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Il buco nell’acqua della Procura di Roma, nell’archivio di Persichetti nessun documento riservato

Assoluta irrilevanza giudiziaria del materiale individuato e sequestrato a Paolo Persichetti. Nonostante il nulla investigativo prodotto da questa indagine da 336 giorni si protrae il sequestro capzioso archivio storico e familiare, dei telefoni cellulari, del computer e del cloud. Appare sempre più chiaro che l’obiettivo di questa inchiesta era quello di portare un attacco diretto alla libertà di ricerca storica, lanciare un monito all’agibilità storica indipendente. Apparati e magistratura hanno invaso un nuovo territorio, estendendo la loro competenza alla conoscenza del passato

E’ arrivata finalmente la relazione tecnica realizzata sul mio archivio di lavoro sequestrato l’8 giugno 2021 (vedi qui e qui). Nel gennaio scorso il Gip aveva disposto la duplicazione dei dati presenti nei dispositivi sottoposti a sequestro e aveva chiesto di individuare al loro interno i «documenti provenienti dalla Commissione di inchiesta relativa al sequestro dell’On. Moro presieduta dall’On. Fioroni, delimitando tale ricerca al periodo 2/10/2014 – 31/3/2018», periodo di attività della Commissione parlamentare. Indagine finalizzata a cercare la prova della presenza di materiale riservato proveniente dalla Commissione Moro 2, che – secondo l’ipotesi avanzata dalla Procura dopo una rocambolesca serie di cambi di accusa – avrei utilizzato per favorire alcuni latitanti coinvolti nel sequestro Moro.

In 23 dei 27 device e altri supporti di archiviazione sequestrati dalla Polizia di prevenzione, supportata da Digos e Polizia postale – è scritto nella perizia – «non sono stati rinvenuti elementi riferibili alla richiesta del Pm». Circostanza ovvia, alcuni di questi contenevano solo materiale di pertinenza familiare.
Nei 4 supporti restanti sono stati estratti nel complesso 725 elementi: 589 pdf, 117 immagini, 1 video, 13 files testo e 5 folder.

Tra i 589 pdf ci sono:
1 libro in doppia copia e 2 copie di un mio articolo apparso su il Dubbio del 24 ottobre 2017 dal titolo, «La bufala del Br Alessio Casimirri salvato dai servizi»;
585 documenti scaricati da fonte aperta, in buona parte dal sito dell’ex membro della Commissione Moro 2, Gero Grassi (https://gerograssi.it/b131-b175/#B131). Pdf scaricati dal 18 maggio 2018 in poi, ovvero tre mesi dopo la chiusura dei lavori della Cm2 e la declassificazione degli atti stessi. Un numero ristretto di pdf proviene invece dal portale della Commissione attivato successivamente, messo a disposizione di studiosi e cittadini che volevano fare richiesta di documenti prodotti dalla Commissione. I restanti pdf riguardano le schede di registrazione delle audizioni svolte dalla Commissisone che si trovano sul sito di Radio Radicale.

Le 117 immagini sono così suddivise:
46 foto della bozza preparatoria della relazione finale del primo anno di lavori della Commissione, resa pubblica il 15 dicembre 2015. Tra le 46 immagini quasi la metà, 20, sono doppioni presenti in un cellulare attivato pochi mesi prima del sequestro. Queste immagini, da cui sarebbe scaturita l’indagine dopo una intercettazione di alcune mail, erano già in mano agli inquirenti al momento della perquisizione, non costituiscono per tanto alcuna novità.
2 immagini doppione dello schizzo dell’azione di via Fani realizzato da Mario Moretti, depositato in commissione Moro 2 dallo storico Marco Clementi al momento della sua audizione, il 17 giugno 2015 e citato nel libro a cui ho preso parte, Brigate rosse, dalle fabbriche alla campagna di primavera, Deriveapprodi 2017.
15 immagini di una relazione del Sismi inviata alla prima Commissione Moro. Documentazione presente nella Direttiva Prodi raccolta in Archivio centrale dello Stato.
1 immagine della lettera di Mario Moretti inviata alla Cm2, già citata nel libro sopra indicato.
1 immagine di una camicia con frontespizio «Telefonate anonime», proveniente dalle buste del Fondo Moro – Direttiva Prodi presente in Archivio centrale dello Stato.
1 video del responsabile Ris carabinieri che presenta la relazione tecnica sulle perizie svolte per conto della Cm2, facilmente reperibile in rete.
5 folder contenenti la documentazione raccolta in Archivio centrale dello Stato.
6 documenti testo formato pages con gli indici del contenuto delle buste da me visionate all’interno della Direttiva Prodi, fondo Moro, presso l’Archivio centrale dello Stato.
7 documenti formato word con doppioni di articoli vari.

Nessun documento riservato
Appare superfluo sottolineare l’assoluta irrilevanza giudiziaria del materiale individuato. Al momento della perquisizione avevo inutilmente spiegato quale fosse il contenuto del mio archivio, indicando le cartelle contenenti i documenti della Commissione Moro 2, invitando i funzionari di polizia a verificare come i pdf fossero agevolmente scaricabili dal sito di Gero Grassi e dal portale della Commisssione.

Nonostante il nulla investigativo prodotto da questa indagine da 336 giorni si protrae il sequestro capzioso del mio archivio storico e familiare, dei telefoni cellulari, del computer e del cloud. Appare sempre più chiaro che l’obiettivo di questa inchiesta era quello di portare un attacco diretto alla libertà di ricerca storica, lanciare un monito all’agibilità storica indipendente. Apparati e magistratura hanno invaso un nuovo territorio, estendendo la loro competenza alla conoscenza del passato.

Ne discuteremo giovedì 12 maggio presso la biblioteca, hub culturale Moby Dick, a Roma-Garbatella, dalle ore 18.00 nel corso della presentazione di La polizia della storia, la fabbrica delle fake news nell’affaire Moro, Deriveapprodi, maggio 2022.

da Insorgenze.net