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Armatevi di un quaderno e di una penna

Colpendo la Striscia di Gaza si mira anche ad abbattere qualsiasi vaga idea di colore, armonia e bellezza, perché nulla di tutto questo possa ricomparire nell’animo dei palestinesi. Nell’anima palestinese.

di Marco Sommariva

Giorni fa, ho letto su L’Indipendente che il genocidio in corso a Gaza si configura anche come un genocidio culturale, che l’invasione israeliana nella Striscia ha portato alla distruzione e al danneggiamento di centinaia di edifici e siti archeologici, biblioteche, musei e altri luoghi di rilevanza culturale o storica, che tra i luoghi colpiti si contano archivi, moschee, chiese, cimiteri e musei, veri e propri depositi di conoscenza e identità culturale, che la devastazione è stata condotta in modo sistematico: al 17 settembre 2024, l’UNESCO aveva documentato danni a 69 siti di rilevanza culturale, tra cui 10 siti religiosi, 43 edifici d’interesse storico e artistico, due depositi di beni culturali mobili, sei monumenti, un museo e sette siti archeologici. Per altri dettagli di non poco conto, v’invito a leggere l’articolo.

Lo stesso giorno, il quotidiano Avvenire  pubblicava un’interessante intervista all’arcivescovo di Santiago del Cile, Fernando Chomalí Garib, il quale pare non si stanchi mai di ripetere che “È molto pericoloso affrontare la vita senza un quaderno e una penna” perché la parola “quando arriva non chiede permesso […] non si rassegna fin quando non viene incisa sulla carta” e perché “dipanare nella materia la matassa dello spirito può rendere molto felice l’essere umano”. Oltre ai quattro nonni dell’arcivescovo – tutti palestinesi, arrivati in Cile nel 1907 – c’è un altro punto di contatto fra i due articoli: Fernando Chomalí Garib spiega che l’arte è parte della sua vita da sempre e che questo l’ha imparato da suo padre “che aveva grandi doti artistiche ed era un appassionato collezionista di opere d’arte. La bellezza, la proporzione, il colore, l’armonia sono valori che custodisco nel cuore e che sono stati ragione di molta gioia e molta preghiera. L’arte è un modo privilegiato di esprimere un messaggio. La considero una forma molto potente di evangelizzare poiché qualunque essere umano è aperto alla bellezza e questa lo conduce a Dio”.

Spero non vi facciate distrarre troppo dalla parola Dio; io no perché la penso un po’ come Stanley Kubrick: “Nella galassia ci sono cento miliardi di stelle e nell’universo visibile ci sono cento miliardi di galassie. Ogni stella è un sole, come il nostro, probabilmente con pianeti che lo circondano. […] Pensi al tipo di vita che potrebbe essersi evoluta su quei pianeti nel corso di millenni, e pensi anche a quali passi da gigante ha fatto la tecnologia dell’uomo sulla terra nei seimila anni in cui è documentata la sua civiltà, un periodo che è più piccolo di un granello di sabbia nella clessidra cosmica. […] Quelle intelligenze cosmiche […] potrebbero essere in comunicazione telepatica simultanea attraverso tutto l’universo; potrebbero aver ottenuto la padronanza completa sulla materia, e quindi potrebbero essere in grado di trasportarsi telecineticamente in modo istantaneo a miliardi di anni luce di distanza; nella loro forma definitiva, potrebbero essersi liberati completamente del guscio del corpo ed esistere in quanto coscienze incorporee e immortali in tutto l’universo. […] tutti gli attributi essenziali di quelle intelligenze extraterrestri sono gli attributi che noi conferiamo a Dio. E se quegli esseri di pura intelligenza dovessero mai intervenire negli affari dell’uomo, i loro poteri sarebbero talmente lontani dalla nostra possibilità di capirli che potremmo giustificarli solo in termini divini o magici” – da Non ho risposte semplici, un volume che raccoglie una ventina tra interviste e conversazioni col regista statunitense naturalizzato britannico.

