«Non potevamo arrestare Niki», lui però è morto
- marzo 06, 2015
- in carcere, malagiustizia, malapolizia
- Edit
La procura di Firenze che condusse nel 2008 l’operazione premium da cui scaturì l’arresto di 17 persone – tra le quali Niki Aprile Gatti, morto nel carcere di Sollicciano in circostanze poco chiare – non aveva competenza sul caso. È quello che è emerso durante l’udienza preliminare della settimana scorsa celebrata dopo ben sette anni dagli arresti preventivi.
Un caso clamoroso: i pm fiorentini che nel 2008 spedirono in custodia cautelare decine di indagati – tra i quali pezzi grossi come Piero Mancini, allora presidente dell’Arezzo e imprenditore di successo, e Giovanni Cappietti – non avevano competenza sul caso: spettava invece al la procura di Arezzo occuparsi della presunta associazione a delinquere finalizzata alle truffe telematiche con i numeri 899.
Una vicenda inquietante, un tortuoso percorso giudiziario dalle tinte fosche se si pensa che nell’ambito di quella inchiesta muore Niki Aprile Gatti.
Noi de Il Garantista abbiamo raggiunto Ornella Gemini – la madre del ragazzo che da anni lotta per avere verità e giustizia – e commenta la notizia con dolore: «Apprendo che i giudici fiorentini nemmeno dovevano aprire l’inchiesta per cui Niki era indagato, apprendo che eventualmente la procura doveva essere quella di Arezzo, apprendo che riparte tutto da lì e che tutto ciò che si è svolto è stato azzerato!».
Ornella Gemini a questo punto continua con dolore e rabbia : «Azzerato? Hanno azzerato anche mio figlio portandolo a Firenze. Ma a questo punto mi domando se mio figlio a Sollicciano ci doveva stare, oppure non era il carcere di competenza? Hanno azzerato il riciclaggio di denaro sporco a favore di un’associazione mafiosa, azzerato tutto. Si riparte da zero. Come si azzerano i presunti contatti con la mafia?».
La madre di Niki non si dà pace: «Da zero? E mio figlio che era in custodia ”cautelare” come è stato cautelato dallo stato Italiano? Portandolo in un carcere duro e ”lasciandogli” i lacci? Consegnandogli un telegramma che non avrebbero dovuto ricevere visto che era in isolamento? Affiancandogli un avvocato che nulla aveva a che fare con il nostro contesto? Mettendolo in cella da incensurato con due detenuti ad alta pericolosità? Non consentendogli di fatto i contatti con la famiglia? Cosa devo pensare. che se si fosse avvalso della facoltà di non rispondere oggi sarebbe vivo? Devo pensare che è stato tutto un errore e che tutto verrà archiviato o prescritto? E perché hanno svaligiato il suo appartamento dopo la morte, queste persone cosa cercavano?».
Ornella continua: «Che azzerassero allora anche le archiviazioni per suicidio! Visto che mio figlio mai si sarebbe suicidato, devo pensare che non sono stati valutati a Firenze tutti gli elementi che avevano a disposizione?». E conclude: «Non ci ho creduto neppure per un attimo, così come non lo crede chi ha conosciuto Niki in vita e chi ha avuto modo di conoscere la sua vicenda attraverso il suo blog. Cosa devo pensare che ho perso un figlio che era la mia vita per errore? Sono pronta ad azzerare tutto, fatemi tornare a casa mio figlio, una casa in cui dal 24 giugno 2008 non si vive più!».
La vicenda di Niki Aprile Gatti è piena di ombre. Muore all’età di 26 anni nel carcere di Sollicciano il 24 giugno del 2008, all’interno della cella numero 10, IV sezione. Era in carcerazione preventiva da appena quattro giorni. Ufficialmente si sarebbe suicidato con un laccio delle sue scarpe annodato alla grata della finestra del bagno.
Ma per i familiari ci sono elementi e discordanze che fanno pensare a un suicidio simulato: il verbale del carcere attesta un sereno dialogo tra Niki e un agente alle ore 10 del 24 giugno, stessa ora e data in cui la perizia indica la morte di Niki; c’è il dubbio sul fatto che un laccio di scarpe possa sorreggere il peso di un uomo di 92 chilogrammi; ci sono testimonianze discordanti dei due compagni di cella; c’è la presenza illegittima dei lacci di scarpe nella cella con due detenuti autolesionisti e ad alta sorveglianza; l’autopsia in un primo momento parla di impiccagione con strisce di jeans, nonostante l’evidenza del segno sottilissimo sul collo e la restituzione dei medesimi pantaloni intatti.
Niki Aprile Gatti viene arrestato il 19 giugno del 2008 a San Marino, insieme ad altre diciassette persone, con l’accusa di presunta frode informatica nell’ambito dell’inchiesta Premium: incriminate la Oscorp SpA (dove lavorava Niki), Orange, OT&T e Tms, tutte residenti a San Marino; la Fly Net di Piero Mancini, Presidente dell’Arezzo Calcio, più altre “società offshore” con sede a Londra.
L’inchiesta Premium è stata avviata grazie alle denunce di migliaia di utenti di Firenze e Arezzo truffati a causa della tariffa maggiorata degli 899 o attraverso connessioni illegali a internet. Tale inchiesta si è andata a intrecciare ad altre indagini che approdano al filone perugino legato alle dichiarazioni del pluripentito – e molto spesso smentito per le sue dichiarazioni fasulle – Salvatore Menzo: mafia, broker che viaggiavano tra Londra e l’Italia, business di compagnie telefoniche, odor di riciclaggio riciclaggio di denaro sporco tramite società finanziarie, omicidi, conoscenze importanti come un esponente importante della Guardia di Finanza. Uno degli indagati dell’inchiesta Premium era stato intercettato mentre parlava con il mafioso Salvatore Menzo per aiutarlo a riciclare il denaro – si parla di 55 milioni di euro – tramite lo Stato di San Marino.
Niki Aprile Gatti non viene trasferito al carcere di Rimini così come avviene per gli altri 17 arrestati, ma, solo fra tutti, presso quello di Sollicciano.
Al termine dell’interrogatorio di garanzia, Niki è l’unico tra gli indagati a non avvalersi della facoltà di non rispondere. Si dichiara innocente e vuole uscire dal carcere al più presto. Nonostante ciò, gli viene confermata la custodia cautelare: poche ore più tardi, nella mattinata di martedì 24 giugno 2008, Niki viene trovato morto dai suoi compagni di stanza.
La madre, Ornella Gemini, viene avvisata direttamente sul suo cellulare: rito inusuale e senza rispetto del protocollo. Niki, secondo i familiari e gli avvocati, è stato ucciso proprio perché, da innocente, forse poteva rivelare alcuni elementi che avrebbero potuto creare enormi problemi.
Il Magistrato Lupi ha archiviato definitivamente la morte di Niki come suicidio. Ma senza chiarire le contraddizioni ben esposte dall’opposizione fatta dai familiari della vittima.
La prima opposizione fatta dalla famiglia, tra l’altro, sparì misteriosamente nei meandri della Procura. Così come sparirono i computer nell’appartamento di Niki a San Marino e che non furono mai sequestrati dalla Procura di Firenze: ma Niki non era stato arrestato e rinchiuso preventivamente in galera proprio per reati informatici? Ad oggi, domande senza risposta e con un’altra inquietante notizia: la Procura di Firenze non era di competenza e il processo si è azzerato. La prescrizione è vicina.