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Bari: Aggressione fascista dopo il corteo antirazzista

Colpiti con cinghiate e tirapugni, due sono finiti in ospedale. Il pestaggio è avvenuto quando un gruppetto di cinque persone stava percorrendo via Crisanzio dopo la manifestazione antirazzista “Mai con Salvini”

Il più grave ha riportato una ferita della lunghezza di nove centimetri e ha dovuto mettere nove punti di sutura alla testa: è Antonio Perillo, 36 anni, napoletano, assistente dell’eurodeputata barese Eleonora Forenza ad aver avuto la peggio nell’aggressione squadrista subita da un gruppo di manifestanti che tornavano a casa dopo il corteo antirazzista organizzato dalla rete “Mai con Salvini”.

Il 36enne – ha festeggiato in ospedale il suo compleanno – è stato portato da un’ambulanza del 118 al pronto soccorso della clinica Mater Dei ed è stato dimesso dopo tac e controlli di rito con una prognosi di 15 giorni. In tutto un bilancio di quattro feriti tra gli attivisti della sinistra barese: l’altro ragazzo colpito alla testa è stato medicato al Policlinico di Bari con tre punti di sutura mentre se la sono cavati con pochi giorni di prognosi l’europarlamentare eletta con la lista L’Altra Europa con Tsipras ed esponente di Potere al Popolo, Eleonora Forenza, e Claudio Riccio, già candidato alle politiche di marzo scorso con Liberi e uguali.

I quattro sono stati aggrediti al quartiere Libertà di Bari dove si era svolta la manifestazione contro le politiche del governo a trazione leghista. Proprio nel quartiere che, una settimana fa, ha ospitato il ministro dell’Interno Matteo Salvini e dove un gruppo di residenti, capeggiati da Luigi Cipriani responsabile del movimento Riprendiamoci il futuro, aveva avviato una raccolta firma per “cacciare gli immigrati irregolari che hanno invaso il quartiere” sostenuta anche dagli esponenti local del Carroccio.

Il pestaggio è avvenuto intorno alle 22 di venerdì 21 settembre quando un gruppetto di cinque persone stava percorrendo via Crisanzio. A raccontare quello che è successo è proprio l’europarlamentare. “Ci siamo fermati perché c’era una donna eritrea con il passeggino impaurita – spiega – aveva timore di salire a casa perché in via Eritrea, dove c’è la sede, c’erano i militanti di Casapound schierati e in questo quartiere avere la pelle scura non ti fa certo stare tranquilla. A quel punto ci siamo allontanati ma siamo stati rincorsi da almeno una squadraccia fascista di una decina di persone che prima ci hanno gridato in dialetto barese ‘ve ne dovete andare’ e si sono infilati guanti neri con i tirapugni in acciaio e ci hanno aggredito con mazze e cinghie. Hanno aggredito noi inermi tra passeggini e bambini. Come nei tempi più bui di questa città“.

A seguito dell’aggressione attivisti e militanti antifascisti si sono radunati in via Crisanzio, scortati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa che, per disperdere i manifestanti, hanno tentato una carica di alleggerimento. Tra cori e striscioni la tensione è durata fino a mezzanotte. La Digos ha portato poi in questura circa trenta militanti di Casapound per essere identificati. I militanti di Casapound erano davanti alla loro sede in via Eritrea e almeno cinque di loro avrebbero preso parte attivamente all’aggressione armati con mazze e cinghie. Eppure sostengono di aver solo respinto il tentativo di “assaltare la sede e i suoi militanti” da parte di “un gruppo sostenuto di persone che a corteo terminato ha aggirato i controlli delle forze dell’ordine sbucando nella via dove é ubicata la sede di CasaPound Italia Bari”.

La polizia, che da tempo sapeva della presenza fascista, invece di bloccare gli aggressori, ha circondato i compagni prontamente accorsi e li ha manganellati a sua volta… Poi, di fronte all’evidente problema politico (un europarlamentare aggredito non è cosa che si possa tenere sotto silenzio nelle camere di un commissariato…), avrebbe proceduto al fermo di alcuni dei picchiatori. “In questo quartiere il Libertà il problema non sono certo gli immigrati come sostengono alcuni – commenta Riccio – ma sono i fascisti e i mafiosi, tutti italianissimi”.

da La Repubblica.it

Il racconto di quanto accaduto a Radio Onda d’Urto di  Poncho, compagno dell’ex caserma liberata di Bari che era in piazza ieri sera. Ascolta o scarica

Intervista all’eurodeputata Eleonora Forenza. «Il clima politico attuale favorisce questo scenario. Puntare continuamente il dito contro la presunta invasione di migranti legittima i fascisti ad agire come meglio credono»

L’indignazione e la rabbia del giorno dopo. Per chi da una vita si batte per i diritti degli ultimi, contro l’arroganza e la prepotenza di chi invece ancora oggi, incredibilmente, ha ancora diritto di parola e di azione in questo Paese.

