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«Questa polizia sa di fascismo»

Pubblichiamo l’intervista integrale rilasciata da Italo Di Sabato, coordinatore dell’Osservatorio sulla Repressione ad Attilio De Alberti del quotidiano on line “Lettera 43″

Gli agenti del G8? «Impuniti. Liberi di torturare e uccidere», dice a L43 Di Sabato dell’Osservatorio sulla repressione: «Tortosa è l’emblema, non una mela marcia».

di Attilio De Alberi

Mentre il parlamento si appresta ad approvare la legge sul reato di tortura (è passata alla Camera, ora torna al Senato), fuori dai palazzi della politica non si placa il dibattito sulla sentenza della Corte europea per i Diritti dell’uomo, che il 7 aprile ha condannato l’Italia per i fatti del 2001 alla Diaz.

TORTOSA INSULTA GIULIANI. Una settimana più tardi, martedì 14, il celerino romano Fabio Tortosa ha rivendicato su Facebook quanto fatto dalla polizia nella scuola genovese.
Lui, allora tra le fila del VII nucleo sperimentale, su Facebook ha scritto: «Io sono uno degli 80. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte».
Parole che hanno infiammato la polemica, ancora una volta. Tortosa ha rincarato la dose, attaccando Carlo Giuliani, il ragazzo no global che venne ucciso per legittima difesa da un carabiniere mentre tentava di colpirlo con un estintore. Lo ha definito una «merda», augurandosi «che sotto terra faccia schifo anche ai vermi».
«CORPORATIVISMO FASCISTA». La madre di Carlo, Haidi, oggi è presidente onorario dell’Osservatorio sulla repressione, creato nel 2007 e il cui co-fondatore Italo Di Sabato, studioso di sociologia, raggiunto da Lettera43.it spiega: «Le forze dell’ordine si sentono minacciate da una legge che aiuterebbe a prevenire e punire come si deve il reato di tortura».
Ma purtroppo il testo arrivato alla Camera è una «mediazione al ribasso», frutto di «un’alleanza del Pd con tutta la destra».
«Non credo nella teoria delle poche mele marce», dice Di Sabato. «Questo corporativismo sa tanto di fascismo strisciante».

 

  • Un momento di tensione durante il G8 del 2001. Nel riquadro, Italo Di Sabato, co-fondatore dell’Osservatorio sulla Repressione.

 

Qual è il compito principale dell’Osservatorio sulla Repressione?

Per monitorare e studiare tutti i fenomeni di repressione da parte dello Stato nei confronti di quei cittadini che lottano attraverso i movimenti per una società e quindi una vita migliore nel campo del lavoro, della salute e dell’ambiente, ma anche per registrare i casi di repressione nei confronti di singoli individui più deboli perché non organizzati come drogati e migranti.

Da dove parte, a livello personale, questa tua iniziativa?
Beh, anch’io ero a Genova durante i fatti del G8 e insieme a tanti altri sono stato vittima della repressione. Vorrei subito fornire un dato: dal 2001 abbiamo registrato ben 17.000 casi.

Come testimone dei fatti di Genova, cosa pensi dell’omicidio di Carlo Giuliani?

Esso rappresenta il punto più alto della violenta repressione subita nelle strade di Genova, insieme alle torture e alle sevizie alla Diaz e Bolzaneto. L’omicidio di Carlo, da vicenda-simbolo delle violenze delle forze di polizia è diventata una gigantesca rimozione. E così si perde un nesso causale fondamentale: gli abusi di oggi sono figli di un’involuzione delle forze dell’ordine, a sua volta figlia di un percorso culturale che ha sancito il declassamento dei diritti tra le priorità dei cittadini e della politica. Sarebbe opportuno che la stessa politica e i media nazionali chiedessero oggi, a distanza di quasi 14 anni, a fronte anche della sentenza della Corte Europea sulle torture, almeno “scusa”. Questo sarebbe un parziale e tardivo risarcimento per l’omicidio di ragazzo di vent’anni che sognava un mondo migliore e anche la dimostrazione di una sincera volontà a far sì che queste vicende non si ripetano.

Ma oltre a studiare questi casi l’Osservatorio interviene?
Non interviene direttamente, ma ha contribuito a dar vita a una struttura separata e complementare: l’ACAD (Associazione Contro Abusi in Divisa Onlus ) che permette di denunciare ipso facto episodi di violenza ingiustificata da parte delle forze dell’ordine.

Una specie di Telefono Azzurro?
Esattamente: esiste infatti un numero verde operativo 24 ore su 24 ( 800 588 605 ) che uno può chiamare non solo per denunciare un fatto, ma anche per chiedere eventualmente un aiuto legale.

