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Carcere, suicidi senza fine

L’emergenza nelle carceri italiane ha raggiunto livelli mai visti prima, con 19 suicidi in soli due mesi e mezzo, un numero che segna un record negativo

di Luigi Mollo

Credo che ognuno di noi sorrida quando si dice che la prigione e il manicomio hanno come obiettivi la riabilitazione dei loro ospiti, in realtà, tanto il manicomio come il carcere servono a confinare le devianze dei poveri, a emarginare chi è già escluso dalla società, le carceri sono contemporanei “manicomi”, non solo in senso “figurato”, dove la malattia mentale e le sue conseguenze sono molto più presente di quanto si pensi.” (Franco Basaglia)

Il 2025 si prepara anch’esso a diventare primato per numero di suicidi in carcere.

Tre persone private della libertà personale in 72 ore.

Dietro ai freddi numeri ci sono vite interrotte dietro a sbarre e muri di cinta, drammi individuali e familiari che colpiscono persone ristrette nella libertà personale dallo Stato, in esecuzione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

C’è allora una riflessione alla quale chi si occupa di giustizia penale, non può sottrarsi.

Nel messaggio di fine anno, Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato come l’alto numero di suicidi in carcere “è indice di condizioni inammissibili”, dovendo “il rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti”, essere garantito “anche per chi si trova in carcere” ma evidentemente ciò non è stato recepito dalla politica che tende a inasprire e a provare piacere vedendo i detenuti “non respirare” a capo voltato per non vedere che le carceri collassano e versano in una situazione di endemico sovraffollamento, nonostante le condanne della Corte di Strasburgo non ha mai tentato seriamente di arginare.

Lo Stato non ha volontà alcuna di percorrere la strada più coraggiosa tracciata della dottrina, che sollecita da tempo un “rimpiazzo” della pena carceraria già “sul nascere”, mediante la configurazione di sanzioni edittali non detentive eppure basterebbe la volontà di interessarsi del carcere e che esso non sia solo un immondezzaio sociale dove buttare dentro di tutto e di più, anche perché questo non rieduca. Se non c’è rieducazione, il problema non si risolve ma l’unica risposta del governo sta nell’intenzione di aumentare il numero di posti in carcere. Anzitutto non si spiega quanto tempo servirebbe per costruire nuove carceri. In più, come ha spiegato di recente il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, «se anche nei prossimi tre anni il governo riuscisse a dotare la capienza delle carceri di 7.000 nuovi posti, come dichiarato dalla presidente Meloni, avremo comunque, ad oggi, almeno altre 8.000 persone detenute senza un posto regolamentare. A questo si deve aggiungere che le persone detenute sono aumentate di oltre 2.000 unità nell’ultimo anno e di oltre 5.000 unità dal 2022.

Se il tasso di crescita fosse questo anche nei prossimi tre anni (cosa tutt’altro che impossibile a fronte delle attuali politiche penali) è prevedibile che i 7.000 nuovi posti andranno ad assorbire i nuovi ingressi, lasciando dunque il sistema penitenziario in una condizione di affollamento cronico e drammatico come quello che si registra oggi, con circa 15.000 persone in più rispetto alla capacità del sistema stesso.

I suicidi nelle carceri, in queste condizioni, sono mattanza di Stato destinata a proseguire.

 

 

 

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