Berlino: la Polizei minaccia gli attivisti dopo il G20
- gennaio 05, 2018
- in Dal mondo, Rete Dissenso
- Edit
A mesi distanza dal controvertice di Amburgo, la Polizia tedesca continua a collezionare figuracce. Lettere anonime con informazioni e foto riservate di attivisti sono state recapitate ad alcuni spazi sociali. Goffe minacce che fanno ipotizzare un inquietante legame tra i servizi e i gruppi di estrema destra
Probabilmente un giorno qualcuno scriverà un libro su quello che l’intero sistema repressivo della terza economia mondiale ha messo in campo prima, durante e dopo il G20 di Luglio. Magari un manuale dal titolo: «Cosa NON fare per mantenere la credibilità (o quantomeno la dignità)» su cui sarebbe opportuno studiassero le polizie di tutto il mondo.
Senza soffermarci su vicende note e senza gridare all’”emergenza democratica” è interessante raccontare l’ultimo episodio che riguarda la polizia tedesca dopo i fatti del G20. E’ interessante per due ordini di motivi. Il primo è perché dà l’esatta misura di quanto la polizia tedesca (e in questo caso quella berlinese) riesca sempre e comunque a peggiorare la propria immagine, anche quando sembrerebbe impossibile. Il secondo motivo è perché questo episodio può aiutare a comprendere il livello di tensione, o quantomeno di attenzione ed autorganizzazione, sulla repressione dei movimenti in un vuoto di potere che in Germania dura ormai da diversi mesi.
Come alcuni sapranno la Polizia di Amburgo all’indomani del G20 ha creato una task force dal nome vagamente provocatorio di “blocco nero”. Questa task force doveva esaminare gigabyte su gigabyte di materiale ripreso durante gli scontri di luglio, per individuare chi ha commesso dei reati (giacché gran parte dei processi degli arrestati, si sta risolvendo in figuracce, assoluzioni e istanze per violazione delle procedure). Insomma non avendo trovato i famosi capri espiatori e dopo la chiusura di Indymedia.linksunten, la polizia ha iniziato a esaminare i materiali audiovisivi per evitare la figuraccia. Da questa titanica impresa è riuscita a individuare diverse decine di manifestanti e ha chiesto ai cittadini di farsi delatori e riconoscere i “ricercati” pubblicando le foto e i video sul proprio sito.
Subito il giornale espressione dell’anima più reazionaria della Germania, la Bild, ha pubblicato le foto (del resto l’aveva già fatto di suo durante i giorni del G20) chiedendo ai lettori di collaborare alla caccia all’autonomen. Purtroppo però la Bild ha pubblicato in prima pagina (con il titolo “Barbie degli scontri” di sapore sessista) il volto di una giovane, bionda ragazza minorenne; l’interessata ovviamente ha denunciato il giornale perché non si possono pubblicare immagini di minori senza il consenso dei genitori e probabilmente la testata dovrà pagare una maxi multa di risarcimento all’interessata.
Inoltre il gruppo “blocco nero” della Polizei di Amburgo si è visto prendere in giro da decine di persone che hanno fatto notare come una parte dei ricercati fossero noti estremisti di destra evidentemente infiltrati. Per riparare alle critiche sulla legittimità dell’iniziativa di delazione di massa e alle figuracce, la polizia ha pensato bene di fare irruzione a casa di alcuni fotografi di stampa e mediattivisti per sequestrare altro materiale. Anche questa mossa si è rivelata azzardata e ha compattato gran parte dei media contro la polizia e in difesa del diritto di cronaca.
Vari settori di movimento, gruppi satirici, artisti hanno risposto quindi pubblicando video e foto di agenti (con i numeri identificativi bene in mostra) intenti durante il G20 a violare ogni tipo di regola di ingaggio e a commettere abusi e violenze.
E siamo agli ultimi giorni della vicenda paradossale.
A Berlino, durante le festività, secondo lo Spiegel e Indymedia, sono state recapitate in diversi luoghi di movimento lettere anonime firmate “Centro per la correttezza politica” (il riferimento è al collettivo di artisti antifascisti che si chiama “Centro per la bellezza politica” che da mesi attacca le forze dell’ordine ed il governo). Nella lettera di nove pagine in un linguaggio molto spartano ci sono un totale di 42 nomi e cognomi di attivisti di alcuni squat. Tra questi per 18 di loro ci sono allegati «foto dai servizi di identificazione della LKA (l’intelligence della Polizei) di Berlino o foto di carte d’identità allegate con commenti parzialmente accurati, per lo più diffamatori». Informazioni riservatissime in possesso però solo della polizia stessa. Nella lettera si dice che i nomi e le informazioni saranno consegnati a gruppi di estrema destra e neonazisti perché possano agire contro gli attivisti. Una vera e propria minaccia.
