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Arriva lo STOP ai rigetti indiscriminati delle Questure per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

L’irregolarità fiscale esula dalle competenze del Ministero dell’Interno.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, con ordinanza emessa in data 25/05/2015, ha accolto l’appello, proposto da un cittadino straniero, avverso l’ordinanza cautelare del T.A.R. Sicilia – Palermo, concernente la conferma di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno (p.d.s.) per lavoro autonomo, emessa eo tempore dal Questore di Palermo.

Orbene, prassi di recente utilizzo, ma di assai dubbia ammissibilità e legittimità da parte delle Questure, dal Nord al Sud d’Italia è, difatti, quella di emettere dei provvedimenti di rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno, connesso a lavoro autonomo a chi non sia in grado di dimostrare di avere percepito negli ultimi anni un determinato reddito da fonti legali. Una vera e propria tagliola nella quale rischiano di finire gli immigrati, e sono tanti, che con la recessione economica non abbiano trovato o abbiano perso anche il lavoro.

La revoca scatta quando i cittadini stranieri chiedono un duplicato o l’aggiornamento del permesso di soggiorno. Qualora, infatti, la Questura scopra che il titolare non abbia avuto un lavoro regolare o non siano stati versati tutti i contributi, rigetta la domanda, sostenendo che, se lo straniero non sia in grado di dimostrare un reddito certo, attraverso il versamento di tasse e contributi, si ponga inevitabilmente una “presunzione di colpevolezza”, secondo la quale i redditi, eventualmente percepiti, derivino inevitabilmente da lavoro sommerso deducendone, sic et simpliciter, ingiustamente, la qualifica di  evasore fiscale.

Nel caso di specie, la Questura di Palermo, mediante il provvedimento impugnato, motivava il rigetto del permesso di soggiorno, basandosi su asseriti profili di irregolarità fiscale e contributiva.

Più nello specifico, il ricorrente avrebbe inserito i familiari ai fini delle detrazioni fiscali,  non avendone, a parere della Questura, alcun diritto, e non avrebbe pagato le imposte dovute.

Veniva, così, proposto ricorso innanzi al TAR competente, eccependo l’illegittimità del provvedimento impugnato sull’assunto che gli articoli 5 e 26 del D. Lgs. 286/1998,  non richiedono in alcun modo la regolarità fiscale quale requisito ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno. Difatti, il Testo unico sull’immigrazione  prevede la revoca del permesso di soggiorno solo in alcuni casi precisi, come quando lo straniero diventi pericoloso per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Non fa assolutamente riferimento a  nuove verifiche sul reddito. 

L’erronea censura mossa dalla Questura al fine di motivare il provvedimento di rigetto contrasta, peraltro, con le istruzioni ministeriali nazionali relative alla compilazione del Modello Unico.

Il TAR Sicilia – Sezione Seconda, con ordinanza del 28.01.2016 ha, tuttavia, respinto la domanda cautelare di sospensione cautelare, in seno al ricorso incardinato dal ricorrente, sostenendo l’insussistenza del fumus boni juris, e nulla disponendo in merito ai motivi di ricorso, in quanto, ad avviso del Collegio giudicante, lo stesso non avrebbe dimostrato il possesso di idonei mezzi di sussistenza, e, pertanto, correttamente avrebbe agito la Questura rigettando l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Punto di svolta della pronuncia del C.g.a. in commento è, pertanto, la statuizione del principio di autonomia-indipendenza dal parametro fiscale, che non può, dunque, valere come requisito inscindibile e pretestuoso per la concessione del rinnovo del p.d.s. e, insieme, di uguaglianza sostanziale, attesi anche i gravi e rilevanti profili di discriminazione contributiva, considerate le differenti previsioni ministeriali in materia fiscale per i cittadini italiani.

Il Collegio giudicante ha, difatti, osservato che l’accertamento della regolarità fiscale esuli dal presente giudizio come anche dalle valutazioni demandate all’Amministrazione dell’Interno, rilevando che, laddove dall’irregolarità fiscale si intenda potersi ricavare l’inattendibilità della dichiarazione reddituale o quindi la mancata dimostrazione di un reddito sufficiente ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, tale conseguenza debba essere oggetto di un più specifico e motivato accertamento.

Rileva, infine, che essendo l’atto impugnato, carente sotto tale profilo, il ricorso presenti apprezzabili elementi di fondatezza, tali da giustificarne, nell’evidenza di un pregiudizio grave e irreparabile, la sospensione dell’esecuzione in vista del riesame dell’Amministrazione.

La giurisprudenza ha ormai, peraltro, consolidato un orientamento secondo cui sia impossibile per le questure produrre una valutazione automatica delle risorse sufficienti legata ai parametri previsti dall’importo annuo dell’assegno sociale, dovendo invece considerare la storia lavorativa pregressa dell’interessato e la prospettiva di lavoro futura (Consiglio di Stato, Sezione 3, Sent. n. 6070 e, recenti sentenze della Sezione n. 3596 del 11/07/2014 e n. 3674 del 14/07/2014).

 Dr.ssa Mariadoriana Brocato

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