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Il capitalismo della sorveglianza

Il mondo sta combattendo la pandemia oppure il pianeta e il virus sono un campo di battaglia di un’altra gigantesca guerra di dimensioni planetarie? Qualche volta, nel liquidare con un’alzata di spalle il cosiddetto “complottismo”, un rischio grave c’è, bisognerà pur dirlo. È quello di appiattire a certe tesi caricaturali molte evidenze tutt’altro che fantasiose. Michel Chossudovsky, direttore di Global Research, il centro canadese di ricerca sulla globalizzazione, considerato uno dei massimi esperti internazionali di economia e geopolitica e collaboratore dell’Enciclopedia Britannica, sostiene da tempo che lo sganciamento delle risorse umane e materiali dai processi di produzione, scatenato dal confinamento paralizzando l’economia reale, è stato un atto di guerra. Un’operazione pianificata con cura, che è parte di un piano militare e di intelligence degli Stati Uniti e della NATO, per indebolire Cina, Russia e Iran e destabilizzare il tessuto economico dell’Unione Europea. Chossudovsky trova conferma della sua tesi in certe affermazioni “leggere” di Mike Pompeo, segretario di Stato Usa. Ci si creda o meno, spiega Carlos Fazio su La Jornada, la disputa geopolitica per il controllo di zone di influenza fra le potenze – Stati Uniti e Cina, in particolare -, ha avuto nell’emergenza mondiale vincitori e sconfitti. È la solita fake news perché i morti sono ovunque? Difficile crederlo, Amazon e Jeff Bezos, per fare un esempio, in sole tre settimane di pandemia hanno accresciuto il patrimonio di 25 miliardi di dollari. Non sono i soli, né quelli che hanno guadagnato di più. Tutte le corporation della Silicon Valley, le grandi protagoniste di quello che Shoshana Zuboff chiama il capitalismo di sorveglianza, così come il primo fondo di investimenti del pianeta, BlackRock – che possiede il 5% di Apple e di Exxon Mobil e il 6% di Google ed è più grande di GoldmanSachs, J.P. Morgan e Deutsche Bank messi insieme – vivono una vera e propria Grande Abbuffata. Pechino risponde, intanto, lanciando la prima moneta digitale nazionale e la Via digitale della Seta. La guerra per la leadership digitale nel mondo – con i suoi assi portanti principali: l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose, le reti 5G e il Big Data – era già in corso molto prima dell’irruzione del coronavirus (in particolare, naturalmente, tra Cina e Stati Uniti), ma di certo il Covid-19, magari indipendemente dalla sua genesi, non gli è estraneo. Nulla gli è estraneo. Lo si vede da tempo anche con la forsennata corsa al business sul vaccino. La colonizzazione digitale, quella che trasforma tutto quel che pensiamo e facciamo lasciando tracce nella rete in merce informativa da vendere e comprare, resta però il piatto forte delle nuove forme del dominio e della guerra, senza alcuna esclusione di colpi, per conquistarne l’egemonia

Mentre in mezzo all’emergenza sanitaria del Covid-19 milioni di persone sul pianeta, imprigionate dalla disinformazione e dalla manipolazione e inoculate dalla paura, vivono in un traumatico confinamento quasi totale – sottomesse come sono a misure profilattiche disciplinari equivalenti allo stato di assedio, alla legge marziale o al coprifuoco -, si starebbe dando vita a un processo totalitario di re-ingegneria sociale. L’obiettivo fondamentale sarebbe scatenare una ristrutturazione economica, sociale e politica globale, che, secondo alcune ipotesi, sarebbe guidata da un nuovo governo mondiale (o di sovranità sovranazionale), controllata da un’elite di poderosi speculatori finanziari e banchieri di Wall Street; dalle grandi imprese farmaceutiche e petrolifere, comprese le loro fondazioni filantropiche e i loro laboratori del pensiero (think tanks); dal complesso militare industriale; dalle grandi compagnie tecnologiche digitali e dai mezzi di comunicazione corporativi.

È la tesi di Michel Chossudovsky, direttore di Global Research, secondo il quale lo sganciamento delle risorse umane e materiali dai processi di produzione, scatenato dal confinamento e che ha paralizzato l’economia reale, è stato un atto di guerra; una operazione pianificata con cura, dove non c’è nulla di spontaneo o accidentale, che è parte di un piano militare e di intelligence degli Stati Uniti e della NATO, con l’intenzione di indebolire Cina, Russia e Iran e destabilizzare il tessuto economico dell’Unione Europea.

Professore emerito di Economia dell’Università di Ottawa, Chossudowsky si basa sulle dichiarazioni del segretario di stato statunitense. Il 20 marzo, Mike Pompeo, in un apparente lapsus nel corso di una conversazione alla CNN, s’è lasciato sfuggire che il Covid-19 era una esercitazione (militare) dal vivo, una operazione. Pompeo ha detto: “Non si tratta di rappresaglie … Questo caso sta avanzando: siamo in un esercizio in vivo per farlo bene”. Il presidente Trump, che era al suo fianco, con parole che sono passate alla storia, ha risposto: non avresti dovuto dirlo.

