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I baschi contro la corrida

Se i maltrattamenti sugli animali possono essere propedeutici a quelli sugli esseri umani, è probabile che la corrida sia strettamente imparentata con la tortura.

di Gianni Sartori

Chiunque abbia visitati Hego Euskal Herria (Hegoalde, Paese basco del Sud, sotto amministrazione spagnola) negli ultimi decenni non avrà potuto ignorare, accanto alle numerose iniziative strettamente politiche (per l’Indipendenza, per i prigionieri politici, antimilitariste, di solidarietà internazionale con i popoli oppressi…) e culturali (difesa dell’euskara, della cultura basca..) altre vaste mobilitazioni in difesa di Ama Lur (Madre Terra, nella mitologia basca la madre di Eguzki – il Sole – e di Ilargi – la Luna). Dalle storiche manifestazioni di massa contro la centrale di Lemoiz a quelle contro la diga di Itoiz (definita “il prossimo Vajont”) per dirne un paio.

Ma nell’agosto 2005 a Donostia avevo avuto modo di partecipare a una manifestazione di natura prettamente “animalista” (o se preferite: antispecista) contro la corrida.

Promossa da Animalien Eskubideen Aldeko Elkartea (Associazione ProDiritti degli Animali) con molti slogan sia in euskara (coglievo ripetutamente l’avverbio negativo olofrastico “EZ”, NO), sia in castigliano (con i toreri chiamati “asesinos”). Qualcuna anche in catalano: “Defensar la Terra no es cap delicte” (Difendere la Terra non è reato).

Si voleva così protestare per la costruzione di una nuova arena. Presenti diverse centinaia di persone: animalisti, ecologisti (esponenti di Eguzki, di Lurra, di Eki e di Berdeak, i “Verdi” in basco), giovani dei Centri sociali, delle associazioni contro la tortura (con cui la corrida viene spesso equiparata) e qualche esponente politico della sinistra abertzale. Oltre a Juan Mari Beldarrain (una vecchia conoscenza di Eguzki, il movimento antinucleare basco con il Sole per simbolo) che avevo intervistato il giorno prima, anche Joseba Alvarez (ex parlamentare, all’epoca portavoce dell’Ufficio Esteri di Batasuna) che dovevo intervistare il giorno dopo. Insieme a una figura storica della sinistra indipendentista basca, il padre José Luis Alvarez, più conosciuto come Txillardegi. Linguista e scrittore, viene ricordato come uno dei fondatori di ETA all’epoca del franchismo.

Di quella circostanza conservo, oltre ad alcuni volantini bilingue, sia in basco che in castigliano, le immagini di pittoreschi cartelli di protesta contro la crudele “tradizione” (spagnola, non basca) e delle fantasiose magliette indossate da alcuni manifestanti. Per esempio una forse provocatoria “Lurra Ta Askatasuna” (Terra e Libertà) con il volto di Zapata. Su quella di un altro manifestante spiccava il volto sorridente di Gladys, una militante di Eguzki uccisa dalla polizia durante le manifestazioni contro la centrale nucleare di Lemoiz. In centinaia vennero picchiati e incarcerati, ma alla fine nessuna centrale venne a devastare i territori baschi. Diversamente da quanto accadde invece in altre regioni della penisola iberica dove evidentemente le proteste furono meno intense. Basti pensare alla Catalunya dove sorsero Vandellos (1 e 2) e Ascò (1 e 2) e dove – almeno nel secolo scorso – correvano i “treni nucleari” trasportando le scorie in Francia, in riva al Rodano. Dove sorgeva la centrale elettronucleare che ospitava il reattore “autofertilizzante” Super-Phénix (tardivamente chiuso nel 1998) per la produzione di plutonio-239.

Alla fine dovevo constatare che l’amalgama tra sinistra indipendentista (o comunque favorevole all’autodeterminazione) basca e movimenti ambientalisti e protezionisti sostanzialmente non solo reggeva, ma funzionava. Del resto quella della corrida è tutto tranne che una tradizione basca, per cui viene percepita come una forma di colonizzazione culturale (spesso equiparata come ho detto alla tortura).

Niente di strano quindi se anche quest’anno (agosto 2024) centinaia di persone hanno vigorosamente protestato alla Plaza de Toros de Illumbe (sempre a Donostia). Sia contro la corrida, sia per la non gradita presenza del re di Spagna (Felipe VI, figlio di quel Juan Carlos che si rompeva l’anca andando a caccia di elefanti). Inalberando per l’occasione, oltre alla bandira basca (l’ikurrina), anche quella gloriosa (rossa, gialla e viola) della Repubblica, annientata da Franco nel 1939 (grazie al contributo di Hitler e Mussolini, do you remenber Gernika?).

Tra i partecipanti alcuni esponenti politici di EH Bildu ( Xabi Soto e Jon Albizu), la consigliera comunale Amaia Martin (di Irabazi) e Rosa Garcia (di Stop Desahucios, Basta Rifiuti).

Ricordo che anche in passato, in varie occasioni, gli esponenti di E.H Bildu si sono dichiarati contrari a questo spettacolo crudele e obsoleto. Chiedendo alle autorità componenti “se veramente pensano che l’esibizione dei maltrattamenti sugli animali costituiva un buon biglietto da visita per la città”.

Come si diceva al sanguinario spettacolo di agosto 2024 (circa 8mila spettatori) ha presenziato anche il re di Spagna, accompagnato dalla figlia (la infanta Elena) e due nipoti.

I tre toreri hanno dedicato i tori abbattuti al sovrano che pare aver gradito molto.

Infatti sia il re che l’infanta hanno poi dichiarato che la corrida “gode sempre del loro totale sostegno”. Aggiungendo di voler presto tornare a “vedere i tori in questa piazza meravigliosa”.

Mentre l’Ertzaintza (la polizia “autonoma”) impediva lo scontro fisico (ma non un vivace scambio verbale di reciproche contumelie) tra taurinos e antitaurinos, la concentrazione anti-corrida si era protratta fin dopo le sei di sera.

 

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