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Carceri: per la prevenzione del suicidio e dei trattamenti disumani e degradanti si fa sempre troppo poco; ancora suicidi, questa volta a Reggio Emilia e Parma…basta!

Un suicidio a Reggio Emilia e uno a Parma.La persona di Parma aveva 42 anni; si chiamava Samuel Turco,secondo un giornale di Parma un perito aveva sostenuto che non fosse in una condizione di rischio suicidario. A Reggio Emilia è morto un giovane detenuto tunisino di 28 anni;

I suicidio consumatosi nelle carceri di Reggio Emilia e Parma ripropongono questioni più volte denunciate ormai incancrenite:

le reazioni soggettive a questo evento possono essere le più diverse; quello che è oggettivo è che questa morte, ancora una volta, evidenzia il fallimento dell’obiettivo che al carcere ed alla privazione della libertà la COSTITUZIONE REPUBBLICANA ha affidato;

con il luttuoso evento di Reggio Emilia arriviamo ormai, nelle carceri italiane, per il 2017,  28 suicidi e 61 morti!

Dopo il “suicidio” (per come è stato riferito) di Marco Prato nel carcere di Velletri ci eravamo posti alcuni interrogativi anche alla luce del fatto che quel rischio era stato molto chiaramente segnalato dall’ufficio del garante nazionale delle persone detenute e “non visto” o non valutato realisticamente dagli addetti istituzionali; uno degli interrogativi era: dopo questo evento nelle carceri italiane si continuerà a distribuire bombolette di gas come “rimedio” alla incapacità delle carceri di gestire il vitto in condizioni igienisticamente e umanamente accettabili?

A Reggio Emilia il mezzo usato non è stato il gas ma numerosi interrogativi rimangono se vogliamo, ragionevolmente , non trattare la vicenda come un episodio di “cronaca nera” :

  • il gesto si poteva prevenire con una maggiore vigilanza o evitando la disponibilità dei mezzi abitualmente utilizzati per il suicidio ?
  • si poteva gestire , con supporto psicologico e di mediazione culturale, la rabbia connessa alla attesa ed alla esecuzione delle prevedibili sanzioni dopo le proteste dei giorni precedenti ? Si poteva cioè organizzare una sorta di camera di decompressione psicologica?
  • le sanzioni messe in atto o previste per il futuro cosa comportavano per i reclusi soggetti a trasferimento? Una persona può avere familiari in quella città e immaginarsi trasferito a 1000 km. di distanza; bisogna essere umani e previdenti anche nella gestione delle sanzioni!
  • ma soprattutto: cosa ha indotto o facilitato la aggressività alla fonte della protesta poi sedata? Tutti gli studi di prossemica e di psicologia sociale (ma servono a qualcosa questi studi o vengono buttati nel cestino) mostrano che in condizioni di sovraffollamento e di regimi particolarmente restrittivi la aggressività umana può aumentare;
  • non è evidente la necessità di superare questa “foglia di fico” dei tre metri quadrati come cut-off tra il trattamento disumano e degradante e quello accettabile; se quel cut-off può essere usato agli occhi della Europa per evitare sanzioni ciò non significa affatto che sia una cosa seria ! Ma , appunto, psicologia sociale e prossemica servono solo per fare pubblicazioni e magari carriere universitarie (ovviamente siamo comunque grati a chi ha fatto questi studi, non siamo grati a chi fa finta di non conoscerli)
  • esiste nel carcere di Reggio Emilia un piano di prevenzione?

Siamo convinti che per le carceri servano provvedimenti radicali di riforma ma poniamo un problema esplicito: come mai per i luoghi di lavoro il legislatore è giunto alla fine a definire l’obbligo di redigere un documento compiuto per la valutazione dei rischi (compreso quello di distress) e per le carceri no?

LA RISPOSTA E’ OVVIA : perché per le carceri il dettato costituzionale circa finalità riabilitativa è rimasta solo sulla carta e le persone detenute (responsabili  o no dei reati loro addebitati) sono cittadini di seconda classe, insomma sono dei paria senza veri diritti.

Nel frattempo ogni interessamento dall’esterno sulle condizioni di vita ed ogni apporto critico anche se propositivo viene visto con fastidio e intolleranza;

ancora una volta (ora il primo luglio) abbiamo chiesto alla Ausl di Bologna il rapporto semestrale e , ancora una volta, ancora non lo riceviamo…e siamo al 28 luglio; istituzioni interessate alla partecipazione e al miglioramento delle relazioni tra interno ed esterno del carcere dovrebbero essere più tempestive e più collaborative…

Basta con i suicidi, basta con “queste carceri”.

Vito Totire, psichiatra

 circolo “Chico” Mendes e

 Centro per l’altenativa alla medicina e alla psichiatria “F.Lorusso”

via Polese 30 40122-Bologna