Il processo per i maltrattamenti sui detenuti nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 del 2001, sta entrando nel vivo, con l’avvio della requisitoria dei pm. Il procuratore aggiunto Mario Morisani, all’esordio dell’udienza, ha parlato di “ventata di follia. Tutti hanno perso il controllo, da una parte e dall’altra”.
E’ un’affermazione che lascia davvero sconcertati, perché lascia intuire un’assimilazione dei gravissimi abusi compiuti a Bolzaneto (documentati da decine di testimonianze) alle follie di una “controparte” nebulosa, evidentemente da identificare – nell’allusiva affermazione di Morisani – con il solito “blocco nero”, assurto ormai a scusa ufficiale per tutti gli abusi commessi dalle forze dell’ordine nelle tragiche giornate del G8 genovese.
E’ un discorso pericoloso perché ci porta fuori dal recinto delle regole costituzionali: se anche ci fosse stata una “follia” dall’altra parte (ma bisognerebbe dire meglio di chi si parla, in che contesto, per quali epidosi), stabilire una reazione di causa-effetto con le torture compiute in caserma, vorrebbe dire che le forze dell’ordine possono essere assimilate – nella visione del procuratore – a bande di teppisti e che eventuali “folli” azioni di privati cittadini per le strade sono equiparabili a maltrattamenti sui detenuti da parte di funzionari dello stato.
Se Morisoni intendeva qualcosa del genere, c’è davvero da preoccuparsi, perché il procuratore si incamminerebbe su un sentiero che porta fuori dal percorso della legalità costituzionale. Le forze dell’ordine devono rispettare la legge in ogni circostanza, punto. Non ci sono cedimenti possibili su questo punto. Tanto più se si parla di abusi commessi nel chiuso di una caserma su persone private della libertèà personale (e spesso già picchiate e malmenate per strada o alla scuola Diaz).
Di fronte ai fatti documentati a Bolzaneto, occorre una risposta chiara e forte dello stato, e non la ricerca di attenuanti e giustificazioni. Dottor Morisoni, si corregga.
E’ un’affermazione che lascia davvero sconcertati, perché lascia intuire un’assimilazione dei gravissimi abusi compiuti a Bolzaneto (documentati da decine di testimonianze) alle follie di una “controparte” nebulosa, evidentemente da identificare – nell’allusiva affermazione di Morisani – con il solito “blocco nero”, assurto ormai a scusa ufficiale per tutti gli abusi commessi dalle forze dell’ordine nelle tragiche giornate del G8 genovese.
E’ un discorso pericoloso perché ci porta fuori dal recinto delle regole costituzionali: se anche ci fosse stata una “follia” dall’altra parte (ma bisognerebbe dire meglio di chi si parla, in che contesto, per quali epidosi), stabilire una reazione di causa-effetto con le torture compiute in caserma, vorrebbe dire che le forze dell’ordine possono essere assimilate – nella visione del procuratore – a bande di teppisti e che eventuali “folli” azioni di privati cittadini per le strade sono equiparabili a maltrattamenti sui detenuti da parte di funzionari dello stato.
Se Morisoni intendeva qualcosa del genere, c’è davvero da preoccuparsi, perché il procuratore si incamminerebbe su un sentiero che porta fuori dal percorso della legalità costituzionale. Le forze dell’ordine devono rispettare la legge in ogni circostanza, punto. Non ci sono cedimenti possibili su questo punto. Tanto più se si parla di abusi commessi nel chiuso di una caserma su persone private della libertèà personale (e spesso già picchiate e malmenate per strada o alla scuola Diaz).
Di fronte ai fatti documentati a Bolzaneto, occorre una risposta chiara e forte dello stato, e non la ricerca di attenuanti e giustificazioni. Dottor Morisoni, si corregga.
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