Come vedete in generale il ruolo della polizia?
Il governo teme il conflitto sociale e soprattutto la possibilità di una saldatura stabile tra le varie componenti della protesta. E’ in atto un processo di militarizzazione delle polizie che sono addestrate a muoversi e combattere negli “ambienti urbani” ove occorre isolare quartieri, edifici, abitazioni. Non a caso sono stati aboliti di fatto i concorsi per il reclutamento nelle polizie, riservandoli ai soli militari che hanno fatto la ferma volontaria e quindi esperienze nelle guerre in Iraq, Balcani, Bosnia, Afghanistan. Da quando l’Italia si è impegnata a nelle cosiddette guerre umanitarie, nuove aree sono state attrezzate per l’addestramento. Qui gli stessi reparti di polizia militare vengono preparati, in realtà, per l’impiego di ordine pubblico sul territorio nazionale. Sono poi gli stessi che operano a guardia di siti di rilevanza nazionale: cantiere No Tav in val Susa, discariche, termovalorizzatori, ecc. Di fronte a questo scenario non si può restare in silenzio.

Vedete il vostro osservatorio come un’organizzazione politica?
Inevitabilmente. E devo aggiungere che dietro le nostre azioni c’è una precisa analisi della società attuale.

Che tipo di analisi?
Detto in due parole, noi crediamo che dietro tutta questa repressione esista un piano conscio o subconscio di difesa di un certo tipo di società. Il paradigma di partenza è quello neo-liberista: da questo e dai danni sociali che continua a provocare nasce la necessità di controllare i cittadini e di difendersi da tutti quelli che non sono d’accordo con il modello dominante. E’ un gioco di potere vecchio come il mondo.

Ma quello che tu descrivi come “paradigma neo-liberista” coinvolge tutta l’Europa oggigiorno, e non certo solo l’Italia. Il nostro Paese si distingue forse per la repressione? E se sì, perché?

In Italia da oltre 40 anni ormai si vive dentro una continua “emergenza” che di fatto comporta uno “Stato di eccezione permanente” che è il miglior paradigma di interpretazioni delle forze più avanzate della governance contemporanea. Una dichiarazione di guerra verso un nemico interno che viene individuato nei movimenti e nelle lotte sociali.

Perché pensi che la legge sulla tortura in arrivo sia una beffa?

Perché la tortura viene vista come un reato generico. Inoltre non è previsto risarcimento, mentre è prevista la prescrizione. Molti dicono che è meglio una legge imperfetta che nessuna legge. Non sono d’accordo e, ironicamente, non è d’accordo neppure il senatore Luigi Manconi (PD), autore della proposta originaria.

Quindi stai dicendo che una legge originariamente buona è stata annacquata o addirittura storpiata?

Esattamente. E da qui nasce l’opposizione ad essa che ahimè viene solo dal M5S e dal SEL.

Quindi si può parlare di una specie di patto del Nazareno a favore di questa legge claudicante?

Non andrei così lontano. Si tratta di una classica mediazione al ribasso grazie a un’alleanza parlamentare del PD con tutta la destra per difendere certe prerogative che non ho difficoltà a descrivere corporative. Mi riferisco al corporativismo delle forze dell’ordine che chiaramente si sentono minacciate da una legge che aiuterebbe a prevenire e punire come si deve il reato di tortura. Non credo nella teoria delle poche mele marce. E aggiungerei che purtroppo questo corporativismo sa tanto di fascismo strisciante.

So che vi state preparando per il 1° maggio a Milano in occasione dell’inaugurazione dell’Expo.

Sì, e devo dire che siamo preoccupati. Si sta creando un clima di paura preventiva di fronte alla dichiarata opposizione di molti movimenti allo “scandalo” Expo2015.

Forse una ripetizione del G8 di Genova?

Speriamo proprio di no, ma dobbiamo essere vigili.

Avete chiesto una specifica audizione alla Commissione Europea per Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni a Strasburgo. Com’è stata accolta?

Bene, ma a seguito del caso Charlie Hebdo, per motivi di sicurezza, il meccanismo delle audizioni si è rallentato. Penso che, al massimo entro la fine di quest’anno, la nostra petizione verrà accolta.

Cosa ne pensi dell’uscita su FB di Fabio Tortona, il poliziotto della Diaz che dichiara “Io ci rientrerei mille e mille volte”?

Ormai ai membri delle forze dell’ordine è consentito tutto: si può torturare, si può uccidere, dire il falso, si può depistare e nonostante tutto rimanere a libro paga di tanti cittadini onesti, e alla fine… essere, forse anche premiati (come per i tanti super poliziotti presenti alla “macelleria messicana” di Genova), oppure applauditi come è accaduto per i poliziotti che hanno assassinato Federico Aldrovandi. Mi chiedo se per Alfano, per il capo della Polizia Pansa, si tratti sempre delle solite poche “mele marce”, o se invece questo ignobile e vergognosa esternazione social non dia piuttosto il senso compiuto di quello che sono oggi le forze della repressione a cui questo potere (sia di centrodestra, centrosinistra o larghe intese) garantisce encomi e impunità.