Una sentenza attesa e prevedibile. Non a caso, nell’aprile scorso, il Governo italiano aveva riconosciuto i propri torti ed era pervenuto ad un accordo con sei delle vittime, con un risarcimento di 45.000,00 euro. All’epoca, tale atto consentì alla Corte Europea di chiudere la procedura intentata da tali ricorrenti, anche per le assicurazioni date dal nostro Paese “a adottare tutte le misure necessarie a garantire in futuro il rispetto di quanto stabilito dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani, compreso l’obbligo di condurre un’indagine efficace e l’esistenza di sanzioni penali per punire i maltrattamenti e gli atti di tortura e l’impegno a predisporre corsi di formazione specifici sul rispetto dei diritti umani per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine”. La condanna odierna, che risarcisce coloro per i quali non si era pervenuti ad alcun accordo, punisce l’inerzia dello Stato italiano, per non aver legiferato in materia e per non aver condotto indagini efficaci.
Oggi il delitto di tortura in Italia c’è, ma la fattispecie è ben lontana da quella prevista dalle convenzioni internazionali firmate dall’Italia, da oltre 30 anni.
Il testo qualifica il reato come “comune” e non come “proprio”, slegandolo quindi dall’operato dei pubblici ufficiali. E’ stato cancellato, nel corso dell’iter parlamentare, il termine “reiterate”, sostituito con “più condotte”. Inoltre il reato non sussiste “nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”, dove la parola “sofferenze”, unitamente a “legittime misure” appare palesemente in contrasto. La fattispecie di reato così come descritta è di difficile applicazione, poiché le condizioni poste per la punibilità saranno di complessa se non impossibile verifica.
Le garanzie fornite all’Europa non sono state, dunque, rispettate e quando a Strasburgo apriranno gli occhi vi saranno nuove condanne, richieste, ancora una volta, da cittadini che, per avere Giustizia, dovranno rivolgersi altrove.
Il nostro è, ormai, un Paese senza vergogna. Si preferisce pagare, pur di non introdurre nell’ordinamento leggi giuste e di alto valore sociale, ma impopolari. Si vuole una comunitàprivata di una corretta sensibilità e informazione su temi fondamentali per un Paese civile, disconoscendo i valori stessi della nostra Costituzione, troppo spesso ignorata.
Quanto è avvenuto dopo la sentenza “Torreggiani”, provvedimento “pilota” che ha costretto il Governo a prendere in considerazione la drammatica e ben nota condizione delle carceri italiane, è emblematico. Si è rassicurata l’Europa con provvedimenti tampone, privi di una vera natura strutturale edoggi, dopo circa 4 anni, il sovraffollamento ha ripreso a crescere e si attende ancora una concreta riforma del sistema penitenziario e dell’esecuzione penale.
L’Unione Camere Penali Italiane ha dato il suo contributo agli Stati Generali e lo sta dando nelle Commissioni volute dal Ministero, i cui lavori ormai sono quasi ultimati. Ora la politica faccia la sua parte!
GIUNTA DELL’UNIONE CAMERE PENALI ITALIANE L’OSSERVATORIO CARCERE U. C. P. I.