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Barletta: Preside rinviato a giudizio a giudizio per aver informato correttamente sulle droghe

Fra le tante notizie vomitevoli su questa Italietta allo sfascio, oggi quella che veramente colpisce per la sua insopportabile gravità è quella di un preside che è stato rinviato a giudizio per “istigazione all’uso di sostanze stupefacenti” a causa di alcune opinioni espresse nel corso di un incontro con gli studenti. Che cosa aveva detto di tanto grave? “Non è opinione unanime che la marijuana dia assuefazione”. Giusto, è così. Anzi, avrebbe potuto dire che è assolutamente certo che la marijuana non dà assuefazione nel senso scientifico della parola, ma al limite, come la televisione, il sesso o il lavoro, può dare una dipendenza psicologica, che è ben altra cosa. Ma c’è di peggio. Sembra che abbia aggiunto che i suoi effetti non sono soltanto nocivi e per questo “la legge non dovrebbe perseguire chi la assume facendone uso personale”. E anche questa frase non fa una piega, perché proprio in questo periodo si è rinfocolata la discussione sull’uso terapeutico dei derivati della cannabis e in particolare sulla loro utilità, ormai ampiamente dimostrata, per la cura di alcune malattie degli occhi. In ogni caso l’opinione per cui non dovrebbe essere punito il consumo è perfettamente legittima e non si vede come possa essere qualificata come un’istigazione al consumo. Semmai è una proposta di rispondere in modo diverso, magari più efficace, a un problema. Non si può? Reato che comunque è già ridicolo di per sé visto che la televisione è piena di pubblicità all’uso di prodotti ben più dannosi, a partire dall’alcool. Ma vediamo come hanno confezionato il tutto i mestieranti della carta stampata. Guardate il titolo del Tirreno: “La marijuana è innocua” Preside di Barletta a giudizio per l’elogio degli spinelli. Ora è chiaro che se una sostanza non dà assuefazione non è detto che sia innocua: per esempio il gasolio non dà assuefazione ma se ne bevete mezzo litro vi accorgerete che non è innocuo. Dove sia poi l’elogio degli spinelli nelle parole del preside non lo abbiamo capito. Perché anche i virgolettati che abbiamo riportato sopra sono tratti da Il Tirreno, e allora ancora una volta siamo di fronte al classico caso in cui l’articolo una cosa e il titolo un’altra. Tanto la gente legge solo il titolo e poi chi se ne frega… Basta che i titoli siano accattivanti e confermino gli schemi di interpretazione della realtà ormai consolidati (in questo caso che la scuola pubblica è un covo di debosciati) e il gioco è fatto. Il punto invece è un altro, e bisognerebbe discuterne seriamente. Negli ultimi anni la verità sulle droghe l’ha riscritta una cricca di politici clericofascisti ispirati da alcuni imbroglioni delle cosiddette “comunità di recupero”. A proposito, ma Don Gelmini che fine ha fatto? E’ tornato da Santo Domingo? L’accusa di pedofilia è caduta? Fosse stato un rumeno ne avremmo sentito parlare a reti unificate 24 ore su 24 per una trentina d’anni. Torniamo al dunque: L’inasprimento del proibizionismo da un lato è stato il caposaldo di una capillare strategia di controllo sociale sui ceti giovanili, dall’altro ha permesso alle comunità di portare a casa l’affare del secolo (secondo solo a quello delle case di riposo per gli anziani). Le cosiddette “comunità di recupero”, spalleggiate dai media, si sono imposte come l’unica soluzione al problema della tossicodipendenza senza peraltro mai fornire dei dati convincenti sull’efficacia dei trattamenti a cui sottopongono i loro ospiti. Naturalmente il presupposto di tutto questo è la diffusione della disinformazione più becera sui reali effetti delle droghe, e il discredito verso gli operatori, soprattutto pubblici, che cercano di affrontare il problema senza il ricorso a istituzioni totali. L’ultimo esempio di questo becerume ignobile è di pochi giorni fa, quando un povero ragazzo è morto durante una gita scolastica per un malore dovuto a una malformazione congenita. I giornali hanno titolato “Muore dopo aver fumato uno spinello”. Se per questo sarà morta per infarto anche un sacco di gente dopo aver fatto la comunione o mentre leggeva il giornale, ma non ho mai visto titoli del tipo “Muore dopo aver inghiottito l’ostia” o “Muore dopo aver letto Il Tirreno”, con tanto di intervista all’esperto di turno sui possibili effetti negativi della cronaca nera sull’apparato cardiocircolatorio. Nello sfascio culturale di questi ultimi anni può sembrare perfino un lusso riparlare di queste cose, ma se non riusciamo a riprendere il discorso sul rapporto tra corpo e potere, tra personale e politico, allora siamo fritti davvero e il clericofascismo avrà la strada spianata. Intanto, tutta la nostra solidarietà al preside di Barletta.

Comments ( 1 )

  • Vittorio

    Giustissimo! E smettiamola di leggere questi quotidiani mendaci utili solo a confonderci!