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Amazon cede i dati alla polizia senza alcun mandato

Dopo diversi anni di speculazioni, alla fine Amazon ha ammesso di aver fornito alla polizia statunitense alcune registrazioni catturate dal suo spioncino Ring senza che le autorità abbiano dovuto fornire alcun tipo di mandato. Nel solo 2022 è capitato almeno undici volte. Si tratta di una nuova doccia fredda che ci ricorda quali siano i rischi nell’affidarsi a una digitalizzazione non accompagnata da opportuni dibattiti deontologici.

di Walter Ferri

Questo inedito spaccato è emerso lo scorso venerdì 15 luglio, giorno in cui il senatore statunitense Edward Markey ha deciso di divulgare i contenuti della missiva che Amazon gli ha inoltrato in risposta ad alcune perplessità sollevate sulla gestione della privacy da parte della Big Tech. Nella lettera, l’azienda ha confermato la pratica di vigilanza, quindi ha rivelato che 2.161 agenzie di polizia sono attualmente iscritte al suo programma di Servizio Pubblico di Sicurezza di Vicinato, un presupposto che, stando all’opinione espressa da un ingegnere informatico di Amazon nel 2020, “semplicemente non è compatibile con una società libera”.

Che i Ring prodotti e commercializzati dal gigantesco e-commerce fossero una risorsa inestimabile per le Forze dell’Ordine era in effetti già noto da diversi anni. Scavando nelle policy del prodotto in questione risulta infatti chiaro che la riservatezza degli audio e dei video raccolti sui server di Amazon sia sempre tutelata “ad eccezione dei casi d’emergenza”. Il sito di riferimento non chiarisce quando una situazione possa essere considerata emergenziale, tuttavia la Big Tech ha chiarito in un comunicato che il criterio di giudizio sia da considerarsi caso per caso e che questi sia dipendente da una “determinazione in buona fede” avanzata dallo staff aziendale. Se Amazon pensa che sia in atto un rapimento, un tentativo di omicidio o un qualche pericolo di morte, il personale fornisce alle autorità tutti i file necessari a sbrogliare il caso. Facendo sempre affidamento su quanto dichiarato sul portale ufficiale, questo approccio alle urgenze si estende anche alle nazioni extra-statunitensi, quindi anche all’Italia.

Dal canto nostro, ci sentiamo di raccomandare a tutti coloro che si sono dotati di questi strumenti di attivare quanto prima le opzioni di crittografia end-to-end, mentre a tutti gli altri sconsigliamo appassionatamente di fare affidamento a Ring o a qualsivoglia apparecchio omologo, soprattutto se si ha intenzione di archiviare i dati raccolti. Quando non sono dannosi, questi strumenti tendono a essere inutili. Nella maggior parte dei casi le imprese promuovono i videocitofoni di nuova generazione millantando risultati miracolosi nel campo della lotta ai furti in abitazione, tuttavia è la stessa polizia a confermare che non esistono statistiche capaci di dimostrare che i marchingegni in questione aiutino a combattere effettivamente il crimine. Anzi, visto che i cittadini statunitensi hanno la libertà di condividere i video dei propri spioncini digitali con le autorità, alcuni agenti lamentano che si sia instaurata in più aree una forma di vigilanza di vicinato che finisce con il rallentare, piuttosto che aiutare, i processi di indagine.

Per quanto riguarda il Bel Paese, nel 2015 l’Espresso sottolineava come le ruberie domestiche si traducano raramente in sentenze schiaccianti. Spesso a fare irruzione nelle dimore sono minorenni, soggetti non schedati o gang in trasferta, entità che difficilmente possono essere rintracciate o che comunque finiscono con il passare poco tempo in cella. Complice una quantità di risorse limitata, le indagini tendono quindi a focalizzarsi su quei casi in cui si ipotizza la presenza di bande organizzate, mentre i crimini secondari rischiano di rimanere impuniti. Un’ulteriore insidia è rappresentata dall’invasione della privacy altrui. Sebbene non sia del tutto illegale puntare telecamere di ripresa in direzione di spazi condivisi, esistono regole ben precise che normano una simile attività di vigilanza, quando ci sono di mezzo delle registrazioni, e non è detto che tutti gli utilizzatori di Ring e affini siano edotti sulle responsabilità legali a cui dovrebbero prestare invece attenzione.

da l’Indipendente