­
­
Menu

Almasri, le accuse dei torturati: «L’Italia ci ha negato giustizia»

I racconti da brivido dei Refugees in Libya nella sala stampa della Camera. Le opposizioni: questa l’unica vera informativa. I ministri Nordio e Piantedosi disertano l’Aula: «Ora c’è il segreto istruttorio»

di Giansandro Merli da il manifesto

«Ho conosciuto Elmasry perché il 29 novembre 2019 sono stato intercettato dalle milizie libiche che si fanno chiamare “guardia costiera” e portato nel centro di Tarik-al-Sikka. Mi hanno venduto due volte fino all’arrivo a Mitiga, prigione gestita dall’uomo che il governo italiano ha liberato e riportato in Libia. Lì ho subito ogni forma di tortura». «Sono uno dei migranti finiti nelle prigioni di Elmasry. Sono una delle sue vittime. Mi ha picchiato personalmente con un grosso bastone in un centro sotterraneo dove non si distingueva il giorno dalla notte». A David Yambio e Lam Magok, sud-sudanesi, bastano poche parole per mostrare il risvolto della ragion di Stato sui corpi dei migranti, per mettere in ridicolo il vittimismo della presidente Giorgia Meloni. Nella sala stampa della Camera cala il silenzio.

YAMBIO E LAM mostrano le foto, pubblicate in un libro, di quando erano schiavi nei centri realizzati in Tripolitania con il sostegno italiano ed europeo. Sono riusciti a fuggire, attraversare il mare, creare il collettivo Refugees in Libya, portare le loro denunce alla Corte penale internazionale e ora anche al parlamento italiano. Le pause nel discorso, le sfumature della voce, le espressioni sul volto mostrano tutta la loro sofferenza. «Mentre eravamo prigionieri ho detto a Lam: un giorno otterremo giustizia. In quel periodo per parlare con i giornalisti e far sapere al mondo quello che ci stava accadendo rischiavo la vita – dice Yambio – Ed ecco cosa abbiamo oggi: una grande delusione. Questo sarebbe dovuto essere un giorno di festa, il governo italiano ci avrebbe dovuto chiamare e dire: abbiamo arrestato il vostro torturatore, potete avere giustizia. Invece è di nuovo in Libia».

IL PENSIERO È SOPRATTUTTO per le migliaia di «fratelli e sorelle» che si trovano ancora nei centri di tortura, «vittime di sparizioni forzate, violenze e schiavitù», e per tutti quelli che subiranno nuove vessazioni da Elmasry. «Ho sentito che la presidente Meloni una volta ha detto: “Sono una madre, sono cristiana”… ma allora come è stato possibile rimandare indietro un criminale che uccide i bambini?», aggiunge Magok. Che racconta un’altra storia terribile vissuta in un centro gestito dal libico: «Mi hanno costretto a rimuovere i cadaveri di soldati uccisi negli scontri e di migranti morti in detenzione. Senza guanti e senza mascherina. I miliziani si tenevano a distanza, quei corpi erano stati abbandonati per giorni. Non lo dimenticherò mai». Entrambi raccontano che qui in Italia continuano gli incubi per quanto vissuto al di là del mare. Incubi che hanno la faccia di Elmasry.

I RAPPRESENTANTI di Refugees in Libya hanno scritto una lettera indirizzata a Meloni, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, al Guardasigilli Carlo Nordio e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. «Non si può affermare di combattere il traffico di esseri umani mentre si fanno accordi con chi ne trae profitto», si legge prima delle quattro richieste rivolte al governo. Stop a tutti gli accordi tra Italia e Libia che consentono abusi nei confronti dei migranti; impegno per il rilascio di quelli imprigionati a Mitiga e negli altri centri; spiegazione del perché Elmasry è stato liberato; percorsi legali per far arrivare in Italia le persone incarcerate nel paese nord africano e riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli per l’ottenimento dei visti umanitari.

