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Un decalogo per difendersi

C’è un giu­dice a Varese. Si chiama Giu­seppe Bat­ta­rino e ha dispo­sto che si pro­ceda all’imputazione di due cara­bi­nieri e sei agenti di poli­zia per omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale e arre­sto ille­gale per la morte di Giu­seppe Uva. I fatti risal­gono all’oramai lon­tano 2008. Un altro giu­dice, Ago­stino Abate, nella sua veste di pub­blico mini­stero aveva invece chie­sto l’archiviazione del caso. Con­tro di lui l’ex mini­stro della Giu­sti­zia Anna­ma­ria Can­cel­lieri aveva avviato un’azione disci­pli­nare per come erano state con­dotte le inda­gini. Non era più chiaro infatti chi era la vit­tima, chi l’accusato, chi i testi­moni. Era stata pro­dotta una con­fu­sione di ruoli a difesa di una verità pre-esistente alla giu­sti­zia. Pro­ba­bil­mente anche nel caso Uva si riu­scirà ad andare a pro­cesso per le vio­lenze avve­nute in una camera di sicu­rezza delle forze dell’ordine.

C’è un altro giu­dice, que­sta volta a Bari. Si chiama Gio­vanni Anglana. Ha ria­perto le inda­gini sulla morte di Carlo Saturno nel car­cere di Bari avve­nuta più o meno tre anni fa. Anche in que­sto caso c’era stato un pm che aveva chie­sto l’archiviazione. Nel caso del gio­vane Carlo la sto­ria era ancora più com­plessa. Qual­che anno prima, quando da ragaz­zino era finito nel car­cere mino­rile di Lecce, aveva denun­ciato alcuni poli­ziotti peni­ten­ziari per le vio­lenze effe­rate subite. In quel caso il pub­blico mini­stero aveva pro­ce­duto. Si era arri­vati al dibat­ti­mento. Saturno si era costi­tuito corag­gio­sa­mente parte civile. Tor­nato in car­cere da mag­gio­renne a Bari pare si sia sui­ci­dato in una cella di iso­la­mento. In que­gli stesi giorni il pro­cesso per le vio­lenze subite a Lecce si estin­gue per pre­scri­zione. Ora il giu­dice chiede che si inda­ghi ancora. Alcune ferite al viso, al capo e all’orecchio destro non lo hanno con­vinto. La causa della morte torna in discus­sione. Que­ste sono due sto­rie diverse dove chi deve inda­gare sce­glie la via buro­cra­tica dell’archiviazione e chi deve giu­di­care chiede che si inda­ghi meglio. Viene da dire che qual­cosa non torna nella giu­sti­zia ita­liana. Allora pro­viamo a redi­gere un deca­logo a cui affi­darsi affin­ché nei casi di vio­lenza isti­tu­zio­nale ci si possa quanto meno appros­si­mare alla verità storica.

  1. Si intro­duca subito il delitto di tor­tura nel codice penale in modo che fatti gravi non siano trat­tati giu­di­zial­mente come mini­mali o secondari.
  2. Si pre­ve­dano tempi non brevi di pre­scri­zione. I pro­cessi per casi di que­sto genere sono dif­fi­cili, lun­ghi. Richie­dono dun­que inda­gini meti­co­lose che rom­pano il muro dell’omertà.
  3. I Mini­steri com­pe­tenti avviino pro­ce­di­menti disci­pli­nari nei con­fronti dei pre­sunti respon­sa­bili senza atten­dere gli esiti lun­ghi dei pro­cessi penali.
  4. La pre­scri­zione giu­di­zia­ria non deve mai essere valu­tata in sede disci­pli­nare quale causa giu­sti­fi­ca­tiva di una deci­sione di asso­lu­zione e di per­ma­nenza in servizio.
  5. Si approvi un codice etico di con­dotta come quello sug­ge­rito dall’Onu per chiun­que operi nei set­tori dell’ordine pub­blico e della sicurezza.
  6. Presso le Pro­cure si isti­tui­scano sezioni spe­cia­liz­zate in fatti di que­sto genere che usino nelle inda­gini per­so­nale inter-forza di poli­zia il quale a sua volta sia ade­gua­ta­mente esperto e formato.
  7. Non si uni­fi­chino i pro­cessi per le vio­lenze con quello per calun­nia nei con­fronti della per­sona che ha sporto denun­cia. L’unificazione dei pro­ce­di­menti rende indi­stin­gui­bili vit­time e carnefici.
  8. Una volta arri­vati a dibat­ti­mento lo Stato si costi­tui­sca parte civile in modo da sot­trarre le mele marce alla difesa pre­giu­di­ziale del corpo di appartenenza.
  9. Si pro­teg­gano i testi­moni che hanno il corag­gio di rac­con­tare quanto visto. Se i testi­moni sono a loro volta dete­nuti li si trat­tenga in luo­ghi del tutto sicuri dove non entrino mai in con­tatto con le per­sone sotto accusa.
  10. Lo Stato inter­rompa le rela­zioni sin­da­cali con quelle orga­niz­za­zioni che offrono tutela legale a coloro i quali si mac­chiano di delitti di que­sto genere.
  11. Si pre­veda un obbligo di visita medica.

Patrizio Gonnella pre­si­dente di Antigone da il manifesto