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“Arrestate Gandhi!”. La destra blinda il decreto sicurezza

In nome della “sicurezza” il governo Meloni aumenta le categorie dei “nemici” da punire. Il disegno di legge a firma Piantedosi, Nordio, Crosetto prevede la criminalizzazione della marginalità sociale, l’incremento della repressione del dissenso e del conflitto, il potenziamento e la blindatura del carcere e l’aumento dei poteri delle polizie.

di Frank Cimini da l’Unità

Alla Camera dei deputati, in commissione Giustizia, va avanti la discussione sul decreto sicurezza del quale si parla nell’articolo qui sotto. Si tratta di norme che servono a ridurre in modo considerevole il tasso di “libertà”, soprattutto per alcune figure sociali. Diciamo le figure sociali più deboli e più povere. È una prova di forza repressiva. In particolare ci sono alcune regole che riguardano le carceri assolutamente in contrasto con lo Stato di diritto. L’aggravamento delle pene per il reato di rivolta in carcere, la definizione della rivolta in carcere come protesta anche non violenta, e pene severissime per il reato di “istigazione alla disobbedienza”. Vedete bene che sono norme che indicano una linea politica ideologica. Che ci guarderemo bene dal definire fascista, sennò chissà quante polemiche, poi si direbbe persino che siamo noi quelli ideologici. Ok. Ma anche se noi non diremo che sono provvedimenti fascisti, è chiaro che lo sono. Pensiamo a cosa succederebbe a Pannella, se fosse ancora vivo e per qualche motivo finisse in prigione. Oppure pensiamo a Gandhi, alle sue battaglie di disobbedienza e di nonviolenza, che in effetti lo portarono diverse volte in prigione durante l’occupazione inglese. Oggi però, se fosse ancora vivo, non gli succederebbe più. Potrebbe invece succedergli se venisse in visita nell’Italia di Meloni.

Dal Consiglio superiore della magistratura arriva un segnale ben preciso in direzione di una sorta di rifiuto di una gestione emergenziale nell’amministrazione della giustizia. Il cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati ha bocciato la “precettazione” di tutti i giudici per le convalide dei fermi dei migranti “perché non è un criterio idoneo ad assicurare la funzionalità dell’ufficio”.

Era successo che nei giorni scorsi, al fine di garantire dieci udienze in contemporanea, il presidente del Tribunale di Roma avesse disposto dal 10 agosto in poi il coinvolgimento di magistrati di tutte le sezioni. Invece con la decisione del Csm il compito toccherà solo alle toghe specializzate in tema di immigrazione. Insomma, non ci sarà nessuna chiamata alle armi dei giudici in servizio al tribunale della capitale per garantire il funzionamento del cosiddetto protocollo Albania frutto dell’accordo tra i due governi. Se ne potranno occupare solo i magistrati che solitamente valutano i provvedimenti di fermo dei migranti destinati a essere portati o meglio dire deportati in Albania. È l’esatto contrario di quanto era stato deciso dal presidente del tribunale di Roma, Reali, il quale aveva operato in quel modo per rispondere alla pressante richiesta del ministero della Giustizia per garantire le convalide dei fermi entro le 48 ore previste dalle norme.

Secondo il Csm “la designazione di ulteriori giudici per sopperire agli eventuali flussi di entrata legati al protocollo Albania risulta attuata in modo non conforme”. E inoltre “l’assenza di dati statistici pregressi relativi ai procedimenti connessi al tema di tale protocollo non esime il presidente del Tribunale di Roma dall’indicazione di un criterio idoneo ad assicurare la funzionalità dell’ufficio e dunque la soglia di rilevanza che impone l’attività di supporto cin magistrati non inseriti nella tabella della sezione immigrazione”.

Sono già stati montati dieci schermi in cui appariranno i migranti soggetti alle cosiddette procedure accelerate di frontiera. La convalida in udienza sarà solo il primo problema da affrontare perché i giudici saranno chiamati a decidere sulla legittimità della cauzione che varia dal 2500 ai 5000 euro modificata dal Viminale e a valutare la reale sicurezza dei paesi di provenienza insieme alle condizioni di vulnerabilità dei migranti sottoposti al fermo.

Comunque in tutti i casi in cui il fermo non viene convalidato bisognerà liberare i migranti e portarli in Italia considerando che gli accordi con Tirana escludono che le persone soccorse in mare e portate in Albania possano restare al di fuori dei centri di detenzione. Il sottosegretario Alfredo Mantovano ha dichiarato a un giornale tedesco che è già pronto il primo hotspot in Albania e che “non sarà un centro fascista ma sarà funzionale per flussi regolari. In Albania saranno mandati coloro che vengono identificati come provenienti da paesi sicuri che non sono soggetti fragili e che non compongono nuclei familiari”.

Nella commissione alla Camera vanno avanti i lavori sul decreto sicurezza. In esame le proposte di modifica del funzionamento delle carceri. La norma prevede l’aggravamento del reato di istigazione a disobbedire alle leggi se commesso in prigione. Respinti alcuni emendamenti dell’opposizione per cancellare la norma.

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