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In carcere ad Amburgo, cresce la protesta per i cinque attivisti

Per quattro di loro, a oltre settanta giorni dall’arresto, durante il G20 di luglio, è stato fissato il processo. Per Fabio Vettorel no

A oltre settanta giorni dal loro arresto, e dopo il rilascio avvenuto il 10 agosto di Maria Rocco, sono ancora in carcere ad Amburgo cinque dei sei italiani fermati durante le proteste contro il Vertice G20 del 6/8 luglio scorsi. Per quattro di loro, Alessandro Rapisarda e Orazio Sciuto del centro sociale «Liotru» di Catania, Emiliano Puleo attivista di Rifondazione di Partinico e Riccardo Lupano di Genova, è infine stata fissata la data dei processi, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre prossimi.

PARTICOLARMENTE GRAVE e, per diversi aspetti, paradossale il caso del giovane Fabio Vettorel, studente diciannovenne, e pertanto considerato «minorenne» dal diritto tedesco, di Feltre (Belluno) totalmente incensurato, per il quale non è stato ancora deciso né il rinvio a giudizio né il giorno del dibattimento.

Un fatto dai due possibili significati – come argomenta la madre Jamila Baroni, ad Amburgo per seguirne da vicino la situazione: «O intendono accanirsi, visto che la detenzione preventiva potrebbe durare fino a sei mesi, o potrebbero decidere il suo completo proscioglimento, ma non sanno più come venirne fuori». Come ricostruito infatti anche da un reportage di Panorama ARD (primo canale della tv pubblica tedesca) le prove raccolte a suo carico sono inconsistenti e contraddette dagli stessi video della polizia. Al tempo stesso proprio nei confronti di Fabio sono state applicate dal 6 agosto scorso misure duramente restrittive della possibilità di comunicare con l’esterno e appare inquietante il «profilo psicologico» negativo evidenziato dai giudici giudici che emettono il “giudizio” senza averlo mai incontrato e senza nessun consulto di esperti e psicologi.

Alla condizione degli oltre trenta cittadini stranieri ancora detenuti è stato in parte dedicato, venerdì scorso ad Amburgo, l’incontro pubblico «G20: che cosa è stato nel racconto di chi c’era», organizzato dalla piattaforma Grenzenlos Solidarität statt G20 (Solidarietà senza confini contro i G20), promotrice della marcia conclusiva dell’8 luglio scorso con oltre ottantamila manifestanti, cui avevano aderito movimenti sociali, organizzazioni non governative, sindacati e partiti della sinistra come Die Linke.

PRESSO LA CAMERA del lavoro DGB, di fronte a oltre trecento persone, è stato documentato e denunciato il vero e proprio «stato di emergenza», costruito a luglio nella città anseatica dal governo conservatore federale e da quello locale a guida socialdemocratica. Sotto l’attenta lente d’ingrandimento di avvocati e giornalisti, attiviste e parlamentari della Sinistra, sono state denunciate le sistematiche violazioni dei diritti garantiti dalla Carta fondamentale dell’Unione Europea e dalla Costituzione tedesca – a partire dalla libertà di circolazione e dal diritto di espressione delle proprie idee – e i conseguenti innumerevoli abusi e violenze commessi dalle forze dell’ordine. È stato ricordato come, a conclusione della settimana di proteste, sia stata scatenata da parte della Polizia tedesca una mirata «caccia all’attivista straniero», individuato come facile «capro espiatorio» della brutale e fallimentare gestione dell’ordine pubblico in quei giorni. Nei confronti degli stranieri arrestati è stato applicato un trattamento evidentemente «discriminatorio e vendicativo», come attestato dalle prime sproporzionate condanne, fino a due anni e nove mesi di carcere, comminate nei tre processi fin qui giunti a sentenza.

DOPO LE PRIME interrogazioni parlamentari presentate dal gruppo di Sinistra Italiana, mobilitazioni di piazza in diverse città e gli altri atti ispettivi depositati anche dai senatori Pd Manconi e Puppato e dal 5S D’Incà, il vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Erasmo Palazzotto (Si) cercherà nei prossimi giorni un’interlocuzione con la diplomazia tedesca a Roma «per fare quello che finora non ha voluto fare il governo italiano, ovvero chiedere che Fabio Vettorel e tutti gli altri prigionieri dei G20 siano subito liberati. Perché la libertà di movimento, il diritto a manifestare liberamente in tutta Europa devono essere tutelati, ieri ad Amburgo, domani ovunque».

Beppe Caccia

da il manifesto