In una conferenza stampa nella sede del Movimento di Lotta per la Casa di Firenze si è cercato di fare verità sulla morte di Raphael, ragazzo nigeriano di 18 anni, arrivato da poco in Italia e senza permesso di soggiorno. Raphael ha perso la vita durante un controllo di polizia più che anomalo, precipitando dal quarto piano di un palazzo nel quartiere di Novoli la sera di domenica 14 .
Raphael, come tantissimi suoi fratelli, aveva appena affrontato il lunghissimo viaggio che parte in Africa, fa tappa in Libia e sfida il Mediterraneo per scappare alla guerra. Ma la morte non l’ha trovata lì, nel mare diventato il più grande cimitero esistente, ma nella Firenze “città dell’accoglienza”. Determinante nella sua morte è stato il terrore di essere rispedito indietro.
Sono troppe le falsità che compongono la versione fornita dalla polizia e riportate sui giornali. Un castello di menzogne destinato a sgretolarsi di fronte alle testimonianze di chi quella sera era presente. Troppa la rabbia e l’indignazione per poter rimanere in silenzio dinanzi a una morte inaccettabile che solo chi tenta di coprire se stesso e il suo operato ha interesse ad archiviare come “tragico incidente”.
Due cose sono sicure.
La prima è che, in qualunque modo siano andate le cose, Raphael è l’ennesima vittima delle leggi razziste che condannano alla clandestinità, al terrore e ad una vita da invisibili da consumare sotto minaccia permanente, migliaia di uomini e donne colpevoli di essere venuti in Italia in cerca di un futuro diverso dalla guerra, dalla miseria e dalla morte. Raphael è una vittima delle espulsioni, dei CIE di tutte le leggi sull’immigrazione vigenti…
La seconda è che la storia della morte di Raphael è anche una storia di abusi in divisa. E’ l’ennesima storia che ci racconta del razzismo – di razza e di classe – che spesso muove le forze dell’ordine anche oltre la loro stessa legalità.
A poca distanza dall’assassinio di Davide a Napoli, in una Firenze che non ha dimenticato la morte di Gouled, suicidatosi dopo aver ricevuto l’ennesimo diniego alla sua richiesta di documenti, è impossibile non chiedersi quanto valga per lo Stato la vita di un proletario. Niente: è questa la risposta che nei fatti lo Stato ci suggerisce.
Non ci troveremmo a dover raccontare storie come quella di Raphael se questa infame filosofia di Stato non terrorizzasse migliaia di persone, alcune delle quali decidono di sfuggire a un controllo di polizia come si sfugge dal proprio boia. Anche a costo di mettere a rischio la propria vita.
Una filosofia che oltre a produrre i suoi morti, viene applicata quotidianamente in una vera e propria guerra a bassa intensità contro le povertà. Anche quelle con la pelle bianca e il passaporto italiano.
Richiedere verità e giustizia per Raphael non è solo un obbligo morale per chi non sa e non vuole restare zitto e indifferente, ma è anche un passaggio obbligatorio affinchè non accada mai più. Restituire dignità alla sua vita per affermare anche quella di chi resta.
Non si può vivere così. Non si può morire così.
da InfoAut