Bologna: misure cautelari e denunce contro la campagna “il padrone di merda”
- maggio 18, 2020
- in lotte sociali, misure cautelari
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Sei attivisti bolognesi hanno ricevuto altrettante misure cautelari perchè secondo la Procura del capoluogo emiliano sono stati protagonisti della campagna promossa anche attraverso la pagina Facebook “il padrone di merda”, che denuncia e interviene in difesa di lavoratrici e lavoratori sfruttati.
Per 5 è stato disposto il divieto di dimora nel comune di Bologna, mentre l’ultimo ha ricevuto un divieto di avvicinamento alle parti offese, che secondo la procura sarebbero commercianti e imprenditori di società o cooperative che non pagavano o facevano lavorare a nero i propri addetti.
Denunciati anche 13 tra lavoratrici e lavoratori. Sono accusati a vario titolo di fantasiosi reati quali tentata estorsione, lesioni personali, violenza privata, diffamazione, imbrattamento, disturbo delle occupazioni e utilizzo di mezzi per rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico.
Con noi uno degli attivisti della campagna “il padrone di merda”. Ascolta o scarica
Di seguito il comunicato diffuso dalla pagina Facebook. “il padrone di merda – Bologna”.
+++ NOTIZIA GRAVISSIMA, MASCHERE BIANCHE SOTTO ATTACCO! +++
Cosa è successo? All’alba di questa mattina a Bologna alcune maschere bianche – ossia lavoratori e precari che non accettano di essere sfruttati e truffati dai padroni di merda – sono state svegliate dagli agenti di polizia per vedersi recapitare un procedimento di misura cautelare: si tratta di 5 “divieti di dimora” e 1 “divieto di avvicinamento”. Altri 13 lavoratori sono stati denunciati.
Iniziamo col rendere noto che i suddetti agenti si sono presentati senza guanti e mascherine e senza preoccuparsi di rispettare la distanza di sicurezza: per quanto sia noto che la tutela dei giovani precari non sia mai stata una loro priorità, questo fatto è ulteriormente grave e pericoloso per la salute di tutti. Alle obiezioni mosse da un lavoratore precario, la risposta di un agente è stata: “Non vi preoccupate, con l’obbligo di dimora starete molto distanti!”. Tra le risate del collega e in sfregio a qualsiasi norma sanitaria che gli stessi agenti dicevano di voler far rispettare quando, nel periodo di lockdown, davano multe e denunce.
Che cos’è un divieto di dimora? È una misura cautelare (cioè emanata in modo discrezionale da un giudice e immediatamente esecutiva senza alcun processo, cioè senza alcuna dimostrazione di “colpevolezza”) che obbliga i lavoratori e i precari che l’hanno ricevuta ad abbandonare immediatamente la città di Bologna e non farvi ritorno a tempo indeterminato. Non importa che in questa città risiedano per tutti amici, affetti, in alcuni casi famiglie. Non importa che in questo modo vengano ulteriormente limitate le già instabili entrate con cui ognuno dei lavoratori prova ad arrivare a fine mese. Non importa che ci troviamo nel mezzo di una pandemia, che limita la mobilità per ragioni di tutela della salute collettiva: infischiandosene delle possibilità di contagio e diffusione del virus, quegli stessi lavoratori che fino a qualche giorno fa non potevano uscire di casa adesso, da un’ora all’altra devono abbandonare la propria casa e andare non si sa dove e non si sa per quanto. Andare da amici o parenti, mettendo a repentaglio la salute propria e degli altri? Affittare un’altra casa fuori Bologna, quando si fa fatica a pagare l’affitto della casa in città? Chi diceva di volere tutelare la nostra salute, oggi dimostra che in realtà non gliene è mai fregato nulla. L’unica salute che gli interessa è quella dei profitti dei padroni di merda.
Chi sono le persone perseguitate? Un lavoratore di una cooperativa sociale del bolognese, che durante tutto questo periodo è stato costretto ad andare al lavoro per pochi soldi e senza adeguate protezioni; il lavoratore di un bar, che oggi avrebbe dovuto riprendere i suoi turni; il socio di una piccola attività, una di quelle partite iva che rifiuta di scaricare la crisi sui lavoratori e proprio perciò non ha ricevuto un solo euro da Stato e regione; uno studente che, per pagarsi l’università, deve fare dei lavoretti in nero; un rider che in questi mesi è stato costretto a montare sulla bicicletta per guadagnare i soldi necessari a tirare avanti. A questi “divieti di dimora” si aggiunge il “divieto di avvicinamento” per una ex lavoratrice del Nails Café, vicenda esplicitamente messa al centro della montatura giudiziaria: si tratta di padroni di merda loro sì colpevoli di non aver versato migliaia di euro dovuti a una loro dipendente. Il messaggio ai lavoratori è: state lontani e lasciate che i pdm sfruttino e truffino in tranquillità.
Cosa viene imputato? Di perseguitare e non dare tregua ai padroni che non pagano i lavoratori. Pretendere di ricevere il salario pattuito da questa mattina ufficialmente si chiama “estorsione”! Andare dal padrone di merda a chiedere conto di truffe e molestie, disturbando così i suoi sporchi affari, da questa mattina ufficialmente si chiama “violenza”!
Anche in questo caso il messaggio è chiaro: all’alba della riapertura di tanti esercizi commerciali dopo mesi di lockdown per la crisi coronavirus la parola d’ordine è quella della ripresa economica, non fosse altro che questa ripresa riguarda solamente i padroni di merda. Dei giovani, dei precari e dei lavoratori sfruttati, che molto spesso non si sono visti recapitare neppure un centesimo negli ultimi periodi di chiusura totale, non interessa niente a nessuno. L’economia dei lavoretti in nero e malpagati deve riprendere alla svelta e in un momento come questo le maschere bianche rappresentano indubbiamente un problema per tutti i padroni pronti a scaricare sui propri dipendenti i costi della crisi economica.
È inutile che cercate di dare un nome o di cacciare qualcuno, perché dietro quelle maschere bianche ci siamo tutti: tutti i precari che hanno scelto di vendicarsi dei propri sfruttatori; tutti i lavoratori che almeno una volta si sono identificati in una delle tante storie di ricatto, truffa e molestie che in tanti mesi abbiamo raccontato. A maggior ragione nel pieno della crisi economica, per ogni padrone di merda sfruttatore segnalato ci saranno più maschere bianche pronte a scendere in strada. Per ogni precario cacciato dalla propria casa, ci saranno più maschere bianche pronte a diffondersi in tutta Italia, perché i padroni di merda non hanno dimora.
Quando le istituzioni dicevano #andràtuttobene, ora sappiamo a chi si riferivano: ai padroni di merda, gli unici a essere veramente tutelati. Per questo la vendetta contro i padroni di merda non si ferma, ed è di nuovo tempo di indossare la maschera.