Nonostante la legge svuota carceri, il tasso di affollamento nelle prigioni italiane rimane altissimo. Un detenuto su tre è di origine straniera.Presentato a Roma il IX rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia dall’osservatorio Antigone.
I detenuti nelle carceri italiane sono sempre più ristretti: non solo dalle sbarre e dalle mura che dividono questi dall’esterno, ma anche dall’incredibile sovraffollamento (140 persone ogni 100 posti, 142%) che restringe ancor di più gli spazi esigui. Poco è cambiato dalla proclamazione dello stato di emergenza nelle carceri nel gennaio 2010: 66.685 (di cui 2.857 donne) le persone rinchiuse negli istituti di pena, 1894 in più rispetto al dicembre 2009 e 19.890 oltre la capienza regolamentare (46.795). Le regioni più affollate sono la Liguria (176,8%) e la Puglia (176,5%), mentre i singoli istituti quelli di Mistretta in Sicilia (268,8%) e di Brescia Canton Bello (254,9%). Il virtuosismo è ovunque una chimera: le carceri con il più basso tasso di affollamento, quelle abruzzesi (121,8%) o quelle sarde (105,5%), rimangono in ogni caso distanti dalla media europea del 99,6%. Un dramma che riguarda da vicino anche gli stranieri: sono 23.789 (di cui 1.137 donne) i detenuti immigrati, il 35,6% dell’intera popolazione carceraria. La loro presenza, in percentuale, è più alta in Trentino Alto Adige (69,9%), Valle D’Aosta (68,9% ) e Veneto (59,1%) mentre le nazionalità più rappresentate sono Marocco (19,4%), Romania (15,3%), Tunisia (12,7%), Albania (11,9%) e Nigeria (4,4%). Il 40,1% dei detenuti totali, inoltre, è ristretto in custodia cautelare.
Sono questi solo alcuni dei dati raccolti dall’osservatorio Antigone nel suo IX Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia, dal titolo Senza dignità e presentato il 19 novembre a Roma. Il lavoro di quest’anno è arricchito da un webdoc, Inside Carceri, una videoinchiesta sulle carceri italiane visualizzabile gratuitamente on line.
Detenuti stranieri. Nonostante la cancellazione del carcere per il cosiddetto reato di clandestinità (ovvero per l’inottemperanza all’ordine del questore di allontanarsi dal territorio nazionale), la percentuale di stranieri in carcere rimane pressappoco la stessa rispetto al dicembre 2010 (quando era del 36,7%). La sostanziale immutabilità è da imputare, secondo l’osservatorio, al fallimento della legge 199 del 2010 (svuota carceri). Questa prevedeva la possibilità, per i detenuti con una pena inferiore ad un anno, di scontarla in detenzione domiciliare. Al 31 ottobre 2012, sarebbero 8.267 i detenuti beneficiari di questa opportunità, di cui 539 donne e 2.283 stranieri: poco, appunto, se confrontato con il numero di quanti invece rimangono. I detenuti stranieri sono più presenti nelle carceri del Nord, mentre scendono sensibilmente in quelle meridionali.
Morti e suicidi. Tra le spie di disagio, la più forte rimane quella di chi decide di togliersi la vita. Delle 93 morti avvenute nelle carceri dall’inizio dell’anno, almeno 50 sono suicidi (di cui il 30% ad opera di stranieri). A queste si aggiungono le 4 morti nelle camere di sicurezza: tre uomini e Alina Diachiuk, la donna ucraina impiccatasi ad aprile nel commissariato di Villa Opicina a Trieste durante un fermo rivelatosi illegale.
Le proposte. A livello generale, italiani e non scontano le conseguenze di un codice penale desueto e di diretta derivazione fascista (il Codice Rocco del 1930, dal nome del ministro della Giustizia Alfredo Rocco). La sostituzione di questo con un nuovo progetto, quale quello elaborato nel 2008 dalla commissione ministeriale presieduta da Giuliano Pisapia, permetterebbe di sottrarre il carcere dalla sua posizione centrale nel sistema delle pene. Altrettanto importante sarebbe, nella direzione di un abbassamento del numero dei detenuti, intervenire sulle tre leggi Fini-Giovanardi (droghe), la ex-Cirielli (recidiva) e la Bossi-Fini (immigrazione): le maggiori fonti, scrivono dall’osservatorio, di afflusso nelle carceri italiane.
Luigi Riccio da Corriere Immigrazione
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