Eleonora Forenza, cos’è accaduto esattamente venerdì sera a Bari?
Avevamo da poco terminato di sfilare alla manifestazione antifascista “Bari non si lega”, tornavamo verso le nostre macchine, quando ci siamo fermati per prestare assistenza ad una ragazza eritrea visibilmente impaurita. Insieme ad un’amica e ad una bambina piccola, dovevano attraversare via Crisanzio, dove abitano, che però in quel momento era del tutto bloccata perché presidiata dai militanti fascisti di Casapound. E in questo quartiere avere la pelle scura non ti fa certo stare tranquilla. Un gruppo di questi squadristi, almeno cinque, ci è venuto incontro, aggredendoci verbalmente, per poi passare alle vie di fatto, colpendo il nostro gruppo di persone con mazze e cinghie, lasciando due compagni a terra. Il mio assistente, Antonio Perillo, 36 anni, è ora all’ospedale Mater Dei con trauma cranico. Ci hanno urlato: “Ve ne dovete andare”. La via non era presidiata dalle forze dell’ordine, non c’era alcun controllo: nonostante il nostro corte sia stato guardato a vista da decine di agenti. Possibile che non era stato predisposto alcun controllo? Le forze dell’ordine sono arrivate quando tutto era finito. E alla fine le cariche sono state riservate ai compagni giunti per protestare contro la vile aggressione di cui siamo stati vittime.

Quando accaduto a Bari, indubbiamente, è anche il frutto del clima politico del momento, dell’aria che da tempo si respira.

Certamente è così. Il clima politico attuale favorisce questo scenario. Puntare continuamente il dito contro la presunta invasione di migranti sul tema dell’emergenza sicurezza, portare avanti una politica di sgomberi di case e luoghi di aggregazione, dotare le forze dell’ordine di nuovi strumenti di repressione, non fanno altro che favorire i comportamenti di queste forze neofasciste, che si sentono legittimate ad agire come meglio credono.
La presenza di queste organizzazioni neofasciste è sicuramente un tema su cui riflettere e sul quale agire, anche e soprattutto politicamente.
Il tema è proprio questo: ovvero il fatto che in moltissime città italiane siano presenti sedi di questi gruppi neofascisti. Continueremo a chiedere alle Istituzioni la chiusura di queste sedi fasciste. È inaccettabile che un covo di fascisti sia aperto in pieno centro in una città come Bari. Questo governo fa del razzismo e del fascismo un elemento della sua cultura politica. Un fatto come quello di venerdì sera riporta questa città e questo Paese ai tempi più bui e credo che sia inammissibile, intollerabile.

Non bisogna quindi indietreggiare. Quali le prossime iniziative?
Oggi occorre una reazione di tutta la città: è importante che la Bari antifascista torni in piazza, che ricordi che questa è la città di Benedetto Petrone, senza farsi intimorire. Nei prossimi giorni ci mobiliteremo ancora perché non è un problema che riguarda solo Bari, ma nazionale. Lo squadrismo va fermato ad ogni costo. Resteremo a Bari e formalizzeremo la denuncia per questa aggressione fascista. Denunceremo quanto accaduto politicamente e per le vie giudiziarie.

