“Gino” l’attivista antifà, ricercato da Budapest nel medesimo procedimento per il quale era stata detenuta Ilaria Salis, resta in prigione a Fresnes: non sarà consegnato finché non saranno fornite risposte dalla giustizia ungherese
di Filippo Ortona da il manifesto
«Esiste una presunzione di disfunzioni sistemiche» per quanto concerne «l’indipendenza del potere giudiziario» in Ungheria, hanno scritto i giudici della Corte d’appello di Parigi, in una sentenza pronunciata ieri nelcaso dell’estradizione verso l’Ungheria del militante antifascista italo-albanese Rexhino «Gino» Abazaj, ricercato da Budapest nel medesimo procedimento per il quale era stata detenuta l’attuale europarlamentare Ilaria Salis.
Era la terza udienza di questo procedimento, da quando Abazaj è stato arrestato nel novembre scorso. È durata appena qualche minuto, il tempo necessario ai giudici francesi di ordinare ai propri omologhi magiari di fornire una serie di «complementi» che suonano come un’appena velata denuncia della giustizia ungherese.
Nel documento della Corte francese, che il manifesto ha potuto consultare, vengono richieste all’Ungheria delle «garanzie effettive» volte a «proteggere [Abazaj] e garantirne il diritto fondamentale a non essere sottomesso alla tortura, a delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti», specificando il luogo e le «condizioni concrete di detenzione» in Ungheria.
Inoltre, il tribunale francese ha ingiunto di comunicare «le misure concrete» che verranno prese per «proteggere l’integrità fisica di Abazaj», a rischio «a causa delle proprie opinioni politiche», così da «garantirne il diritto fondamentale a un giusto processo.»
La decisione della Corte è stata accolta con un certo ottimismo dai legali di Abazaj, Youri Krassoulia e Laurent Pasquet-Marinacce. «È un’eccellente decisione», ha commentato Pasquet-Marinacce, per il quale «la Corte ha tenuto conto del contesto politico di questo affaire: i militanti antifascisti rischiano di essere maltrattati in Ungheria». Il fatto che i giudici francesi abbiano chiesto delle «garanzie» nel quadro di un mandato d’arresto europeo avviene «molto raramente», ha precisato l’avvocato.
Per il legale, le numerose «violazioni della presunzione d’innocenza» di Abazaj, «gravi, ripetute, da parte di importanti autorità politiche ungheresi», mostrano «l’influenza da parte del potere politico su quello giudiziario in Ungheria, è chiaro che Abazaj non sarà giudicato in maniera equa qualora venisse estradato.»
Una considerazione che i giudici della Corte d’appello di Parigi sembrano aver fatto propria, cosa «per noi molto incoraggiante,» ha detto Pasquet-Marinacce, prima di aggiungere che verrà depositata una richiesta di scarcerazione per Abazaj, detenuto nella prigione di Fresnes dallo scorso novembre.
Tra il pubblico, oltre alla famiglia venuta apposta dall’Italia e ai militanti accorsi in solidarietà, vi erano anche due deputati de La France Insoumise, Raphaël Arnault e Thomas Portes, presenti a ogni udienza sin dall’arresto di Abazaj.
«Quella organizzata da Orbán è una vera e propria caccia ai militanti antifascisti» ha detto Portes, per il quale il premier ungherese «si serve del mandato d’arresto europeo per chiedere agli altri governi di fare il lavoro sporco, cioè di recuperare militanti in altri paesi europei per farli estradare in Ungheria».
Per questo gli insoumis seguono con attenzione la vicenda di Abazaj, «per verificare che la giustizia francese rispetti lo stato di diritto e non conceda l’estradizione di Gino,» ha detto il deputato Lfi.
I giudici di Budapest hanno ora due settimane per rispondere alla richiesta della giustizia francese, prima della prossima udienza prevista per il 12 febbraio. Fino ad allora, Abazaj resterà in carcere.
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