Bologna: Il silenzio etico. Migranti, logistica e amministrazione comunale
Alcuni giorni fa Alessandro Alberani, il Direttore Logistica Etica Interporto Bologna, ha finalmente chiarito qual è il significato politico della sua nomina. In occasione di un incontro in Prefettura, in linea con il suo passato alla CISL, Alberani ha fatto sapere che stanno lavorando per far rientrare il settore della logistica nella legge 146 che prevedere tempi più lunghi e procedure più complesse per proclamare gli scioperi. L’obiettivo, ha detto senza pudore, è impedire scioperi e blocchi dei lavoratori e delle lavoratrici dei magazzini, in maggioranza migranti e richiedenti asilo. Un obiettivo per il quale, evidentemente, non era stata sufficiente la legge Salvini che qualche anno fa ha vietato i blocchi stradali, rendendoli penalmente perseguibili. Un obiettivo al quale a quanto pare si è accodato anche il sindaco più progressista del paese.
Fiero della nomina ricevuta da Matteo Lepore, Alberani ha svelato la vera etica che hanno in mente le istituzioni cittadine firmatarie della Carta metropolitana: è l’etica del profitto dei padroni, basata sulla libertà di rendere conto solo ai “sindacati responsabili”, sempre disposti a firmare qualche accordo per far sì che lo sfruttamento nei magazzini prosegua senza interruzioni. Nella logistica etica non c’è spazio per altri sindacati, tanto meno per migranti e richiedenti asilo che negli ultimi mesi si sono organizzati autonomamente per denunciare le condizioni di sfruttamento e il ricatto del permesso di soggiorno su cui si basano.
Le dichiarazioni di Alberani confermano che la grande fabbrica dell’Interporto è un campo di battaglia strategico per il lavoro migrante. Durante e dopo la pandemia scioperi, blocchi e mobilitazioni hanno consentito di conquistare qualche vittoria in un settore nel quale ‘lavoro essenziale’ è sinonimo di oppressione, insicurezza e povertà.
Lo sanno bene le lavoratrici madri di Yoox che sono riuscite ad ottenere il turno centrale. Lo sanno i richiedenti asilo che lo scorso novembre si sono rifiutati di lavorare dentro SDA, bloccando il magazzino dove a ottobre è morto Yaya Yafa, per dire basta a ore non pagate, a contratti di un giorno o di una settimana, per chiedere più sicurezza e trasporti. È grazie a quello sciopero, non certo ai protocolli della logistica etica, che molti contratti sono stati rinnovati per due o tre mesi, in alcuni casi sono diventati a tempo indeterminato, e che di recente sono state inserite nuove – e comunque insufficienti – corse degli autobus: mentre l’autobus per raggiungere FICO subito attivato rimane tristemente vuoto e inutilizzato, molti migranti sono ancora costretti ad aspettare ore in caso di turni notturni o a muoversi in bici su strade poco illuminate e pericolose.
A migranti e richiedenti che alzano la testa e rifiutano sfruttamento, razzismo e sessismo, Alberani e le istituzioni etiche che rappresenta rispondono con il buon proposito di rendere ancora più complicati scioperi e blocchi. Una risposta che fa il paio con l’ostinato silenzio della vicesindaca e dell’assessore al welfare che continuano a ignorare gli impegni presi per intervenire su alcuni concreti problemi che donne e uomini migranti quotidianamente devono affrontare. Non avevamo chiesto la luna, ma alcune cose molto pratiche. Evidentemente preferiscono l’etica del divieto di sciopero. Contro la logistica etica e il silenzio dell’amministrazione comunale il 2 luglio saremo in Piazza Nettuno: invitiamo tutte e tutti a partecipare per sostenere le lotte delle donne e degli uomini migranti, di richiedenti asilo e profughe!