Chiusa la breve parentesi “su” Dio, tornerei agli estratti dei due articoli citati prima: nel primo è scritto che l’invasione israeliana nella Striscia ha portato alla distruzione e al danneggiamento di centinaia di luoghi di rilevanza culturale; nel secondo, che l’arcivescovo cileno custodisce nel cuore la bellezza, il colore e l’armonia assaporati grazie all’arte che tanto appassionava il papà. Esagero se concludo dicendo che Netanyahu & Co. stanno lavorando anche sul cuore dei palestinesi? Credo facciano questo perché, se per caso un palestinese uscisse vivo da questo periodo di massacri, senza mutilazioni e ferite, senz’aver subito sevizie e stupri, e alla stessa maniera ne uscissero tutti i suoi amici e parenti, e come non bastasse la sua casa restasse intatta – lo so, è pura fantascienza, ma facciamo finta sia così – dicevo, credo Netanyahu & Co. agiscano anche sul cuore dei palestinesi perché nessuno di loro, benché rimasto apparentemente “in piedi”, viva… pardon!… si muova con un cuore che pulsi ancora qualcosa: nessuna vaga idea di colore, armonia e bellezza dovrà poter ricomparire nell’animo dei palestinesi. Nell’anima palestinese.

Spero non riteniate colore, armonia e bellezza poco importanti: sono tutti ingredienti fondamentali per il nostro benessere. Per esempio, l’armonia… l’assenza di armonia rende l’essere umano più desolato: “Avete scorto qualche volta delle […] vedove povere? Che portino o no il lutto, è facile riconoscerle. D’altronde, nel lutto del povero c’è sempre qualcosa che fa difetto, un’assenza di armonia che lo rende più desolato. Egli è costretto a lesinare sul proprio dolore. Il ricco porta il suo al gran completo” – da Lo Spleen di Parigi di Charles Baudelaire.

L’armonia con tutte le cose senza desiderarle è la bellezza della vita semplice: “Il senso è nelle cose semplici […]. Infatti i cinesi, per maledire qualcuno gli auguravano di vivere in tempi interessanti, che potrebbe essere anche tradotto “di avere una vita interessante”… È una maledizione in quanto la vera felicità è poter condurre una vita semplice. In altri termini, il senso è nella bellezza della vita semplice, che è accordo e armonia con tutte le cose, senza desiderarle, senza volerle possedere, violare, offendere” – da Spostare l’orizzonte di Eugenio Finardi e Antonio G. D’Errico.

Scriveva Herbert George Wells ne La macchina del tempo: “Un animale in armonia perfetta con il suo ambiente è un perfetto meccanismo”.

Persino il ristabilire l’armonia fra l’uomo e l’universo, è stato ritenuto importante: “Psichiatri, politici, tiranni continuano ad assicurarci che la vita nomade è un comportamento anormale; una nevrosi; una forma di desiderio sessuale inappagato; una malattia che, per il bene della civiltà, deve essere debellata. La propaganda nazista sostenne che per zingari ed ebrei – due popoli geneticamente portati al nomadismo – in un Reich stabile non c’era posto. Gli orientali, però, mantengono vivo un concetto un tempo universale: che la vita errabonda ristabilisce l’armonia originaria che esisteva una volta fra l’uomo e l’universo” – Le Vie dei Canti di Bruce Chatwin.

No, non è un caso io abbia iniziato questo pezzo con l’invasione israeliana nella Striscia di Gaza e lo chiuda qui, con la propaganda nazista che sosteneva che per gli ebrei, un popolo geneticamente portato al nomadismo, non c’era posto in un Reich stabile.

P.S.: a proposito di fantascienza, mi è tornato alla mente un passaggio di un romanzo del 1960 di Robert Sheckley, Gli orrori di Omega che, per sentirmi grande, mi feci prestare da un cugino quindicenne e lessi alla veneranda età di nove anni: “Considerate le istituzioni: tutte centrate verso il delitto legalizzato. Le feste sono scuse per uno sterminio in massa. Anche la legge che governa i delitti comincia a sfaldarsi. La popolazione vive sull’orlo del caos. Ed è giusto che sia così. Non c’è più sicurezza. L’unico mezzo per vivere è quello di uccidere. L’unico modo per migliorare la posizione sociale è uccidere. L’unica cosa sicura è uccidere… Uccidere molto e con sempre maggiore rapidità”. Avete inteso bene: non è stato il far cenno alla fantascienza ad avermi ricordato questo estratto.

www.marcosommariva.com

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