Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange è in condizioni psicofisiche talmente compromesse da poter morire in prigione. L’allarme arriva da più di 60 medici che hanno firmato una lettera aperta dove esprimono «serie preoccupazioni per la salute fisica e mentale di Julian Assange», attualmente detenuto in un carcere britannico di massima sicurezza.
Il fondatore di Wikileaks, dopo essere stato forzatamente rimosso dall’ambasciata ecuadoriana a Londra all’inizio di quest’anno, sta affrontando il pericolo di una possibile estradizione negli Usa.
Il gruppo di medici, provenienti da diversi paesi, ha chiesto che Assange venga portato in un ospedale universitario per accertamenti e cure, sostenendo che il suo stato psicofisico attuale non è idoneo a sostenere un processo il prossimo anno.
«Come medici – hanno scritto – vogliamo attirare l’attenzione del pubblico e del mondo su questa grave situazione. Se una valutazione e un trattamento così urgenti non dovessero aver luogo, siamo seriamente preoccupati che Assange possa morire in prigione. La situazione medica è quindi urgente».
La lettera, diffusa da WikiLeaks, è stata indirizzata al segretario della Camera britannico Priti Patel e a Diane Abbott, segretaria interna ombra dell’opposizione. I medici per fare la loro valutazione si sono basati su le «strazianti testimonianze oculari» della sua apparizione in tribunale del 21 ottobre a Londra, e vengono citati anche i numerosi rapporti sulla salute di Assange raccolti nel corso degli anni, comprese le valutazioni di Nils Melzer, il relatore speciale dell’Onu sulla tortura e i trattamenti crudeli, disumani o degradanti. A maggio, Melzer e un team di esperti medici avevano esaminato Assange concludendo che mostrava «tutti i sintomi tipici dell’esposizione prolungata alla tortura psicologica».
Il mese scorso nella sua apparizione in tribunale Assange è apparso confuso, ed è sembrato avere difficoltà a ricordare la sua data di nascita. Alla fine dell’udienza ha detto al giudice distrettuale di non aver capito cosa fosse successo in tribunale.
da il manifesto