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Argentina: Caso Maldonado, di fronte a possibilità che corpo ritrovato sia di Santiago la famiglia chiede rispetto e prudenza

Non c’è ancora chiarezza rispetto al cadavere trovato nel Río Chubut. La famiglia sta aspettando l’autopsia per ufficializzare la notizia nel caso si tratti veramente del corpo di Santiago Maldonado, attivista argentino scomparso il 31 luglio scorso dopo una manifestazione di protesta per la difese delle terre Mapuche, sfruttate e dilaniate dalla colossale azienda italiana Benetton.

Le autorità argentine nella giornata di ieri hanno reso noto  il ritrovamento di un corpo nel rio Chubut, a poche centinaia di metri da dove Santiago Maldonado è stato fatto sparire. La zona era già stata perlustrata tre volte alla ricerca di indizi.
Al momento ancora non è possibile ovviamente stabilire l’identità del corpo, si aspettano gli esami autoptici.

Per non farsi mancare niente – nella foto sotto un estratto del Corriere della Sera – i media italiani nel riportare la notizia si preoccupano solamente di difendere Benetton e di sottolineare che si tratta di una ferita aperta per questi ultimi che sono vittime degli attacchi degli indigeni argentini da diversi anni.

santiago maldonado cds

Riportiamo la traduzione del comunicato stampa fatto circolare dalla famiglia di Santiago.

Date le numerose versioni discordanti e bugie pubblicate in seguito al ritrovamento di un cadavere sulle anse del fiume Chubut, chiediamo cautela, prudenza e, soprattutto, rispetto per la nostra sofferenza in questo momento di incertezza, dal momento in cui non sappiamo ancora se si tratti di Santiago o meno. L’identità della persona trovata non è ancora stata accertata con sicurezza, per cui non rilasceremo nessuna dichiarazione finché non saranno concluse le indagini preliminari, che vedono coinvolti esperti e collaboratori di fiducia.
In queste ultime ore, si sono susseguite diverse dichiarazioni, circolano alcune immagini – molto forti e crudeli – che mettono a dura prova le buone intenzioni delle persone che le fanno girare.
Non vogliamo che ci sia distrazione alcuna e non vogliamo che questo tipo di divulgazione possa minare l’attenzione rispetto alle indagini.
A chi ci ha sostenuti in silenzio e con rispetto e a tutte le associazioni che ci hanno abbracciato in questi momenti difficili con amore e ci ha supportato dalla scomparsa di Santiago, chiediamo di continuare a sostenerci e accompagnarci, senza però far circolare false notizie, in attesa dell’esito delle indagini.
Giustizia per Santiago!!
Grazie a tutte e tutti.

MORE INFO: http://bit.ly/2x7LmvU

Ascolta la conferenza stampa della famiglia di Santiago Maldonado Ascolta o scarica

Dal 2015 la comunità mapuche lotta per la difesa del territorio in cui vive . Nel 1991 la ditta di abbigliamento italiana Benetton aveva acquistato un terreno di quasi un milione di ettari nella provincia del Chubut: qui pascolano quasi 100 mila pecore che forniscono il 10% della lana necessaria a fabbricare i capi dell’azienda trevigiana. Una porzione del territorio, però, è rivendicata dalla comunità indigena dei mapuche (da mapu, “terra”, e che, “popolo”) che, per protesta, ha iniziato a occupare alcuni terreni – dove sono sorti villaggi provvisori – e sabotare gli allevamenti, appiccando piccoli incendi per spaventare le greggi. La famiglia Benetton aveva dapprima cercato una mediazione con gli autoctoni – fallita – per poi rivolgersi al governo chiedendo protezione. Nel frattempo, però, il caso è montato in tutta l’Argentina e molte Ong si sono mobilitate in difesa dei mapuche. Negli ultimi mesi, Mauricio Macrì, presidente dal dicembre 2015, ha inviato le forze dell’ordine a sedare la rivolta.

Il 27 giugno 2017 la Gendarmeria civil ha arrestato Facundo Jones Huala, leader del movimento Resistencia ancestral mapuche e della protesta dell’omonima comunità. Il Cile – dove Huala è considerato un terrorista e ritenuto responsabile dell’incendio di un latifondo – ne ha chiesto l’estradizione al governo argentino. Nel frattempo, però, gli attivisti mapuche si sono riorganizzati e, chiedendo il rilascio di Huala, il 31 luglio hanno bloccato la Ruta 40, la leggendaria strada che percorre tutta l’Argentina. Al picchetto aveva preso parte anche Maldonado. Il primo agosto, il governo ha inviato la polizia a disperdere i manifestanti: nel farlo, gli agenti avrebbero utilizzato manganelli e proiettili di gomma, costringendo i dimostranti alla fuga verso il Rio Chubut. E proprio sulle sponde del fiume è stato visto per l’ultima volta Maldonado. Da allora del giovane non si è saputo più nulla.

Eppure, secondo le fonti a disposizione, il ritrovamento del cadavere è avvenuto a 300 metri a monte di Pu Lof, risalendo la corrente. Ma, soprattutto, è avvenuto in zone perlustrate più volte nel corso di questi 77 giorni, tanto dai sommozzatori della Prefettura Navale quanto dai membri della comunità Mapuche che assicurano come quel corpo, appena tre giorni fa, non si trovasse lì. “L’impressione – afferma Ariel Garzi, amico di Maldonado e teste nella causa – è che se sfortunatamente quel corpo appartiene a Santiago, significa che lo hanno portato loro”.

Anche Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace argentino, è scettico a tal proposito ed esprime forte preoccupazione per un ritrovamento sospetto che fa seguito a quasi tre mesi di montaggi, distrazioni e depistaggi messi in atto rocambolescamente dal governo Macri. Un ritrovamento, inoltre, che fa seguito anche, e forse soprattutto, a una serie di mobilitazioni e pressioni internazionali da parte della società civile, oltre che di vari organismi per i diritti umani, divenute sempre più scomode e difficili da gestire per un Paese con alle spalle una dittatura militare che ha contato almeno 30mila desaparecidos tra il 1976 e il 1983, riaprendo così una cicatrice forse mai del tutto chiusa.

Nella giornata di giovedi 19 ottobre le organizzazioni per i diritti umani si sono date appuntamento alle 18.00 per una manifestazione a Buenos Aires, nella storica Plaza de Mayo, «per chiedere al governo giustizia e verità per Santiago Maldonado».

Federico Larsen, giornalista argentino dai microfoni di Radio Onda d’Urto ci aggiorna Ascolta o scarica