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Aiutate Alfio, è ridotto a un vegetale, ma è in cella da 24 anni

La lettera che pubblichiamo è stata scritta da un gruppo di detenuti della Casa di Reclusione di San Gimignano. L’avevano inoltrato, prima della scadenza del suo mandato, al presidente della Repubblica Napolitano per chiedere la Grazia per un loro compagno, Alfio Freni. È un ergastolano, entrato in carcere da giovanissimo a 19 anni, e ininterrottamente detenuto da 24 anni.

Ma non è una persona come tutti gli altri perché Alfio ha gravi problemi mentali. Chi in carcere lo incontra racconta di una persona chiusa, estremamente remissiva, diffidente di tutto e di tutti e sembra spaventato dall’idea che vogliano da lui “confessioni: non comprende dove si trova, non sa difendersi, non si fa difendere.

È un uomo completamente abbandonato dalla famiglia. A suo tempo era seguito solo dalla madre, ma ora è anziana, ammalata e non ha soprattutto risorse economiche per aiutarlo. A tratti quel che ha dentro esplode in comportamenti violenti e spacca tutto quello che ha in cella, per poi finire quindi isolamento con altrettante denunce per danni.

I suoi compagni di detenzione sono sconvolti dalle sue condizioni, soprattutto trovano incomprensibile l’atteggiamento delle istituzioni. E quindi hanno preso a cuore il suo caso e si sono rivolti al presidente della Repubblica. Hanno deciso di non rimanere indifferenti, a differenza delle istituzioni che hanno semplicemente rinchiuso Alfio e buttato via la chiave. Per sempre. Ci auguriamo che l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella prenda a cuore questo caso.

 

Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana…

 

Signor Presidente, siamo dei detenuti della Casa di Reclusione di San Gimignano (Siena), le scriviamo affinché interceda con un atto di Clemenza e di Grazia nei confronti di un detenuto di questa Casa di Reclusione.

Le nostre parole sono mosse soltanto dalla compassione e dall’umanità che proviamo verso quest’uomo, il quale è entrato poco più che maggiorenne ed è da 24 anni detenuto ininterrottamente. Lo stesso, attualmente, per problemi “mentali” non ha alcuna possibilità di difendersi, in balia di se stesso oltre che del sistema giudiziario, e privo della capacità di intendere e di volere.

Un diritto questo garantito dalla nostra Costituzione, sia dall’art. 3 (che assicura pari dignità sociale a tutti i cittadini davanti alla legge), sia dall’art. 27 (dove si dice che le pene non possono consistere in un trattamento contrario al senso di umanità, tendendo alla sua rieducazione). Come detenuti, e in quanto tali cittadini, anche se “ultimi degli ultimi” di questa società, ci appelliamo ad Ella, massima carica Istituzionale Garante della Costituzione, proprio in nome dell’imprescindibile diritto alla dignità, ed umanità di tutti gli uomini, nessuno escluso. Le scriviamo, di conseguenza, per porre fine ad un’infinita sofferenza di una vita umana, ormai non più consapevole della realtà in cui vive.

Ci chiediamo a cosa serve allo Stato Italiano tenere detenuto, applicando la legge, un essere umano senza che l’espiazione della sua pena non sia collegata ad una speranza di rieducare collegata ad una tenue possibilità di libertà? O forse, meglio per lui, la morte? Nemmeno nei Paesi dove è in vigore la pena di morte è consentito l’applicazione di questa pena mostruosa, se il condannato a morte non è consapevole del suo stato, per cui addirittura viene sospesa la pena.

Questo è il caso di Alfio Freni matricola n. KK029000779, il suo fine pena è “9999, Ergastolo”: ma l’unica cosa che Freni comprende è fumare, o mangiare; e questo è possibile solo grazie allo spirito di solidarietà nostra, che ci facciamo carico di tutto affinché non sprofondi in un abisso senza ritorno.

Quanto scriviamo è solo una piccola porzione della vita giornaliera dì Alfio, perché la sua non è una vita degna d’essere chiamata tale; sarebbe meglio chiamarlo “stato vegetale”, risultando egli condannato ancor più dall’ergastolo della “natura”, che da quello Stato Italiano. Alfio Freni è in uno stato di completo ed assoluto abbandono, l’unico collegamento della sua vita è la sua Mamma. Lei, pur in precarie condizioni di salute, l’ha sempre sostenuto in qualche modo.

Ma anche questo legame, almeno per lui, si sta allontanando, i ricordi si fanno sempre più fievoli, tanto che egli perde ormai ogni controllo delle sue azioni. Questa povera donna è disperata, segue il figlio fin da quando, a 19 anni è entrato in carcere, non sa come poterlo aiutare, non avendo risorse economiche per poterlo fare. Signor Presidente, Ella è l’unica speranza di Alfio, ci sono moltissime cose che si potrebbero scrivere per meglio farle comprendere quanta e quale sofferenza, in-

consapevole, viva quest’uomo, che non si rende conto né dello spazio né del tempo in cui vive. Noi, qui, non possiamo girare la testa dall’altra parte, facendo finta di non vedere la cella dove vive, restando indifferenti. La nostra coscienza ci impedisce di non provare una grande tristezza nell’assistere giornalmente a questo rito.

Non possiamo guardare solo la nostra anche se dolorosa condizione, senza far nulla, e l’unica cosa che possiamo, dal posto dove ci troviamo, è scriverle. Mettere a conoscenza la sua persona caratterizzata, oltre che dall’alto profilo delle sue funzioni istituzionali, dalla sensibilità che Ella ha sempre avuto, come uomo, per i più deboli.

Pertanto, qualora ritenesse opportuno valutare ed accogliere in qualche modo le nostre parole, ci renderebbe oltremodo felici di poter offrire il nostro contributo per liberare dalle “catene” un uomo, che non ha più nulla da chiedere alla vita, e che ha bisogno dell’umanità di tutta la società perché si possa sottrarre ad una fine certa, oltre che annunciata. Per quanto esposto chiediamo la Grazia per Alfio Freni, apponendo ognuno di noi la firma a sostegno della richiesta nella speranza possa essere accettata.