Si chiamava Agatha. Aveva solo otto anni.
” Era una bambina piena di vita. Intelligentissima. Studiosa. Avrebbe potuto essere ogni cosa”, racconta disperato suo nonno.
L’ha uccisa una fucilata mentre tornava in auto a casa nella favela Do Alemao di Rio De Janeiro.
Ad esplodere quel colpo assassino è stato uno dei cecchini della polizia militare, creatura mai estintasi della dittatura fascista in Brasile, oggi rinominata “polizia di pacificazione” e incaricata di ripulire le baraccopoli da ogni microcriminalità .
Un tiro sbagliato. Il cecchino aveva puntato due possibili “banditi” a bordo di una moto. Perché da queste parti funziona così.
Prima si spara. Per legge visto che il locale governatore ha decretato che si debba sparare a chiunque sia armato. O sembri tale. E che chi lo fa non debba essere processato.
Sere fa per poco non sono stati trivellati di colpi due ragazzi. Trasportavano l’asta di un microfono per una festa. Sembrava un mitra..
Agatha è l’ennesima vittima della guerra civile brasiliana. Della folle e crudele guerra di sterminio scatenata contro i quartieri della miseria popolati da poveri e gente di colore. La miseria si combatte in punta di fucile in questo paese dominato dai Bolsonaro e dalla finanza più aggressiva e spaccato in due tra una minoranza gaudente e la maggioranza della popolazione abbrutita dalla peggiore povertà.
Agatha si aggiunge alle 1075 vittime di queste operazioni di polizia. Un numero superiore del 20% a quello dello stesso periodo dello scorso anno.
Mentre le morti violente in Brasile sono diminuite di un 10%, il numero di civili abbattuti dalla polizia è salito da 5.179 nel 2017 a 6.220 nel 2018.
Tanti, tantissimi, tra loro erano assolutamente innocenti.
Come Agatha, otto piccoli e meravigliosi anni
Silvestro Montanaro
da Raiawadunia