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Carceri: Di Noia come Cucchi, troppe bugie e silenzi

Le terribili condizioni del carcere di Lucera. I radicali: «Ogni detenuto che arriva viene pestato dai secondini», con la complicità dei medici

Una cella d’isolamento e un lenzuolo intorno al collo. È finita così la vita di Alberico Di Noia, trovato morto il 15 gennaio in una delle celle di “osservazione” del penitenziario di Lucera. Un suicidio come tanti, o forse no. Tante, troppe cose nella morte del trentottenne di Zapponeta non tornano. Il 30 gennaio, a due settimane dal decesso, Rita Bernardini, segretario radicale, e alcuni militanti dell’Associazione “Mariateresa Di Lascia” di Foggia, tra i quali il segretario Norberto Guerriero, hanno deciso di entrare tra quelle mura per cercare di rispondere alle troppe domande che ancora rimangono aperte.

«Non siamo qui solo per la questione carceraria che portiamo avanti da anni. La scomparsa di un detenuto in circostanze da chiarire ha reso necessaria una visita». Il piccolo carcere di Lucera, secondo Rita Bernardini, «come il novanta per cento delle carceri italiane ha dei profili di illegalità, non per responsabilità del direttore, è proprio la struttura, l’organizzazione penitenziaria che non rispetta le leggi. Mi aspettavo di non trovare un carcere sovraffollato: sul sito del ministero della Giustizia è scritto che la capienza regolamentare è di centocinquanta detenuti, mentre qui ci sono centosessanta persone. Andando a vedere le celle, però, ci si rende conto che sedici metri quadri per quattro detenuti, con i letti a castello, i tavoli e gli armadietti sono uno spazio minuscolo. Il gabinetto, poi, non ha il tetto sopra, è ricavato nella cella senza copertura. Praticamente, dove mangiano c’è il gabinetto».


Rita Bernardini, segretaria del Partito radicale.

Sovraffollamento e mancanza d’igiene sono solo alcuni dei problemi del carcere. Le attività per i detenuti scarseggiano, nemmeno un terzo fra loro lavora e l’ora d’aria può essere trascorsa solo in un cortile di cemento. I detenuti, però, raccontano una realtà ancora peggiore: «Pressoché tutti i detenuti hanno detto che c’è una minoranza di agenti che usano i pestaggi, le botte. Non è un detenuto che l’ha detto, lo hanno detto in tanti. Io non so se Di Noia sia stato picchiato prima di entrare nella cella, ma a quel che mi hanno detto i detenuti, che è tutto da riscontrare, è che prima di entrare lì c’è un trattamento particolarmente violento. In ogni caso, l’isolamento come punizione è qualcosa di molto grave soprattutto se non è supportato da un conforto di tipo psicologico o psichiatrico. Su questo caso dovrà essere fatta verità attraverso la conoscenza degli elementi».

Una verità che i legali della famiglia Di Noia vogliono scoprire in ogni modo. «L’obiettivo non è cercare colpevoli a tutti i costi, ma la verità a tutti i costi. Gli interrogativi sono tanti, vogliamo partire dal presupposto che tutti siano innocenti, ma abbiamo bisogno di risposte», ha detto l’avvocato Vaira. «Abbiamo sentito tante voci, e siccome erano discordanti ci siamo insospettiti. Si vuole scongiurare a ogni costo un nuovo caso Aldrovandi o un nuovo caso Cucchi. Per trentasei ore è stato impedito alla famiglia di vedere il corpo esanime di Alberico. Ci sono due orari diversi scritti sull’ora della morte e tre versioni diverse della dinamica della morte, una delle quali è “morte naturale per un problema cardiaco”. C’è la storia abbastanza poco plausibile di un suicidio fatto al volo in dieci minuti. Abbiamo avuto qualche risposta in più, ma ne mancano altre».


Alberico Di Noia.

Le incongruenze sono tante, troppe. «Perché è stato disposto l’isolamento in contrasto con condizioni di salute dal punto di vista psicologico? Su questo vi è una responsabilità. Quando è stato deciso e notificato l’isolamento? Chi era l’operatore del 118 intervenuto per primo sul corpo di Alberico, cosa ha visto, perché ha scritto “morte per cause cardiologiche”? Vogliamo conoscere gli orari di servizio di tutti gli operatori nel carcere di Lucera, vogliamo sapere dov’erano, cosa facevano, cosa hanno visto. Vogliamo sapere se ci sono responsabilità anche dal punto di vista disciplinare o regolamentare, non è tollerabile che a oggi non si sappia ufficialmente la storia delle ultime ore di vita di Alberico di Noia e delle ore immediatamente successive. Queste risposte ancora non ci sono, e se non si dispone l’autopsia significa che non si vuole nemmeno indagare. Era un uomo affidato alle istituzioni, allo Stato, e doveva essere tutelato. Se scopriremo che vi sono delle responsabilità di qualsiasi natura il discorso sarà diverso, ma il silenzio su questa storia è uno scandalo, uno scandalo istituzionale che qualcuno ha deciso».


L’ingresso del carcere di Lucera.

Uno scandalo che, secondo l’avvocato Miccoli, delle responsabilità precise le ha: «Io la colpa non la cerco, io parto dal presupposto contrario, perdonatemi. Alberico di Noia muore perché le istituzioni sono sorde. Io cerco solo la gradazione di colpa. Il colpevole c’è, devo solo graduarlo».

Costanza Giannelli da popoff