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Almeno 93 i prigionieri malati deceduti nelle galere turche nel 2022 e 2023. In maggioranza curdi

In Turchia le “carceri di sterminio” lavorano a pieno ritmo. E mentre proseguono le retate di militanti curdi (sia in Bakur che a Instanbul, anche contro le madri dei desaparecidos), altre nuvole scure si vanno addensando sul destino dei prigionieri.

di Gianni Sartori

Sono soprattutto curdi i detenuti malati deceduti in carcere negli ultimi 17 mesi (da gennaio 2022 a maggio 2023).

In una dichiarazione dell’Associazione per i diritti dell’uomo (İHD) si legge che “il governo sta applicando la legge del taglione”. Ma forse si dovrebbe parlare di “rappresaglia”.

Le politiche adottate da Ankara nelle carceri mostrano con ogni evidenza la loro natura discriminatoria. Infatti un gran numero di prigionieri gravemente ammalati, in molti casi ormai in fine di vita, non vengono rimessi in libertà per ragioni legate alla loro identità politica o di origine etnica.

Sempre stando ai dati forniti da İHD sono “78 i prigionieri deceduti nel 2022 e 15 nei primi cinque mesi del 2023”.

In maggioranza abbandonati al loro destino anche per le discutibili (“controverse”) valutazioni dell’Istituto di medicina legale (ATK, accusato da İHD di essere “al servizio del governo”) e spesso perché le cure necessarie sono state negate.

Senza tener poi conto delle numerose morti sospette di altri detenuti nello stesso arco di tempo.

Attualmente sarebbero almeno 1517 i prigionieri malati e 652 di loro in condizioni critiche. Non rientra più nella lista Abdulhalim Kırtay, già gravemente ammalato, liberato il 22 marzo e deceduto il 12 maggio. Come si disse per Luther King e Bobby Sands “Libero alla fine”.

Un altro prigioniero, il trentenne Behçet Kaplan condannato a 15 anni per presunta appartenenza al PKK,  è morto il 15 maggio (tre giorni dopo Kirtay) nel carcere di tipo T di Ahlat.

Ancora in vita invece Mehmet Emin Özkan, contemporaneamente “vecchio e gravemente ammalato” (come ricordava İHD), ma a quanto sembra destinato a restare rinchiuso fino alla fine dei suoi giorni.

Dalla Commissione carceri della sezione di Izmir di İHD viene un’ulteriore denuncia. Il diritto ai trattamenti sanitari avrebbe subito ulteriori restrizioni per i prigionieri politici. Tra l’altro i detenuti ammalati non vengono portati in ospedale con l’ambulanza, ma con i mezzi della polizia. Per cui talvolta essi stessi si rifiutano di essere trasferiti. Ormai alcune prigioni turche si sarebbero trasformate in “anticamera della morte”: Suggerirei anche “carceri di sterminio”.

Ma non certo per qualche altra categoria di “detenuti politici”, quelli legati a movimenti filogovernativi come i “Lupi grigi” o l’Hezbollah turco (Türkiye Hizbullahı), movimento armato sunnita, utilizzato contro i curdi e la sinistra rivoluzionaria turca (niente a che vedere con quello storico, sciita, del Libano). Molti di loro sarebbero stati recentemente rimessi in libertà per decisione diretta di Erdogan

E intanto, come segnala l’agenzia Mezopotamya, continuano gli arresti. Nella mattinata del 24 maggio, per il secondo giorno consecutivo, vere e proprie retate di militanti curdi (22 esponenti di Yeşil Sol Parti accusati di “terrorismo”) si sono svolte in molte città e villaggi. Da Gaziantep (Dilok, distretto di Mardin Artuklu) a Kerboran (Dargeçit), Hezex (Idil, provincia diŞirnak) e Manisasi.

Tra gli arrestati a Manisa anche il candidato alle elezioni Ayşe Karagöz, Gülsüm Tozan (responsabile del partito per il distretto diSaruhanlı) e Kardelen Çetin (figlia di Hasret Çetin, co-portavoce di Yesil Sol ).

A Dilok sono stati incarcerati Abdurrahman Elmas (esponente del Consiglio dei giovani di Yeşil Sol Parti (Partito della Sinistra Verde, in curdo Partiya Çep a Keskdel) con Cengiz Uslu, Murat Basut e Bayram Ayhan.

A Sirnak, a seguito di numerose perquisizioni, i militanti curdi Hezex, Civan Karaviş, Ümit Geçgel, Yusuf Kargol, Murat Kavçin, Emrullah Kavçin e Rojhat Pişkin.

Talvolta le porte del carcere si sono aperte per intere famiglie o quasi.

Come a Mardin per i fratelli e le sorelle Ramazan e per Agit ed Heja Kalkan (oltre a Merve Oğuz e altre persone non identificate).

Così a Saraçoğlu (distretto di Artuklu) per Hividar e Berivan Taş.

Mentre Fırat Akar e Rojhat Altaş sono stati prelevati a Mêrdîn in seguito a un’inchiesta giudiziaria sull’Assemblea dei giovani di HDP.

Tra gli arresti “di gruppo” più eclatanti, quello di una decina di persone il 20 maggio durante  la 947° veglia delle “madri del sabato” (madri dei desaparecidos) in piazza Galatasaray a Istanbul.

Alla manifestazione avevano aderito anche Musa Piroğlu (deputato del partito democratico dei popoli, HDP), l’avvocato curdo Eren Keskin (presidente di İHD) e Ümit Efe, rappresentante della Fondazione turca dei diritti dell’uomo (TİHV).

Mentre i giornalisti venivano brutalmente allontanati, la polizia procedeva all’arresto di:

Hanife Yıldız, Eren Keskin, Besna Tosun, Ali Ocak, Sebla Aran, Gülseren Yoleri, Hasan Karakoç, İrfan Bilgin, Leman Yurtsever, Hünkar Hüdai Yurtsever, Nazim Dikbaş, Taylan Bekin e Ümit Efe.

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