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Aria di provocazione

Le parole di un ministro dell’interno – specie se «tecnico» (un prefetto di carriera) come l’attuale – vanno sempre pesate con attenzione.
Specie se gravi come quelle consegnate ieri al Parlamento e alla stampa da Annamaria Cancellieri.
«Non v’è dubbio che la difficile congiuntura che stiamo vivendo imponga un atteggiamento vigile e una grande attenzione alla prevenzione, nella precisa consapevolezza che le cause di disperazione sociale e di marginalità possono prestarsi a strumentali forme di sovversivismo o, peggio, alimentare mai del tutto sopite tentazioni eversive».
Parole gravi ancorché confusionarie («sovversione» ed «eversione» sono fenomeni di segno opposto: rivoluzionario e di sinistra il primo, reazionario di destra il secondo). O forse proprio per questo.
Non ci tratteniamo più di tanto sulla evidente responsabilità politico-economica di un governo che alimenta la «disperazione sociale», precipitando fette crescenti di società nella «marginalità», provocando il malessere di cui ufficialmente – dopo – si preoccupa. Serietà vorrebbe che si riducessero le cause della «disperazione», invece di preparare la repressione delle sue possibili manifestazioni. Ma tant’è, da un ministro di polizia non si può pretendere un «di più» di sensibilità sociale. Anche se la Cancellieri, come commissario al Comune di Bologna, era riuscita a meritarsi un voto superiore ai sindaci «di sinistra» che l’avevano preceduta.
Ci chiediamo se l’allarme da lei lanciato sia in continuità diretta con le inveterate abitudini dei ministri che l’hanno preceduta. Quelli che gridavano al pericolo poco prima di «grandi operazioni di polizia», per poi passare all’incasso dell’aumento di credibilità personale e, naturalmente, del governo di appartenenza.
Operazioni spesso alimentate dall’intervento diretto di agenti provocatori del «noto servizio» o da fascisti che cercavano di farsi passare per «convertiti a sinistra». Una modalità d’azione che vanta decenni di esperienze cumulate e ripetute, fin dai tempi di Mario Merlino.
Speriamo di sbagliarci, naturalmente. Ma, come direbbe Crozza, certi discorsi fanno alzare nell’aria un certo odore di «cetriolone».
Che la manovra sia una carognata anti-sociale, è certo. Lo stesso ministro Cancellieri ne sembra consapevole. Che possano e debbano esserci nelle prossime settimane e mesi numerose manifestazioni di protesta, variamente modulate come parole d’ordine, ci sembra naturale. Di più: saranno l’esercizio di un diritto legittimo, sul piano democratico e costituzionale.
Una dialettica sociale che non deve essere minacciata preventivamente, tanto meno da «allarmi» generici utilizzati per orientare una stampa mainstream ormai incapace di chiedersi se quel che battono le agenzie sia vero o no (la verifica della notizia è un lusso professionale che ben pochi cronisti praticano, da qualche anno).
Non vorremmo evocare la formula abusata del «vigilanza compagni», che il vecchio Pci ha utilizzato spesso a sproposito, ma certo che in questo scenario è bene non dare per scontato che le persone che ci si avvicinano siano sempre «gente dabbene».

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