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Carceri: Detenuto suicida a Cremona

Un detenuto di 45 anni si è impiccato ieri nel carcere di Cà del Ferro a Cremona. Stessa sorte è toccata giovedì scorso a un detenuto di 58 anni nel carcere di Milano Opera e a un agente di polizia penitenziaria del carcere Rebibbia di Roma. Da inizio anno sono 9 i detenuti che si sono tolti la vita e 21 il totale dei decessi avvenuti nelle carceri (di cui 9 per cause ancora da accertare). Dal 2000 ad oggi 700 detenuti si sono uccisi e ammonta a 1.954 il totale dei “morti di carcere”. Cifra che supera le 2mila unita’, sommando le vittime tra le fila della Polizia Penitenziaria: 85 per suicidio e 6 per “incidenti sul lavoro”.
“Il suicidio avvenuto nel carcere di Cremona, il primo dopo molti anni di relativa ‘tranquillità’, è la spia di un disagio e di una sofferenza che le visite ispettive dei deputati radicali (Maurizio Turco nell’aprile 2011 e Rita Bernardini nell’ottobre 2011) avevano puntualmente segnalato. Disagio e sofferenza derivanti da un degrado crescente della struttura penitenziaria di Cà del Ferro, che da esempio positivo per tutte le altre realtà italiane si è trasformato negli ultimi anni in un semplice parcheggio di persone, quasi una discarica umana. – afferma Sergio Ravelli, segretario dell’Associazione radicale Piero Welby – Ai problemi cronici legati al sovraffollamento (che hanno causato l’inserimento di un terzo letto in molte celle, originariamente previste come celle singole), alla grave carenza di agenti e ai sempre maggiori problemi di convivenza (il 55% dei detenuti sono stranieri), si è aggiunta la progressiva diminuzione di tutte le attività lavorative all’interno della struttura carceraria”.
“Gli eventi drammatici di questi ultimi giorni dimostrano che l’emergenza carceri è un fatto ineludibile e improcrastinabile, perché ne va del senso di civiltà del Paese. – si legge in un comunicato diffuso dall’Associazione radicale Piero Welby – Purtroppo anche il decreto del ministro Severino non affronta il problema con la “prepotente urgenza” richiamata dal Presidente Napolitano, che a luglio aveva parlato di giustizia e carceri come di una situazione “che ci umilia in Europa”. Cifre alla mano, il cosiddetto decreto “svuotacarceri” prevede che, nell’arco di un anno, andranno alla detenzione domiciliare solo 3.300 detenuti, quando i posti che mancano nelle carceri sono più di 22.000! E non è solo una questione di spazi che sono insufficienti persino a custodire animali, ma questione di cure negate, di mancato rispetto della territorialità della pena, di costrizione del detenuto all’ozio forzato, di sporcizia e totale mancanza di igiene. Per non parlare dei 27.000 presunti innocenti lasciati a marcire in cella in attesa del processo”.
“Pochi giorni fa l’Italia è stata condannata per l’ennesima volta dalla Corte europea dei diritti umani per aver sottoposto un detenuto a trattamento inumano e degradante. Il detenuto nel carcere di Parma non solo non riceveva cure adeguate ma, costretto in carrozzina, non riusciva letteralmente a muoversi per la presenza di barriere architettoniche. – conclude il documento radicale – La Corte di Strasburgo, ha dunque ribadito il principio secondo cui gli Stati hanno l’obbligo di assicurare che tutti i carcerati siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana e garantendo in modo adeguato il diritto alla salute. Noi radicali, con Marco Pannella e la sua lotta nonviolenta condotta assieme a tutta la comunità penitenziaria, sosteniamo che le carceri siano l’anello terminale di una Giustizia fuorilegge, che ha sulle spalle un carico di oltre dieci milioni di procedimenti penali e civili pendenti; una giustizia che, sul fronte penale, lascia cadere in prescrizione i processi al ritmo di 180.000 all’anno. E l’amnistia la chiediamo non come “clemenza” ma come un provvedimento costituzionale volto e atto a far rientrare nella legalità lo Stato italiano imbarbarito tanto dall’irragionevole durata dei processi, quanto da un sistema penitenziario incivile e criminale”.