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Ancora un teorema contro le lotte sociali

L’ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova ha reso esecutive pesantissime misure restrittive della libertà personale nei confronti di sei attivisti del movimento padovano. Si tratta dell’obbligo di firma quotidiana e dell’obbligo di tornare a risiedere nelle proprie città di origine con contestuale divieto notturno e obbligo di firma per cinque studenti fuori sede iscritti all’Università di Padova.
I fatti che vengono contestati sono pubbliche manifestazioni di dissenso come le mobilitazioni contro la riforma imposta dal Ministro Gelmini, le contestazioni in occasione della presenza in città del Presidente del Consiglio Berlusconi, le proteste contro la militarizzazione del Bo, a cui hanno partecipato, in forma conflittuale, centinaia o migliaia di persone, oltre alla reazione nei confronti della provocazione attuata dalla Lega Nord che, da un banchetto posizionato a ridosso di una manifestazione autorizzata, invocava l’annegamento in mare dei profughi provenienti dalla Libia.
Anticipando ogni decisione giudiziaria sono state imposte misure che colpiscono studenti fuori sede costringendoli ad allontanarsi dalla propria Università. Un vero e proprio confino. L’espulsione di un gruppo di studenti dalla città in cui vivono, studiano ed in cui stanno cercando di costruire per loro e per altri un futuro migliore.
A loro viene contestata la sistematica presenza in occasioni in cui pubblicamente e da migliaia di persone è stato manifestato il dissenso.
Ancora una volta il clima politico di Padova viene avvelenato dal linguaggio dell’emergenza, dalla riproposizione della logica del “teorema”, secondo cui ogni accadimento conflittuale non può che essere eterodiretto, governato da pochi e dall’alto.
Incapaci di guardare ciò che avviene in questo paese, sembra che alcuni non conoscano altro modo per spiegare ciò che accade in questa città. Non solo a Padova ma ovunque ci sono manifestazioni di conflitto e dissenso, dalla lotte (bandiere alla mano) degli operai della Fincantieri contro la perdita del posto di lavoro, a quelle degli abitanti della Val di Susa contro la ripresa dei lavori della Tav, dai conflitti dei precari a quelli per l’accoglienza e la libertà dei migranti.
L’ultimo a riesumare vecchie ed obsolete teorie è l’On. Naccarato che in più occasioni ha riproposto il suo teorema, cercando di disegnare una realtà che nulla ha a che vedere con il mondo che ci circonda in cui il conflitto, l’espressione del dissenso, sono l’ordine del giorno di intere generazioni e comunità in rivolta.
Facciamo appello a tutti coloro che ancora ritengono che il dissenso sia il sale della democrazia perché prendano posizione e chiedano che queste misure preventive lesive della libertà personale degli studenti siano immediatamente ritirate, nel rispetto delle libertà democratiche e del diritto allo studio. Perché il diritto al conflitto ed al dissenso, anche il più radicale, sia restituito alla frequentazione di chiunque dia un senso alla propria vita attraverso l’attivismo politico.
Contro il confino, contro il sequestro degli attivisti, contro la criminalizzazione del conflitto sociale.
Perché Padova torni a essere una città degna.