35% del PIL (vedi stime Eurispes[15]), ossia circa OTTO milioni di lavoratori che oscillano dal semi-precariato al lavoro nero sino alle neo-schiavitù. Ma l’impegno delle polizie nel contrasto di queste economie sommerse (che arrecano anche un ingente danno allo Stato in quanto evasione fiscale) è risibile o nullo (qualche migliaio di operatori) mentre si spreca personale e mezzi per inutili e molto discutibili pattugliamenti sicuritari dei centri urbani e nella repressione feroce delle lotte operaie e popolari per rivendicazioni sacrosante. I finanziamenti alle polizie come alle forse armate e agli armamenti e dispositivi militari o di controllo del territorio (vedi videosorveglianza intelligente aumentata) non mancano mai. Invece le agenzie di prevenzione e controllo (ispettorati del lavoro e ispettorati ASL, INAIL ecc.) sono ridotte al lumicino (per esempio 1 solo ispettore tecnico a Firenze e provincia).

E non è casuale che dopo le brutalità e torture al G8 di Genova nel 2001 si sono succeduti decine di morti ammazzati da polizie o lasciati morire nelle carceri oltre a brutalità e torture che non a caso si ripetono di pari passo con quelle agite da giovinastri o caporali ecc. Sulle brutalità, torture e assassinii delle polizie oltre ai rari testi citati da dopo il G8 di Genova, va dato merito a Michele Di Giorgio il dettagliato ricordo di quanto accadde negli anni del dopoguerra e del libro alquanto dimenticato di Lelio Basso[16].

La rimilitarizzazione delle polizie a cominciare dalla scelta del governo D’Alema di erigere l’Arma dei carabinieri a 4a forza armata e dopo nel reclutamento riservato solo a militari che hanno partecipato alle missioni all’estero si è di fatto imposta (ne parlano ora Tosatti e anche Di Giorgio).  Proprio tutti questi fatti che mostrano una eterogenesi del mito delle polizie di uno stato di diritto democratico e giustificano la rivendicazione di de-finanziamento radicale delle polizie e persino della loro abolizione a favore di un forte aumento di personale e mezzi effettivamente efficaci per i servizi sociali, la sanità pubblica, le agenzie di prevenzione e controllo, programmi di risanamento ecologico, la pubblica istruzione (dove le polizie non devono mai mettere piede) e anche per unità speciali di polizie -maxi circa 3mila operatori, destinate unicamente al contrasto delle mafie e della grande criminalità, in particolare di quella finanziaria a danno dello Stato).

Si tratta si una utopia di cui oggi, nel contesto del fascismo “democratico” dilagante, sembra inutile parlarne. Invece essa merita attenzione proprio perché è l’univa prospettiva coerente contro il non-futuro che oggi si profila per tutto il mondo e per ogni società locale.

 

Principali riferimenti su affari militari, forze armate e sulle polizie in Italia

Documentario Fascist Legacy. L’eredità scomoda: https://www.youtube.com/watch?v=QBZT-9f-bIk&t=102s;

Rochat e Massobrio, Breve storia dell’esercito italiano dal 1861 al 1943, Einaudi, 1978

Del Negro, P., Esercito, Stato, società. Saggi di storia militare; Bologna, Cappelli, 1979

Canosa, R., La polizia in Italia dal 1945 a oggi, il Mulino, 1976

Corso, G., L’ordine pubblico, il Mulino, Bologna, 1978.

D’Orsi, A., Il potere repressivo. La polizia, Feltrinelli, 1972

Davis, J., Legge e ordine. Autorità e conflitti nell’Italia dell’800, Franco Angeli, 1989

Della Porta & Reiter, Polizia e protesta, L’ordine pubblico dalla Liberazione ai ‘noglobal’, il Mulino, 2003

Di Giorgio, M., Il braccio armato del potere, 2024: Nottetempo

Di Giorgio, M., Per una polizia nuova: Il movimento per la riforma della pubblica sicurezza (1969-1981), Viella, 2019

Di Giorgio, M., Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della pubblica sicurezza (1969-1981), Viella, 2019

Di Giorgio, M., Polizia, società e politica nell’Italia repubblicana. Gli editoriali di Franco Fedeli (1973-1997), Unicopli, 2023

Palidda, S., 20 ans après les brutalités policières du G8 de Genes. Forces de police italiennes entre sécuritarisme et insécurités ignorées. Parigi: l’Harmattan, 2021.

