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Non sarà qualche condanna a farci dimenticare Genova

Ad 11 anni di distanza dai fatti la Cassazione ha confermato le condanne per i funzionari della polizia responsabili della macelleria messicana alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001. I reati per cui sono condannati riguardano i falsi e di depistaggi messi in piedi all’indomani dei fatti per giustificare le violenze e gli abusi di quella notte, con pene intorno tra i 4 ed i 3 anni. Invece per le lesioni gravi e le torture che gli ospiti della Diaz hanno dovuto subire il reato risulta prescritto, sia per i funzionari di polizia sia per gli agenti della squadra mobile che hanno compiuto l’irruzione.

Certa sinistra, e su tutti “La Repubblica”, gioisce perché giustizia è stata fatta, dando adito di fatto alle interpretazioni che vedono dietro a questi fatti solo delle mele marce che inquinano la bontà della polizia italiana. Una rappresentazione che lo stesso Manganelli si è affrettato a confermare con le sue ridicole dichiarazioni.

Pensare che da oggi vivremo in un paese più giusto in cui la polizia non potrà più agire indiscriminatamente con la sicurezza dell’impunità è pura illusione. Quotidianamente, nelle strade e nelle carceri, le forze dell’ordine si rendono protagoniste di abusi e violenze che spesso rimangono sotto silenzio coperte dall’omertà di media e magistratura. In Val di Susa abbiamo visto più volte e oggi, con la prima udienza del processo contro i No Tav, ricordiamo le giornate del 27 giugno e del 3 luglio per cui 46 persone sono

imputate in un processo spettacolarizzato mentre nessun magistrato sembra interessarsi dei lacrimogeni ad altezza d’uomo, dei lanci di pietre e dei pestaggi operati dalle forze dell’ordine in quelle giornate.

Non sono i giudici a decidere qual è la verità, perché quella è la loro verità, ne tantomeno decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, perché quella è la loro giustizia.
Per tornare a Genova 2001 e saggiare questa giustizia basta confrontare l’esito giudiziario per i massacratori della Diaz e quello per i manifestanti: nei prossimi giorni la Cassazione deciderà anche delle condanne riguardanti 10 ragazzi che erano nelle strade di Genova 11 anni fa, in questo caso la costruzione accusatoria ha evitato il sopraggiungere della prescrizione e 10 persone rischiano complessivamente 100 anni di carcere per qualche vetrina rotta e poco più.

Comments ( 1 )

  • Leggevo su Repubblica Napoli un articolo di qualche anno fa inerente alla condanna per i fatti della caserma Rainero in tutto e per tutto simili a quanto accadde alla Diaz solo pochi mesi più tardi. Secondo la difesa e l’intera corte i reati dei poliziotti commessi a danno dei prigionieri non potevano essere condannati poiché stavano compiendo “solamente” il loro dovere; come a sottolineare che non è rilevante come viene compiuto il proprio dovere, l’importante è che i diversi, i facinorosi, vengano repressi (nel sangue, si capisce).
    Per i fatti di Raniero (manifestanti presi a random, sequestrati dagli ospedali dove erano ricoverati per lesioni anche gravi dovute ai precedenti scontri, uno scenario che si sarebbe ripetuto in maniera più ampia e amplificata alla Diaz) per lo meno i poliziotti vennero puniti per sequestro di persona; magra consolazione, lo so, ma almeno fu fatto qualcosa.
    Invece la condanna a cinque anni di sospensione per i vertici della polizia mi sembra più un contentino, arrivato giusto giusto qualche giorno prima della sentenza per saccheggio che pende sui dieci ragazzi, della serie “Non vi dovrete lamentare della loro sentenza, anche i poteri forti sono stati puniti”.
    Un’ennesima mossa politica, della politica più becera.
    Tra l’altro per i dieci ragazzi in questione nessuno (ai vertici) parlerà di come sia una perdita per la società la loro incarcerazione, mentre per questi cinque capi di polizia -che hanno non solo massacrato (fatto massacrare, ma è lo stesso, la mano che colpiva era anche la loro) delle persone inermi nel cuore della notte, ma anche cercato di infangare le prove della loro colpevolezza- tutti si prodigano in parole di compianto, perché loro qualcosa di bene per la società l’hanno fatto, combattendo la criminalità organizzata…
    come se le vite umane che quelle notti di luglio hanno contribuito a stroncare, non solo nel corpo ma anche nello spirito, non valessero quanto i boss mafiosi arrestati.

    Tornando alla questione principale del poliziotto non punibile perché sta semplicemente compiendo il proprio dovere, quello che il caso Diaz ha contribuito a confermare è che in uno stato di polizia come quello in cui ci troviamo non vi è mai giustizia per chi viene represso, ed è una cosa che fa piangere lacrime amare, ma accresce il desiderio di lottare.

    Io il 21 luglio 2001 compivo dieci anni, a Genova non c’ero ma questo non mi dà il diritto di ritenermi estranea a quanto accadde. Le parole e il ricordo di mia mamma di quei giorni, la sua rabbia sono diventati la mia rabbia, le sue parole urlate contro lo schermo della tv mentre facevano passare ancora gli atroci schizzi di sangue, le teste sfracellate, le labbra tumefatte, mi rimbombano ogni giorno in testa quando penso alla Diaz. Come si sono permessi di fare uno schifo del genere, queste le sue parole.

    ANCORA FISCHIA IL VENTO.