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Emergenza infinita. Nuove leggi speciali con la scusa del terrorismo

Chi è che non vuole esser protetto dai “terroristi”? Chi è che non è disposto a sacrificare un pezzetto di privacy pur di garantirsi uno scudo efficace contro il “nemico esterno”?

Sono queste le premesse psicologiche di massa – quindi immediatamente politiche – che faciltano la concentrazione dei poteri in poche mani, sempre meno pubbliche e note; nonché la dfinizione di “fattispecie di reato” decisamente affidate alla libera interpretazione dei governanti, della magistratura, delle innumerevoli polizie di questo paese.

Su queste premesse il governo Renzi ha elaborato e imposto in forma di decreto legge un nuovo pacchetto di “misure antiterrorismo”. Manca un articolato, per il momento, ed anche il sito del governo – nella pagina dedidcata a queste misure – è decisamente (quindi pericolosamente) generico. Vediamo i dettagli resi noti e facciamoci qualche domanda.

Il provvedimento prevede sul piano penale:

  • l’introduzione di una nuova figura di reato destinata a punire chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche (reclusione da tre a sei anni);

  • Già qui si pone il problema di definire con chiarezza cosa si intenda per “organizzare, finanziare e propagandare viaggi”. Se la finalità è davvero “commettere condotte terroristiche” la pena da tre a sei anni appare addirittura poca cosa. Se le finalità sono altre (non vengono dichiarate, in questo passo) allora 3-6 anni potrebbero essere decisamente troppi.
  • la punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità (attualmente, l’art. 270-quater c.p. sanziona solo il reclutatore);

  • In apparenza qui si dice che si intende punire il “reclutato”, oltre che il “reclutatore” (figura già prevista e  sanzionata da un articolo di legge). Di fatto, si apre una voragine che solo l’interpretazione soggettiva – quindi politica – del repressore potrà riempire. Cosa vuole dire infatti “punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità“? Come può esser definito – preventivamente, oltretutto – ” terrorista” un individuo che non partecipa ad alcuna organizzazione “terroristica”? In teoria,questo punto sembra destinato a colpire i cosiddetti “lupi solitari”. Ma questi “solitari” – come nel caso francese – sono tali solo come terminali locali di organizzazioni ramificate. Se si introduce insomma la “punibilità” per il “singolo disorganizzato” è abbastanza semplice prevedere una serie di arresti in assoluta mancanza di prove (a meno di non reperire armi ed esplosivi), decisi in base alla sospettosità di questo o quel funzionario.
  • la punibilità, sul modello francese, di colui che si “auto-addestra” alle tecniche terroristiche (oggi è punito solo colui che viene addestrato da un terzo – art. 270-quinquies c.p.);

  • Idem come sopra. Anche se, in questo caso, ci dovrebbe almeno essere la presenza fisica di armi e/o esplosivi, altrimenti l'”addestramento” sarebbe semplicemente indimostrabile.
  • l’introduzione di specifiche sanzioni, di ordine penale ed amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in materia di controllo della circolazione delle sostanze (i cd. “precursori di esplosivi”) che possono essere impiegate per costruire ordigni con materiali di uso comune.

 

Se diventa una “prova” il possesso dei “precursori di esplosivi”, anzi addirittra la loro circolazione, ci sembra inevitabile dare un colpo drammatico all’economia nazionale. Tra i “precursori” sono annoverabili infatti alcune decine di componenti chimici utilizzati in tutti i rami produttivi (dall’agricoltura all’industria, ma finache in cucina). Il magistrato che volesse perseguire questo possesso – o addirittura la circolazione – si troverebbe in grave imbarazzo operativo oppure libero di interpretare le intenzioni recondire del possesso – poniamo – di zucchero.

Sul piano degli strumenti di prevenzione, le misure contemplate comprendono:

  • la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali “foreign fighters”;

  • Non c’è necessità di avere grandi esperienze giuridiche per immaginare come può funzionare la misura della “sorveglianza speciale” (controlli domiciliari, obbligo di firma, divieti di circolazione fuori di una certo territorio, ecc). Più problematico è individuare un “potenziale foreign fighter” da sottoporre a queste misure.
  • la facoltà del Questore di ritirare il passaporto ai soggetti indiziati di terrorismo, all’atto della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno. Il provvedimento è sottoposto a convalida dell’Autorità Giudiziaria;

  • E infatti si arriva subito al punto repressivo reale: la facoltà della polizia di sequestrare i passaporti. Resta da definire cosa significa, concretamente, “indiziato”. Se, come dicono i codici attuali, è una persona iscritta al registro degli indicati e raggiunta da comunicazione giudiziaria, non c’è alcun cambiamento rispetto alla legislazione in vigore; e non si capirebbe perché inserirlo in un nuovo decreto. Se invece è un semplice “sospetto” degli inquirenti, è un potere devastante attribuito ad capocchiam.
  • l’introduzione di una figura di reato destinata  a punire i contravventori agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto e alle altre misure cautelari disposti durante il procedimento di prevenzione

  • Un semplice corollario del punto precedente.

