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Polizia: “La riforma degli anni Ottanta ha fallito, c’è deficit di democrazia”

Per la sociologa Donatella Della Porta gli applausi del Sap ai poliziotti che hanno ucciso Aldrovandi sono il sintomo eclatante di una profonda insufficienza democratica. “In alcuni reparti con una cultura di tipo militaresco continua a prevalere l’idea che il cittadino sia un eventuale nemico, ma le derive poliziesche sono sempre un problema della politica”

Dona­tella Della Porta inse­gna Scienze Poli­ti­che all’Istituto uni­ver­si­ta­rio Euro­peo di Firenze. Nel 2003 ha pub­bli­cato il libro “Poli­zia e pro­te­sta. L’ordine pub­blico dalla Libe­ra­zione ai no glo­bal” (il Mulino).

inchino alla legge

Sono pas­sati più di dieci anni. Oggi, dopo il G8 di Genova, come è cam­biata la poli­zia? Si può par­lare di poli­zia democratica?

Gli eventi del G8 sicu­ra­mente hanno pro­vo­cato un momento di forte crisi all’interno della poli­zia stessa, gli anni dopo Genova sono stati molto sof­ferti, con i sin­da­cati schie­rati su posi­zioni anche molto diverse. Dopo il 2001 ci sono stati sforzi all’interno della poli­zia per cer­care di ridurre la ten­denza a que­sto tipo di approc­cio vio­lento, ma ciò non signi­fica che oggi si sia arri­vati ad una gestione dell’ordine pub­blico nego­ziata. Gli eccessi com­piuti durante quell’evento non si sono più veri­fi­cati, è vero, ma negli anni comun­que ha pre­valso una reto­rica dell’emergenza (basti pen­sare a cosa ha rap­pre­sen­tato l’11 set­tem­bre) che ha accen­tuato la visione del cit­ta­dino come even­tuale nemico. La poli­zia è un oggetto com­plesso, sicu­ra­mente ci sono com­po­nenti demo­cra­ti­che, ma è inte­res­sante notare che il Sap è un sin­da­cato di ampie dimen­sioni. Non sono pochi scalmanati.

Gli applausi ai poli­ziotti che hanno ucciso Aldro­vandi sono solo un epi­so­dio disgu­stoso facile da con­dan­nare o qual­cosa di più grave?

Sono il segno più evi­dente del fal­li­mento della riforma della poli­zia incom­piuta dagli anni Ottanta. Signi­fica non essere riu­sciti a modi­fi­care non solo una cul­tura ma anche pre­pa­ra­zioni spe­ci­fi­che. Oggi man­cano ancora stru­menti di con­trollo interno, la cul­tura dei poli­ziotti è rima­sta pres­so­ché la stessa. Alcune rea­zioni a caldo pos­sono essere frutto di pro­cessi psi­co­lo­gici det­tati da esca­la­tion, ma non è que­sto il caso: quella del Sap è stata una rea­zione a freddo, medi­tata, e quindi si tratta del sin­tomo ecla­tante di una pro­fonda insuf­fi­cienza democratica.

E’ una esa­ge­ra­zione soste­nere che la poli­zia nelle sue pra­ti­che esprime ancora una cul­tura pre­va­len­te­mente fascista?

Pre­va­len­te­mente direi di no. Sicu­ra­mente pre­vale una cul­tura di tipo auto­ri­ta­rio, ma è un buon segno che il primo a cri­ti­care il Sap sia stato pro­prio il capo della poli­zia. Oggi non è più come una volta, per entrare in poli­zia non biso­gna per forza essere orien­tati a destra. E’ vero però che in alcuni reparti c’è ancora l’idea della poli­zia come un corpo sepa­rato segnato da una forte mili­ta­riz­za­zione dei com­por­ta­menti. E’ un retag­gio che resi­ste ancora e che viene da lontano.

Nella quasi totale assenza di feno­meni di rivolta sociale, il con­trollo dei movi­menti non è mai stato così age­vole come in que­sti anni, eppure sem­pre più spesso le poli­zie si ren­dono pro­ta­go­ni­ste di pestaggi bru­tali. Maghe­rini è l’ultimo morto di una lunga serie. Per­ché accade?

Una volta gli inter­venti della poli­zia si misu­ra­vano con governi meno per­mis­sivi e distanti, oggi con le grandi coa­li­zioni o i governi tec­nici la poli­zia sente che l’aggressività non incon­tra una rea­zione poli­tica forte.

Dun­que è un pro­blema politico.

Oggi non c’è una oppo­si­zione poli­tica forte. Cen­tro­de­stra e cen­tro­si­ni­stra, anche sulle que­stioni dell’ordine pub­blico, sono indi­stin­gui­bili. Ci sono solo sin­goli poli­tici che ten­tano di fare argine. E l’unica oppo­si­zione, il 5 Stelle, non ha la stessa reat­ti­vità che aveva una volta la sinistra.

Il per­du­rare della crisi, con il suo por­tato di rab­bia e fru­stra­zione dif­fuse, sta modi­fi­cando le tec­ni­che di repres­sione delle polizia?

La buona sicu­rezza costa. Nel corso degli anni neo­li­be­ri­smo e crisi eco­no­mica hanno spaz­zato via spe­ri­men­ta­zioni molto inte­res­santi. La poli­zia di vici­nato per esem­pio, oppure i luo­ghi di media­zione del con­flitto che stanno chiu­dendo. In que­sto con­te­sto è come se la poli­zia, lasciata sola, avesse più pos­si­bi­lità di sfo­garsi. E dire che nei periodi di crisi eco­no­mica biso­gne­rebbe sce­gliere di inve­stire su una buona sicu­rezza. Anche que­sto è un pro­blema poli­tico, basta guar­dare chi c’era l’altro giorno al con­ve­gno del Sap, c’era Gasparri, c’era La Russa.

 

Luca Fazio da il manifesto