Che ci si trovi o meno di fronte a una fake-pandemia indotta e – indipendentemente dal fatto che il Covid-19 sia o meno un’arma di distruzione di massa (derivata da un virus che gli studi scientifici escludono sia un’arma biologica), la disputa tra le narrazioni con finalità geopolitiche e di controllo di zone di influenza fra le potenze – Stati Uniti e Cina in particolare -, ha avuto nell’emergenza vincitori e sconfitti.

Fra i vincitori, troviamo Larry Fink, presidente di BlackRock, il fondo di investimenti più grande del pianeta, al quale ha fatto ricorso la Federal Reserve degli Stati Uniti (FED) per gestire miliardi di dollari di buoni e l’acquisto di fondi garantiti da ipoteche, come una misura per stabilizzare i mercati e ammortizzare l’impatto finanziario della crisi del coronavirus.

Secondo l’analista Pepe Escobar, BlackRock possiede il 5% di Apple e di Exxon Mobil; il 6% di Google; è il secondo azionista di AT&T ((Turner, HBO, CNN, Warner Brothers) e il principale investitore in Goldman Sachs. BlackRock è più grande di GoldmanSachs, J.P. Morgan e Deutsche Bank messi insieme. Larry Fink, il presidente, sta consigliando Trump su come navigare con gli effetti della pandemia, mentre per tutti gli aspetti pratici, quel compito toccherà al sistema operativo della FED e al Dipartimento del Tesoro. In altre parole, Fink sarà l’amministratore del fondo per le mazzette.

Altri vincitori sono stati il gestore di Amazon, Jeff Bezos, che in sole tre settimane di pandemia ha accresciuto la sua ricchezza di 25 miliardi di dollari; il gestore di Tesla e SpaceX, Elon Musk, che ha dichiarato che il confinamento sociale è stato una violazione fascista al suo diritto di realizzare guadagni e però ha aumentato la sua ricchezza di 5 miliardi di dollari; Eric Yuan, gestore di Zoom, che ha accumulato 2,58 miliardi di dollari; e, infine, il co-fondatore di Microsoft, Steve Ballmer, che ne ha guadagnati 2,2 miliardi.

Amazon, Google (oggi Alphabet), Microsoft, Apple, Zoom, insieme con Facebook, di Mark Zuckerberg (proprietario di Instagram e WhatsApp), e altre corporation della Silicon Valley californiana – legate agli apparati di sicurezza degli Stati Uniti – fanno parte di quello che l’economista Shoshana Zuboff, di Harward, ha definito il capitalismo della sorveglianza, un modello che trascende questi marchi di tecnologia digitale in rete e si è esteso all’economia normale.

Il modello lo forgiò Google nella congiuntura dell’11 Settembre del 2001 – e poi lo diffuse Facebook -, la sua formula lucrativa permette di prevedere (e modificare) il comportamento degli internauti attraverso l’algoritmo di una scatola nera (una specie di dispositivo invisibile). I motori di ricerca di quelle piattaforme trattengono l’informazione, cosa che consente a quelle imprese, secondo Zuboff, di prevedere le azioni dei consumatori nel mondo reale (in casa e al lavoro, nella vita quotidiana) con l’unico proposito di far guadagnare le imprese. Così, al di là dei “mi piace” e dei click virtuali – e senza che essi lo sappiano – le esperienze degli utenti si trasformano in materie prime che consentono di creare schede personali (i nostri volti, le voci, le personalità, le emozioni, il “credo” politico o religioso) ed elaborare i profili per prevederne i comportamenti futuri e manipolare in questo modo milioni di persone. Come accade nella congiuntura del Covid-19 e nella nuova normalità, a danno della nostra autonomia umana e della sovranità individuale.

Nella immediata postpandemia del Covid-19, la guerra per la leadership digitale nel mondo – con i suoi assi portanti principali: l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose, le reti 5G e il big data – riceverà un nuovo impulso in chiave geopolitica. E come prima dell’irruzione del coronavirus, la disputa su quale società digitalizzata e sotto quale modello continuerà a essere contesa fra Stati uniti e Cina.

Innalzata a rango di religione per l’1% più ricco del pianeta (la plutocrazia globale del Foro di Davos), la tecnologia digitale è qualcosa di più di uno strumento di comunicazione; è un poderoso strumento di potere per riunire informazione di massa con la quale si può manipolare, controllare e/o confinare milioni di persone sulla terra (l’esperienza del coronavirus): da lì, come anticipavamo più sopra, il capitalismo della sorveglianza – secondo la azzeccata espressione di Shishana Zuboff – è una minaccia per la libertà e l’indipendenza della persona.

Digitalizzata, elaborata e trasformata in catena di bit e byte, la pratica regolare e sistematica dell’attività on-line (videovigilanza ubiqua, poiché qualsiasi attività mediata digitalmente lascia l’impronta) si trasforma in mercanzia informativa, vero nucleo, come dice Zuboff, dell’attuale  economia digitale globalizzata. Per mezzo di configurazioni algoritmiche che si suppongono segrete, indecifrabili  e illeggibili, le mega-corporation del settore estraggono dalla persona – come nuova mercanzia fittizia allo stesso modo della terra, del lavoro e del denaro, secondo l’intuizione anticipatrice di Polanyi – dati della loro vita quotidiana  (senza il consenso dell’utente trasformato, senza esserne cosciente, in materia prima), che vengono mutati in prodotti predittivi destinati a tracciare e modificare i sentimenti e il comportamento di milioni di individui.

A sua volta, la colonizzazione digitale, come nuova forma di dominio e costruzione di egemonia – Vandana Shiva la chiama dittatura tecnologica – consente alle piattaforme di infrastruttura oligopoliche globali di doppia via di commercializzare la mercanzia informativa (il prodotto predittivo) e ottenere profitto eccessivo e super-rendita.

Così, la persona è la miniera a cielo aperto della ricchezza digitale del filantropismo (Vandana Shiva dixit), simbolizzato nel fondatore di Microsoft e seconda persona ricca al mondo, Bill Gates, e di altri supermilionari la cui ricchezza proviene dall’infrastruttura tecnologica di Internet situata nella Slicon Valley, nella baia di San Francisco, come Mark Zuckerberg (Facebook/Instagram/WhatsApp); Jeff Bezos (Amazon); il privatizzatore dello spazio Elon Musk (Tesla e SpaceX); Apple (iPhone), che annovera fra i suoi investitori Warren Buffett (Berkshire Hathaway); Eric Yuan (Zoom) e Larry Page y Sergey Brin, fondatori di Google (Gmail, YouTube), le tre proprietà del conglomerato Alphabet, e altre corporation come la newyorchese Verizon (Yahoo!), entrambe di proprietà del fondo di investimento The Vanguard Group e BlackRock, tutte legate al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Negli ultimi 25 anni di neoliberismo, gli Stati Uniti si sono trasformati da Stato-impresa in uno Stato-di-sorveglianza e, come dice Shiva, Bill Gates si è trasformato nel Cristoforo Colombo dei tempi moderni, non facendo altro che conquistare territori Microsoft, da dove ha conquistato posizioni di dominio. Quel che il francese Eric Sadin chiama la siliconizzazione del mondo.

Tuttavia, la riconfigurazione del capitalismo tramite un nuovo governo mondiale plutocratico sotto egemonia statunitense nell’immediata post-pandemia (l’ipotesi di Chossudovsky descritta all’inizio) potrebbe dover affrontare come variabile l’emergere di un ordine tripolare (Russia/Cina/USA) non privo di contraddizioni e conflitti scottanti di dimensioni geopolitiche, inclusa un’eventuale guerra navale nell’Oceano Pacifico fra Stati Uniti e Cina.

A breve termine, la transizione da mondo unipolare a tripolare avrà come asse della disputa la ridefinizione digitale del mondo attraverso la conquista di tecnologie chiave come l’intelligenza artificiale, la rete 5G (imprescindibile per la sorveglianza totale) e l’infrastruttura di Internet, cosa che avrà profonde implicazioni per il futuro del commercio internazionale.

Lo scorso 25 aprile, il governo di Xi Jinping, in Cina, ha stabilito l’ecosistema blockchain (catena di blocchi) più grande del mondo, la BlockchainService Network (BSN), e la sua banca centrale ha introdotto programmi pilota per uno yuan digitale in quattro città, trasformando il gigante asiatico nella prima grande economia mondiale ad emettere una moneta digitale nazionale.

Denominata infrastruttura di infrastrutture, la BSN è chiamata ad essere la colonna vertebrale della Via Digitale della Seta, fornendo interconnettività ai soci economici della Cina lungo la Belt and Road Initiative, BRI). Così come la ferrovia, i porti e le reti elettriche di BRI collegano fisicamente il mondo con la Cina, i cavi di fibra sottomarina, le stazioni base di Huawei 5G e le soluzioni standardizzate di blockchain serviranno per migliorare la connettività digitale della Cina.

Lanciando contemporaneamente il BSN e lo yuan digitale, la Cina è pronta a impadronirsi dei benefici di una economia globale che si sta digitalizzando rapidamente. Cosa che ha una dimensione geopolitica e di disputa dell’economia, che implica una sfida alle corporation della Silicon Valley e al sogno di America first del presidente Donald Trump.

Carlos Fazio

Fonte: La Jornada

Traduzione a cura di Camminar domandando

da Comune-Info

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