Palidda, S., Polizia postmoderna, Feltrinelli, 2000;

Palidda, S., Polizie sicurezza e insicurezze, Meltemi, 2021

Palidda, S., Razzismo democratico, Agenzia X, 2009

Preve, M., Il partito della polizia. Chiarelettere, 2014

Tosatti, G., Storia della polizia, il Mulino, 2024

Rassegne letteratura sulle polizie

Fabini, Gargiulo, Tuzza, Polizia. Un vocabolario dell’ordine, Mondadori, 2023

Campesi, G. Che cos’è la polizia, Derive&Approdi, 2024

[1] L’accezione di sociologia storica qui evocata si rifà a Paul Veyne, vedi in particolare la sua introduzione a Le pain et le cirque, Seuil, 1976, p.11 e anche all’accezione di fatto politico totale come aggiornamento di quella di fatto sociale totale suggerita da Marcel Mauss (cfr. Sociologia e Antisociologia. La sperimentazione continua della vita associata degli esseri umani, 2016, p.21).

[2] Secondo alcuni con questa frase di Foucault riprende a modo suo il titolo del libro di Mitterrand Le Coup d’État permanent, pubblicato da Plon nel 1964 per denunciare il presidenzialismo di de Gaulle (un titolo che a sua volta si rifà a La rivoluzione permanente di Trotsky. Foucault mostra così che la discrezionalità della polizia diventa facilmente libero arbitrio di fatto quasi sempre legittimato dalla magistratura e garantiti di impunità. Questa frase è stata recentemente usata a proposito del presidenzialismo di Macron.

[3] Oltre a volume citato nel testo, fra le sue numerosissime pubblicazioni figurano L’amico americano. Politiche e strutture per la propaganda in Italia nella prima metà del Novecento, Roma, Biblink, 2000 (con F. Anania), Storia del Ministero dell’interno. Dall’Unità alla regionalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2009, La modernizzazione dell’amministrazione italiana (1980-2000), Roma, Aracne, 2012; Il potere opaco. I gabinetti ministeriali nella storia d’Italia, Il Mulino, 2020 (curatrice con Guido Melis) e Le parole del potere. Il lessico delle istituzioni in Italia, Il Mulino, 2021 (curatrice con Guido Melis).

[4] M. Franzinelli, L’Amnistia Togliatti. 1946. Colpo di spugna sui crimini fascisti, Feltrinelli, 2016

[5] https://www.letture.org/storia-della-polizia-l-ordine-pubblico-in-italia-dal-1861-a-oggi-giovanna-tosatti

[6] Questa “digressione” come dopo la questione della “Resistenza mancata” nasce appunto dalla riflessione dopo la lettura del libro di Giovanna Tosatti con cui ho anche potuto avere degli scambi assai utili via mail (la ringrazio). Lo stesso posso dire di quelli con Michele Di Giorgio (che ringrazio).

[7] Oltre alle celebri ed eccellenti opere sulla storia militare di Rochat e Massobrio (1978) e del Negro (1979), faccio riferimento alla ricerca sul pensiero militare e gli affari militari italiani dal Rinascimento in poi e soprattutto dopo l’unità d’Italia e quindi sull’incidenza di questi aspetti nella formazione e sullo sviluppo dello Stato in Italia. Che è un paese per cui non si può considerare il Risorgimento l’equivalente della Rivoluzione francese; in Italia non si forgia una “nazione” e l’unità d’Italia dà luogo a uno stato che nasce con una sovranità alquanto debole che non è certo rafforzata da Crispi e neanche con le sue pretese da Mussolini. Dopo il fascismo la sovranità nazionale italiana è di fatto lottizzata fra il dominio USA, quello del partito-stato la DC che rappresenta (con acrobatiche mediazioni spesso di effimera efficacia) il padronato, i gruppi finanziari, la Chiesa e in parte anche la mafia, mentre la componente sociale della DC è quella con cui il PCI spera di poter approdare al governo. Mi rifaccio qui alla mia ricerca del 1984 per conto della Fondation pour les Etudes de Défense Nationale, a un’altra per il Groupe Sociologie de la Défense de l’EHESS di Parigi (1981-1988), e a quella per il mio dottorato dell’EHESS terminato a fine 1989; in sintesi qui cfr. https://www.academia.edu/33997534/Lanamorphose_de_lEtat_de_droit_pdf; vedi anche “L’évolution de lapolitique de défense italienne”, in Défense Nationale, 1985, 41, Ottobre, 39-56; 1985 (https://www.defnat.com/e-RDN/vue-article.php?carticle=5514&cidrevue=458 ); “L’evoluzione della politica di difesa in Italia”, Il Ponte, 1985, XLI, 3, 87-109.