LE LETTERE sono consegnate agli esponenti del centro-sinistra perché facciano da tramite. In sala ci sono tutti i partiti d’opposizione. «Oggi un’informativa sul caso Elmasry c’è stata. Ed è stata un bagno di verità, dura, come succede quando le storie di persone in carne e ossa irrompono sulla scena», scrivono Pd, Avs, M5S, Az, Iv, +Eu in una nota congiunta che polemizza con la scelta dei ministri di non presentarsi in Aula. Poche ore prima Piantedosi e Nordio avevano comunicato ai presidenti di Camera e Senato che le informative previste erano sospese per rispettare il «segreto istruttorio» sulla vicenda, dopo l’arrivo degli avvisi di garanzia.

IN SALA STAMPA c’è spazio per un’ultima riflessione: «Quelle di rifugiato o migrante sono etichette di cui non ci libereremo mai – dice Yambio – Ci perseguitano perché sono associate a cose negative. Ma siamo esseri umani. Non costituiamo alcun pericolo o minaccia per l’Italia e l’Europa. Siamo noi a vivere in pericolo ogni giorno».

Noi vittime delle torture di Almasri ci siamo illusi che l’Italia potesse fare giustizia Pubblichiamo la loro lettera, indirizzata a Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovano

Egregio presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ministro Matteo Piantedosi, ministro Carlo Nordio e sottosegretario Alfredo Mantovano,

vi scriviamo in qualità di portavoce dei Rifugiati in Libia ma anche come vittime e sopravvissuti di Osama Najim Almasri. I nostri corpi portano i segni dei suoi crimini e le nostre menti sono piene di ricordi che nessun essere umano dovrebbe sopportare. Quando Almasri è stato arrestato a Torino, abbiamo creduto, anche se per poco, che la giustizia potesse raggiungere quelli di noi che hanno conosciuto solo la sofferenza.

Ma voi ci avete tolto questa speranza, rispedendolo in Libia, dove continuerà a fare del male ad altri, come ha fatto a noi. Il dolore per questo tradimento è profondo. È lo stesso dolore che ci portiamo dietro da anni. Siamo venuti in Italia in cerca di protezione e siamo grati per la sicurezza che abbiamo trovato.

Ma la nostra dignità, rubata in Libia, è stata rubata di nuovo qui. L’Italia era un Paese in cui credevamo, un Paese che parlava di giustizia e di diritti umani.

Ma la giustizia non ci è stata data. Al contrario, abbiamo assistito alla liberazione dell’uomo che ci ha torturato. E mentre scriviamo questa lettera, altri stanno ancora soffrendo sotto lo stesso sistema che ci ha brutalizzato. Oggi i migranti in Libia vivono in condizioni peggiori delle prigioni.

Vengono torturati per ottenere un riscatto, venduti come proprietà, violentati, affamati e lasciati morire. Quelli che si trovano ancora nella prigione di Mitiga, dove Almasri ha costruito il suo impero di crudeltà, non conoscono altro che il dolore. La stessa Libia con cui lavorate, finanziate e a cui stringete la mano è diventata una terra di sofferenza infinita per chi non ha potere. Ora sappiamo che l’Italia non ha solo le dita in Libia, ma ha le mani intere sepolte nei suoi affari e può dire chi è libero o meno. Non siete solo testimoni di ciò che accade in quel Paese, ma contribuite a plasmarlo.

Non si può affermare di combattere il traffico di esseri umani mentre si fanno accordi con chi ne trae profitto. Non potete definire Almasri “pericoloso” mentre lo proteggete dalla giustizia. Non potete definirvi difensori dei diritti umani mentre lasciate le persone a marcire nelle prigioni libiche. Pertanto,

Vi chiediamo:

1.La cessazione immediata di tutti gli accordi tra Italia e Libia che consentono abusi nei confronti dei migranti.

2.Un impegno pubblico per chiedere il rilascio di tutti coloro che sono ancora imprigionati a Mitiga e in altri centri di detenzione in Libia.

3.Una spiegazione ufficiale del perché Almasri, che il vostro stesso Governo ha definito pericoloso, sia stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale.

4.Un percorso legale per i migranti intrappolati nei centri di detenzione libici, compresa la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Tripoli per l’ottenimento di visti umanitari. La giustizia non può essere selettiva. Non può servire i potenti mentre gli impotenti vengono scartati. L’Italia deve rispondere delle sue scelte.

Cordiali saluti,

David Yambio, Lam Magok e le vittime di Osama Najim Almasri

Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000 

News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp