A16 anni era diventata una star di Internet come simbolo palestinese. L’adolescente Ahed Tamimi lo scorso dicembre era divenuta simbolo della lotta dei palestinesi dopo la diffusione di un video su Facebook in cui si vede la teenager, facilmente riconoscibile per i capelli ricci chiari, spintonare, schiaffeggiare e scalciare due soldati israeliani che lo scorso 15 dicembre, durante le manifestazioni contro Gerusalemme capitale, cercavano di entrare nella sua abitazione nel villaggio di Nabi Saleh, un villaggio della Cisgiordania.
Adesso a qualche mese di distanza è stata condanna a otto mesi con la Corte militare di Ofer nei Territori palestinesi.
Secondo la sua legale Gaby Lasky, l’accusa e la difesa hanno concordato per lei quella pena dopo che sono state cancellate diverse imputazioni che erano state avanzate in un primo tempo.
Secondo il quotidiano Haaretz come parte dell’accordo la ragazza dovrà dichiararsi colpevole di quattro dei 12 capi d’imputazione di cui era accusata, tra cui aggressione e incitamento alla violenza. Dovrà inoltre pagare 5mila shekel di multa ( quasi 1200 euro).
Di conseguenza la giovane attivista sarà rilasciata la prossima estate. Il processo della Tamimi che ha destato grande attenzione nei media internazionali – si è svolto finora a porte chiuse per volere del giudice secondo il quale il provvedimento viene di norma adottato “a protezione dei diritti dei minori”.
Tamimi ha trascorso quattro mesi in detenzione finora e il suo arresto ha scatenato le critiche dei gruppi internazionali per i diritti umani e dell’Unione europea contro il sistema giudiziario israeliano per il trattamento discriminatorio dei minorenni palestinesi che osano sfidare la repressione in Cisgiordania. La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia stabilisce che l’incarcerazione di un minore deve essere una misura di «ultima istanza» e deve avere una durata «più breve possibile».
Amnesty International, dopo l’arresto di Ahed Tamimi, ha lanciato una petizione internazionale per il suo rilascio, firmata da oltre 1,7 milioni di persone. Per l’Ong israeliana B’tselem, il caso di Ahed è rappresentativo del ruolo delle corti militari minorili e del sistema che ogni anno sottopone «centinaia di minori palestinesi allo stesso scenario».