Al carcere di Asti fu tortura. A chiarire definitivamente ciò che Antigone ha sempre sostenuto, anche come parte civile, è stata oggi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, per l’ennesima volta, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani, per le violenze e le torture subite da due detenuti nell’istituto di pena piemontese.
Il caso oggetto della sentenza odierna risale a ben 13 anni fa. Nel dicembre 2004 infatti i due detenuti vennero condotti nelle celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi.
La vicenda giudiziaria ebbe inizio a seguito di due intercettazioni nel febbraio del 2005 nei confronti di alcuni operatori di polizia penitenziaria sottoposti a indagine per altri fatti.
Il 30 gennaio 2012 si arrivò alla sentenza di primo grado. Il giudice scrisse nelle motivazioni che i fatti avvenuti nel carcere erano vere e proprie torture, ma non essendoci in Italia una legge che le punisse si dovette procedere con la contestazione di reati di più lieve entità e quindi verso i colpevoli di queste violenze, per varie ragioni, non si potè procedere.
Nel frattempo uno dei due detenuti è deceduto.
“Per lunghi anni in Italia non c’è stato modo di avere giustizia – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Ancora una volta abbiamo dovuto aspettare una decisione europea. Questo è un caso di tortura in prigione. Ci auguriamo che ci sia una presa di coscienza e che non ci sia impunità per i responsabili. Ricordiamo – prosegue Gonnella – che nei prossimi giorni l’Italia andrà sotto osservazione dinanzi al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura. Al di là di questo caso singolo noi chiediamo: che sia adottato un codice di condotta per i comportamenti in servizio di tutti gli appartenente alle forze dell’ordine; che ci sia sempre l’identificabilità di tutti coloro che svolgono compiti nei settori della sicurezza e dell’ordine pubblico; che si interrompano le relazioni sindacali con quelle organizzazioni che difendono, anche in sede legale, i responsabili di questi comportamenti; che dinanzi a questi casi lo stato si costituisca parte civile“.
Nei mesi scorsi Antigone aveva ricostruito il caso del carcere di Asti attraverso una time-line con i passaggi più importanti della vicenda
Andrea Oleandri
Ufficio Stampa Associazione Antigone