 

Inoltre, lo schema di decreto si incarica di aggiornare gli strumenti di contrasto all’utilizzazione della rete internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici. In particolare, vengono previsti:

  • aggravamenti delle pene stabilite per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo commessi attraverso strumenti telematici;
  • la possibilità per l’Autorità Giudiziaria di ordinare agli internet provider di inibire l’accesso ai siti utilizzati per commettere reati con finalità di terrorismo, compresi nell’elenco costantemente aggiornato dal Servizio Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato. Nel caso di inosservanza è la stessa Autorità Giudiziaria a disporre l’interdizione dell’accesso ai relativi domini internet.

Il problema, si deve dire chiaramente, non è la commissione di “reati” attraverso Internet. Questi sono già individuati dalle leggi esistenti, che non distinguono troppo – giustamente – dal medium attraverso cui un determinato reato viene commesso.

Il punto essenziale investe invece tutta la logica di questo provvedimento: cos’è “terrorismo”?

Prendiamo il caso dei “foreign fighters”, che appare relativamente semplice. Diciamo che è un “terrorista” chiunque rientri dall’aver combattuto in un paese straniero? All’uomo comune, ovvero disinformato, verrà detto che questa misura riguarda coloro che hanno combattuto o stanno combattendo in formazioni jihadiste. Ma una legge che parla di “combattenti all’estero” non contiene questa specificazione.

E allora cosa facciamo con quei cittadini italiani – fascisti dichiarati – che stanno combattendo nelle formazioni collaterali all’esercito di Kiev? Alcuni nomi sono già circolati, alcuni sono già tornati. Li arresterete subito? Oppure comincerete a distinguere tra la parte belligerante con cui l’Italia e l’Unione Europea sono politicamente schierate? Che succederà invece con quanti magari hanno deciso di sostenre le Repubbliche Popolari del Dombass? E quei cittadini che, in nome di una religione diversa e/o di una doppia cittadinanza, sono andati a prestare servizio militare – combattendo – nell’esercito israeliano?

La domanda è in fondo semplice: se “terrorismo” equivale a “combattimento”, sarà necessario specificare chi sono “i nostri” e chi sono “i loro”. Ma così facendo “terrorismo” equivale a “nemico”. Quello di turno. Oggi è Tizio, domani Caio; mentre Tizio torna “alleato”. Che è poi il nostro convincimento profondo…

Ulteriori misure comprendono:

  • la semplificazione, nel rispetto del Codice della privacy, delle modalità con le quali le Forze di polizia effettuano trattamenti di dati personali previsti da norme di regolamento, oltre a quelli contemplati da disposizioni di rango primario;

  • Fuori dal burocratese poliziottesco, qui si dice che i dati che riguardano tutti noi sono a disposizione delle forze di polizia. Se prima ne veniva fatto un uso improprio o illegale (comunque molto difficile da scoprire e denunciare, per un semplice cittadino), ora quello stesso uso diventa legale (un poì come l’economia informale dopo il “pacchetto Treu” e la “legge 30”).
  • l’ampliamento delle “garanzie funzionali” riconosciute agli appartenenti ai Servizi di informazione, escludendo la punibilità di una serie di condotte in materia di terrorismo (diverse dai reati di attentato o di sequestro di persona), commesse dal personale delle Agenzie di intelligence per finalità istituzionali e previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri.

  • la possibilità per il personale dei Servizi possa deporre nei procedimenti giudiziari, mantenendo segreta la reale identità personale;

    Servizi segreti, nomi segreti, libertà d’azione al di fuori di ogni regola, libertà di commettere reati anche gravissimi (dobbiamo far notare sono esclusi solo l’attentato e il sequestro di persona, ma non l’omicidio o la tortura). Un bellissimo mondo di uomini-ombra svincolati dalla possibilità di essere puniti. Non vi sentite già tutti più “sicuri”? No, eh? Magari vi sentite già un po’ meno liberi…

  • la possibilità per le Agenzie di intelligence, consentendo loro, previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, di effettuare, fino al 31 gennaio 2016, colloqui con soggetti detenuti o internati

    • , al fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale;
    • l’attribuzione al Procuratore Nazionale Antimafia di funzioni di coordinamento, su scala nazionale, delle indagini relative a procedimenti penali e procedimenti di prevenzione in materia di terrorismo.

    Et voilà… L’Antimafia diventa antiterrorismo. Smetterà di occuparsi della prima per dedicarsi solo al secondo? Non c’è scritto. Ma il sospetto – qualche volta sorge anche in noi – aleggia…

 

da contropiano