[8] Polizia postmoderna, Feltrinelli, 2000; Polizie sicurezza e insicurezze, Meltemi, 2021 e in versione francese un po’ diversa 20 ans après les brutalités policières du G8 de Genes. Forces de police italiennes entre sécuritarisme et insécurités ignorées. Parigi: l’Harmattan, 2021. In questi tre libri (oltre che in diversi articoli in italiano in francese, in inglese e in spagnolo) sono affrontati diversi aspetti sulla storia delle polizie italiane e poi la loro evoluzione dagli anni ’90 sino all’inizio del 2021. Fra i principali libro sulle polizie italiane pubblicati dal 2000 in poi si veda innanzitutto D. Della Porta & H. Reiter, Polizia e protesta, L’ordine pubblico dalla Liberazione ai ‘noglobal’, il Mulino, 2003 e i più recenti di Di Giorgio (cfr. alla fine lista delle principali pubblicazioni)

[9] Vedi il celebre ottimo documentario Fascist Legacy. L’eredità scomoda: https://www.youtube.com/watch?v=QBZT-9f-bIk&t=102s (in più parti) coni famosi storici Michael Palumbo, Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Claudio Pavone, David Ellwood e jugoslavo Ivan Kovacic (una parte del documentario mostra il massacro nei 200 campi di sterminio italiano in Jugoslavia). Da notare che gli inglesi portarono via da Roma una grande quantità di documenti fra i quali quelli che mostra il documentario della BBC dopo che gli archivi inglesi furono aperti. Gli angloamericani hanno tenuto segreti questi documenti perché in quanto tali sono una pesantissima denuncia del loro occultamento dei crimini di guerra commessi dagli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale e in particolare della condanna conseguente di Badoglio e degli altri che invece USA e UK legittimarono. La RAI acquistò una copia del programma, che però non fu MAI mostrato al pubblico. La7 ne trasmise stralci nel 2004. Il documentario mostra anche pezzi di video d’epoca di tali orribili crimini sia nella guerra di conquista coloniale in Etiopia sia dell’occupazione nazifascista della Jugoslavia tra il 1941 e il 1943, i crimini fascisti in Libia.

[10] Il cancelliere Konrad Adenauer, ostile alla denazificazione, nel 1949 considerò una delle sue priorità farla terminare e garantì l’amnistia a molti implicati nell’ Olocausto. Nominò capo del suo staff Hans Globke, un ufficiale nazista che aveva difeso le leggi razziste di Norimberga e fece pressione per il rilascio dei criminali di guerra. Al 31 gennaio 1951 oltre 792.176 persone furono amnistiate, e fra loro oltre 3.000 funzionari della delle SS e del Partito nazista che avevano partecipato alla detenzione delle vittime nelle carceri e nei lager; 20.000 altri nazisti incriminati per “crimini contro la vita” (presumibilmente omicidi), 30.000 per aver causato ferite corporali e 5.200 che commisero “crimini e misfatti d’ufficio”. Nel 1958 solo una piccola parte degli imputati di Norimberga erano ancora in prigione.

[11] https://www.opendemocracy.net/en/abolition-metropolitan-police-sisters-uncut-david-carrick-wayne-couzens-mark-duggan-child-q/ ivi “The Metropolitan Police is institutionally racist, homophobic and sexist, according to the landmark Casey Report published this morning (363 page report, commissioned by the Met after one of its officers abducted an murderer Sarah Everard in March 2021. Vedi anche https://lordslibrary.parliament.uk/crime-and-misconduct-within-the-metropolitan-police/ (“Crime and misconduct within the Metropolitan Police”, 25 November, 2022)

[12] Cfr. Razzismo democratico e Conflict, Security and the Reshaping of Society: The Civilisation di War

[13] Argomento ampiamente trattato da Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova: Il movimento per la riforma della pubblica sicurezza (1969-1981), Viella, 2019 e ancora nel suo più recente del 2024 (cfr. infra)

[14] Aspetti descritti in dettaglio nei libri citati alla nota 8 e nei libri di Di Giorgio, cit.

[15] Nel suo rapporto L’Italia in nero l’Eurispes ha valutato l’economia sommersa a 540 miliardi di euro (35% del Pil ufficiale): circa 280 miliardi di lavoro sommerso (evasione fiscale e contributiva), circa 160 di nero nelle imprese, circa 100 di economia informale. Nello stesso anno il Pil criminale avrebbe superato i 200 miliardi di euro. https://www.economy2050.it/stime-economia-sommersa-italia/

[16] Cfr, M. Di Giorgio, Il braccio armato del potere, 2024: Nottetempo, pp. 195 e segg. e L. Basso, La tortura oggi in Italia, 1953: Edizioni e/o (vedi anche https://www.leliobasso.it/documento.aspx?id=80b1f4d8aa8a31d4c6099d465dd6fe68

 

 

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