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Amnesty: «Discriminazioni e abusi della polizia nel lockdown»

Il rapporto «Sorvegliare la pandemia», scritto a partire dal monitoraggio di 12 stati europei nell’applicazione delle misure anti-Covid, ha fatto infuriare i sindacati di polizia. In Bulgaria utilizzati aerei per «disinfettare» un quartiere abitato da rom

Che la quarantena non fosse uguale per tutti si sapeva, che l’azione delle forze di polizia europee abbia discriminato alcuni gruppi sociali e presenti numerosi episodi di abusi lo ha detto ieri Amnesty International.

«Sorvegliare la pandemia» è l’ultimo rapporto indipendente dell’organizzazione, che ha monitorato tra marzo e aprile le misure anti-contagio adottate da 12 stati europei. L’analisi è stata condotta in: Belgio, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Romania, Serbia, Slovacchia, Spagna, Regno Unito e Ungheria. Amnesty denuncia dinamiche sistemiche di «razzismo istituzionalizzato e discriminazioni». Tre i campi di indagine: controlli rafforzati su migranti e rom; uso illegale della forza e violazioni della polizia; impatto sproporzionato delle sanzioni sui senza fissa dimora.

«I ROM che vivono negli insediamenti informali, i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti che vivono nei campi, hanno subito misure discriminatorie per contrastare la pandemia», scrive Amnesty. Invece di garantire dispositivi di protezione individuale, accesso all’acqua e beni di prima necessità a fronte dell’obbligo di restare a casa, in diversi luoghi le autorità hanno schierato eserciti e polizia per isolare gli insediamenti. A Jambol, in Bulgaria, sono stati utilizzati aerei per «disinfettare» un quartiere rom dove era presente un focolaio. In Francia, nel campo di Calais, la polizia ha continuato a vessare i rifugiati che vivono nell’accampamento anche durante il lockdown. Il presidente serbo ha schierato i militari per pattugliare Belgrado e mantenuto i rifugiati in un regime speciale anche dopo la fine dell’emergenza nazionale. Discriminazioni nell’applicazione delle misure anti-contagio sono registrate anche in Grecia, Ungheria, Slovacchia e a Cipro.

AMNESTY ha documentato episodi di uso illegale della forza e abusi di polizia in sei paesi. Nella Francia scossa nei giorni scorsi dalle mobilitazioni che chiedono giustizia per Adama Traoré, soffocato durante un fermo nel 2016, l’organizzazione ha verificato 15 video di violenze o ingiurie razziste o omofobiche tra il 18 marzo e il 20 aprile, denunciando tra gli altri il caso di una 19enne nera fermata da otto agenti per un controllo e colpita al torace con il taser in modalità «stordimento». Ad Atene la celere ha attaccato con i lacrimogeni dei ragazzi che sostavano nella piazza del quartiere Aghia Paraskevi. Due gli episodi in Italia: a Catania il 14 aprile un uomo è stato buttato a terra e manganellato mentre cercava di prendere un autobus; a Milano il 25 aprile dei ciclisti che, osservando il distanziamento, si stavano recando a omaggiare un monumento ai partigiani sono stati malmenati dagli agenti. Altri casi riguardano Belgio, Romania e Spagna. L’Ong ha anche criticato l’applicazione di misure punitive ai senza fissa dimora in assenza di provvedimenti sociali destinati a garantire loro un rifugio in cui osservare la quarantena. Diversi episodi di multe comminate a persone che non hanno una casa sono documentati anche in Italia.

IL RAPPORTO ha fatto infuriare i sindacati degli agenti. «Sconcertante si possa accusare impunemente la polizia», dichiara Valter Mazzetti, segretario Fsp. Di «partito anti-polizia» parla Gianni Tonelli del Sap, che chiede «telecamere per difenderci dalle calunnie». «Finita l’emergenza siamo tornati a essere i “punching ball” tra le istituzioni democratiche e chi cerca lo scontro con chi rappresenta lo stato», sostiene Felice Romano del Siulp. A queste dichiarazioni ha replicato in serata Amnesty affermando di «non comprendere la foga e i toni di alcuni sindacati di polizia frutto probabilmente di una lettura incompleta del rapporto», che riguarda l’operato delle polizie di 12 paesi europei e «anche singoli episodi relativi all’Italia».

Giansandro Merli

da il manifesto