Un presidio antifascista è stato organizzato in piazza Prefettura a Bari per martedì prossimo, 25 settembre, alle ore 18.30. È solo la prima di tante mobilitazioni «necessarie per dire con forza che Bari non accetta l’odio, il razzismo e la violenza fisica».

da il manifesto

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«Mi hanno colpito alle spalle con una mazza»: il racconto di Antonio, ferito dai neofascisti di Casapound

Il corteo “anti-fascista” e “anti-Salvini” è appena terminato. Sono le 22 quando, da piazza Redentore dove è in corso il concerto che ha chiuso la manifestazione, l’eurodeputata Eleonora Forenza, il suo assistente Antonio Perillo e Claudio Riccio, candidato alle ultime politiche con Sinistra Italiana, si muovono verso la zona universitara e la stazione. Insieme ad altre due ragazze percorrono via Eritrea, una lunga via che, dopo 500 metri, svolta verso destra. Lì, al civico 29B c’è la sede di Casapound. Per tutta la durata del corteo diverse pattuglie delle forze dell’ordine hanno presidiato lo stabile che “ospita” l’associazione neofascista. In quel momento, però, la via è lasciata libera. E proprio all’angolo dove via Eritrea svolta a destra una ventina di camerati sono schierati «con fare militaresco».

«Abbiamo incontrato una ragazza di colore visibilmente agitata che, con il passeggino, veniva verso di noi». Inizia da qui il racconto di Antonio Perillo: quando lo contattiamo telefonicamente è da poco stato dimesso dall’ospedale con una prognosi di 15 giorni a seguito di un ferita alla testa di 8 cm, «procurata da un corpo contundente, forse una mazza» e medicata con una decina di punti di sutura.

«Abbiamo fermato questa ragazza per capire cosa stesse succedendo e ci ha detto che aveva paura a rientrare a casa con il suo bambino». Il suo portone era proprio a pochi metri da quel gruppo di persone che le facevano tanta paura. «Hanno mazze, bastoni e catene». Antonio, Eleonora e Claudio si fermano a parlare con lei. Vengono raggiunti da altri manifestanti, anche loro diretti verso la stazione. Ed è forse quel piccolo assembramento di persone ad aver fatto scattare la “spedizione” dei camerati.

«All’improvviso hanno iniziato a correre verso di noi. E noi siamo indietreggiati per tutelare l’incolumità della ragazza e del suo bambino». Antonio resta qualche metro indietro rispetto al gruppo che si allontanava lungo via Eritrea tornando verso piazza Redentore. «Volevo solo controllare che tutti si stessero spostando in una zona più sicura». Poi, l’aggressione. «Mi hanno spinto contro un muro. Pochi istanti dopo, il colpo in testa. Da dietro». A dimostrarlo c’è la ferita: è verso la nuca. È un colpo alle spalle. E la ferita, lineare, come gli hanno spiegato i medici, «è stata provocata con un corpo contundente. Io ricordo solo di averli visti con mazze, bastoni e catene in mano». Antonio crolla a terra. Eleonora Forenza torna verso di lui e tampona il sangue. Chiamano il 118 mentre il gruppo di manifestanti anti-fascisti torna verso la piazza che ospita il concerto.

La voce si sparge nella piazza e un gruppo di manifestanti corre in loro soccorso. “L’incontro” con i fascisti di Casapound è inevitabile. Ne nasce uno scontro che dura fino all’intervento delle forze dell’ordine che pensa bene, però, di caricare i manifestanti per “difendere” i camerati. «Neanche l’ambulanza hanno fatto passare» ha spiegato Antonio, che è stato soccorso da due infermieri del 118 che lo hanno portato a spalla verso il mezzo «per 400-500 metri». Poi la corsa in ospedale.

«Ho provato a dormire, ma è impossibile» ci spiega Antonio. Ma più del dolore, è la rabbia a tenerlo sveglio. «Non li abbiamo minimamente provocati. Neanche insultati. Con noi c’era una mamma col suo bambino. Era spaventata. Non potevamo metterli a rischio. Per questo ce ne stavamo andando».

Inutile anche le urla verso i camerati che con passo militaresco sono avanzati verso di loro: «Fermi! Ci sono dei bambini» gli abbiamo urlato. Ma niente. «Erano esaltatissimi. Agitavano catene e brandivano bastoni». Ma la cosa assurda, ci confessa Antonio, «è che non c’era nessuno a evitare questa aggressione. La piazza del concerto era piena di camionette. Sulla via che porta alla stazione, dove c’è la sede di Casapound, neanche una pattuglia».

da il salto

Comments ( 1 )

  • Carlo corradini

    Fomentare gli eventuali 4 coglionazzi nazifascisti non è indice di Buon senso. La schiatta in esame è sparuta , aggressiva ,ignorante. No ha,per motivi anagrafici,mai vissuto e partecipato ai fatti che a loro piacciono tanto. Per favore,fateli sparire,ma senza farvi male. Non ne vale la pena.