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Sciacca (Agrigento) 4 gennaio 1947: La mafia uccide il sindacalista Accursio Miraglia

La mafia agraria uccide a colpi di mitra il segretario della locale Camera del Lavoro Accursio Miraglia, nei giorni successivi anche a Ficarazzi e Partinico, in provincia di Palermo, vengono assassinati i dirigenti sindacali Macchiarella e Silvia

Non erano anni facili in un’Italia che cercava di iniziare a riprendersi dalla seconda guerra mondiale. Tanto più lo era per il popolo siciliano, la maggioranza dei contadini e contadine continuavano ad essere costretti a fare i conti con uno Stato assente e con il pericoloso mix latifondisti-mafiosi, che da sempre costringevano alla fame e alla miseria il popolo siciliano, privandolo dei più elementari diritti. Diverse sono state le vittime di quegli interessi che sono finite sotto i colpi di lupara, colpa spesso anche di un collaborazionismo dello Stato e delle sue istituzioni. Questo Accursio lo sapeva bene, ed ogni volta che lo minacciavano oppure che qualcuno lo esortasse a farsi gli affari propri, erano solito parafrasare le parole del rivoluzionario Emiliano Zapata: “Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio.”

Dirigente del Partito Comunista e segretario della Camera del Lavoro di Sciacca, da qualche tempo si stava battendo per l’attuazione dei Decreti Gullio sulla concezione alle cooperative contadine delle terre incolte o mal coltivate. Insieme a centinaia braccianti e poveri contadini, il 5 novembre 1945 costituì una cooperativa che prese il nome di “Madre Terra”. In questo modo riuscì a far assegnare a essa diversi ettari di buona terra.

Il suo impegno era diventato sempre più una spina nel fianco del latifondismo agrario e della mafia, i quali scelsero presto di eliminarlo, in quanto le continue rivendicazioni delle terre erano un chiaro attacco alla proprietà privata e al potere che essi esercitavano.

Il 4 gennaio 1947, verso le 21 e trenta, Accursio Miraglia era appena uscito dai locali della sezione comunista per tornare a casa. A “scortarlo” c’erano quattro compagni: Felice Caracappa, Antonino La Monica, Tommaso Aquilino e Silvestro Interrante. Percorsero un tratto di strada insieme, poi Interrante e Caracappa si staccarono dal gruppo per far rientro nelle loro abitazioni. Gli altri due, invece, accompagnarono il dirigente contadino fino a 30-40 metri da casa sua, lo salutarono e ritornarono indietro. Ma passarono solo pochi secondi e il silenzio fu rotto da numerosi colpi di pistola. Capirono subito che i colpi erano diretti contro Miraglia. La Monica ritornò indietro e vide un giovane, piuttosto esile, di media statura, con cappotto e berretto, che impugnava un’arma da fuoco lunga, dalla quale fece partire un’altra raffica di colpi. Lo sparatore era in mezzo alla strada, sotto una lampada accesa dell’illuminazione pubblica, e, dopo aver sparato, si allontanò di corsa verso l’uscita del paese. La stessa scena fu vista da Aquilino.

Miraglia morì all’età di 51 anni riverso sulla porta della propria abitazione, tra le braccia della giovane moglie russa, Tatiana Klimenko. Di corsa, erano arrivati La Monica e Aquilino.

Non solo la città di Sciacca volle salutare quella persona che non li aveva mai traditi, rifiutando di piegarsi alla mafia e agli agrari ma da tutta la Sicilia arrivarono contadini, braccianti, sindacalisti, comunisti. Tanto che si dovette aspettare una settimana per celebrare i funerali.

L’11 gennaio si svolsero i funerali, a cui partecipò l’intera popolazione. I preti non vollero che Miraglia fosse portato in chiesa, perché era un morto ammazzato e per giunta comunista. Ma le esequie civili furono lo stesso solenni ed imponenti. In Sicilia, gli operai sospesero il lavoro per dieci minuti. In Italia, per cinque. In tutte le fabbriche suonarono le sirene.

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