Minaccia allargata anche ad avvocati, giornalisti con i numeri di targa dei veicoli ed i nomi di familiari degli interessati e indirizzi di residenza. Nella lettera la motivazione data è che «Se una persona minaccia di limitare significativamente la vita degli altri e di creare scenari che comportino gravi conseguenze per le famiglie dei denunciati fino all’estreme conseguenze, allora è giusto che questa persona sia messa nelle stesse condizioni». Occhio per occhio, dente per dente.
In altre parole gli autori compiono una rappresaglia contro la pubblicazione delle immagini delle violenze della polizia, minacciando gli attivisti di diffondere dati sensibili a criminali neonazisti (che in Germania spesso hanno nelle fedine penali reati gravi contro le persone, dalla violenza aggravata fino all’omicidio).
Questa mossa avventata è stato forse il peggiore di tutti i boomerang fin qui lanciati dopo Amburgo. Lo Spiegel, il principale settimanale tedesco, ha infatti fatto notare come i dati diffusi nelle lettere sono secretati e ad esclusiva disposizione della polizia. Gli attivisti non hanno voluto fare denuncia penale e avviare un processo proprio per indicare nella polizia i responsabili di quella che può, nella migliore delle ipotesi, essere stata una gravissima fuga di notizie. E’ bastato tuttavia diffondere le lettere sui media e la Polizei (ed in particolare il suo ufficio di intelligence) si è trovato sotto attacco da parte di tutta la stampa tedesca.
Nella conferenza stampa gli attivisti della Rigaer 94 non hanno usato giri di parole: «Ad una nostra prima valutazione confermiamo che le informazioni senza contenuti diffamatori possono essere disponibili solo ai funzionari di sicurezza dello Stato “attenti alla scena” (LKA 5). Queste informazioni si riferiscono ad un periodo approssimativo degli ultimi dieci anni. Siamo sicuri che la lettera sia stata creata e inviata dalla polizia di Berlino, in quanto nessun altro avrebbe avuto accesso alle foto corrispondenti dei file sensibili e materiale secretato».
Gli attivisti, che hanno richiamato alle tecniche di disinformazione con cui l’FBI mosse contro il Black Panther Party in USA, hanno voluto poi usare alcune tecniche di contro indagine e hanno condiviso gli esiti delle ricerche, davvero inquietanti: «le lettere sono state elaborate nel centro di post-distribuzione 10, cioè il quartiere Tempelhof-Schöneberg, nel quale si trova il quartier generale della polizia. Non avremmo immaginato che i poliziotti avrebbero potuto cedere a un tale dilettantismo, ma tuttavia hanno cercato di proteggere le tracce del mittente. Come possiamo vedere nelle immagini, abbiamo reso visibili diverse impronte digitali. Per un eventuale identificazione, abbiamo usato una soluzione di ninidrina appositamente preparata, che è composta da ninidrina, etanolo e acido acetico. Con un reagente spray, abbiamo bagnato il foglio e lo abbiamo messo in forno a 80 gradi Celsius. Dopo circa 5-10 minuti è stato creato il risultato». E ormai le impronte digitali dei responsabili sono su tutte le principali testate tedesche.
La Polizei, nascosta dietro un no comment, ha fatto partire indagini interne.
Ad oggi è praticamente impossibile prevedere gli esiti di questa scottante vicenda che oscilla tra il grottesco e l’inquietante. Sicuramente richiama i legami tra i servizi di intelligence tedeschi e il gruppo terroristico di estrema destra NSU. Sono giorni tra l’altro in cui l’intelligence è sotto pressione per il coinvolgimento nell’attentato del Natale 2016 commesso dal salafita Amri pare sotto spinta proprio dei servizi. Tutte vicende che gettano ombre inquietanti sulle modalità di azioni di polizia e servizi segreti tedeschi. Ombre che potrebbero riguardare i movimenti sociali anche in altri paesi europei qualora i tentativi tedeschi in sede UE di uniformare i servizi e le polizie del continente dovessero andare a buon fine.
Ad ora ciò che risulta indiscutibile è che, a mesi di distanza, il g20 di Amburgo continua a produrre ancora un conflitto costante tra un disperato, goffo e violento tentativo repressivo da un lato e un movimento creativo, maturo e sfuggente dall’altro. Una vicenda sicuramente da interrogare e approfondire nei prossimi mesi, indipendentemente dall’esito finale.
da DinamoPress
Per saperne di più: