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Carceri: luci e ombre di un anno all’insegna di drammi e soluzioni inadeguate

Troppi suicidi, pochi diritti, tra le poche note liete il calo del sovraffollamento: dai 64.047 ristretti di novembre 2013 si è arrivati a quota 54mila. Si chiude l’anno, se ne apre uno nuovo. L’anno che cambia è anche tempo di bilanci, di sguardi verso l’orizzonte che può aprirsi, indicare una meta, e mostrare nubi che si addensano. Il carcere è stato uno dei temi caldi di questo 2014 e – nonostante il Ministro Orlando dica il contrario – si è concluso con l’emergenza ancora in corso.

Quando si parla del carcere – parola ebraica che non a caso vuol dire “tumulazione” – bisogna inevitabilmente fare la conta delle morti e l’anno si è concluso con 130 morti, tra i quali ben 43 suicidi. Nel corso dell’anno – grazie alla spinta della Corte europea – si è messo mano alle normative, sono stati corretti errori e si è cercato di abbattere, con esiti, purtroppo non risolutivi, il sovraffollamento.

 

Le leggi abrogate e quelle approvate

Nel mese di febbraio la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge Fini Giovanardi che equiparava le droghe leggere a quelle pesanti ed era causa di molti ingressi in carcere. Ma il problema permane perché, ad oggi, più di tremila detenuti stanno ancora scontando la pena di una legge dichiarata illegittima. Sempre a febbraio – tramite il decreto legge “svuota-carceri”, poi convertito in legge – è stato ampliato l’utilizzo del braccialetto elettronico, si e imposto un maggior ricorso ai domiciliari e si è introdotta la messa alla prova. Il decreto ha stabilito pene più lievi ed ha escluso l’arresto in flagranza per il “piccolo spaccio”; ha previsto libertà anticipata speciale per i detenuti che danno prova di un’effettiva rieducazione, ma ha escluso – un distinguo che l’Unione delle Camere Penali non ha condiviso – i reati per associazione mafiosa e altri reati gravi come lo stupro e ha contemplato l’espulsione come misura alternativa alla detenzione per i detenuti stranieri per pene non superiori ai due anni.

 

Sovraffollamento

Indubbiamente il 2014 è stato segnato da una riduzione del numero di detenuti: circa diecimila in dieci mesi (dati al 30 settembre 2014). Dai 64.047 ristretti di fine novembre 2013 si è arrivati infatti a quota 54.195. Ma l’emergenza non si è comunque arginata poiché i posti disponibili complessivamente nei 202 istituti sono 49.347 e resta un eccesso di 5mila detenuti. Il Governo si è mosso per la riduzione del sovraffollamento spinto dalla sentenza Tor-reggiani pronunciata l’8 gennaio 2013 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

 

Rinvio della chiusura degli Opg

Il primo aprile era scaduto il termine fissato dalla legge per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma gli Opg esistono ancora. Il Governo ha approvato un decreto di proroga per un altro anno e ha stabilito la chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 31 marzo 2015, pena il commissariamento delle regioni. Al momento sono ancora 750 le persone internate e – come abbiamo già denunciato su questa pagina – secondo la relazione sul Programma di superamento degli Opg trasmessa al parlamento dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e della Giustizia, Andrea Orlando, aggiornata al 30 settembre, sarebbe irrealistico pensare di chiudere le strutture entro il 15 marzo del 2015, come previsto dall’ultimo decreto legge. Ma il ministro Orlando – proprio sul Garantista – ha promesso che il termine verrà rispettato e tra pochi mesi vedremo se sarà di parola.

 

Bambini dietro le sbarre

La vicenda del piccolo Giacomo, cresciuto in carcere con la madre condannata per reati gravi, ha riacceso i riflettori sulla situazione dei bambini in carcere e segnato una svolta: lo scorso ottobre la Corte costituzionale ha stabilito che la madre potrà essere ammessa alla detenzione domiciliare speciale. Secondo i giudici, infatti, a prevalere è “l’interesse del bambino”.

Secondo i dati aggiornati ad oggi dal Dap, sono 40 i bambini fino a tre anni presenti in carcere, mentre le mamme detenute sono 39. Ma c’è ancora difficoltà per l’applicazione della legge del 21 aprile 2011 sulla valorizzazione del rapporto tra detenute madri e figli minori.

Nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento, il dibattito si era concentrato sulla acclarata necessità di conciliare, da un lato, l’esigenza di limitare la presenza nelle carceri di bambini in tenera età, dall’altro, di garantire la sicurezza dei cittadini anche nei confronti delle madri di figli minori, le quali abbiano commesso delitti.

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva affrontato il problema dei bambini in carcere avviando a Milano la sperimentazione di un tipo di istituto a custodia attenuata per madri (Icam). Tale modello è stato realizzato in una sede esterna agli istituti penitenziari, dotata di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini.

A oggi il Governo ancora non ha adeguatamente investito in tale struttura e quindi decine di bambini sono costretti a vivere dentro le patrie galere. L’altro problema è quello della troppo ampia discrezionalità dei magistrati di sorveglianza. Nonostante la leggi contempli anche la detenzione domiciliare per le detenuti madri, non sempre il magistrato la concede. Uno dei motivi principali è anche la residenza inesistente oppure inadatta, e colpisce soprattutto le detenute straniere e rom. Per sanare questo problema, la legge contempla anche la realizzazione delle case famiglia protette, ma ad oggi non se ne è stata realizzata nemmeno una.

 

Il Capo del Dap

Dopo ben sei mesi di posto vacante, è stato nominato come nuovo capo del Dap il magistrato Santi Consolo. Dapprima sostituto procuratore ad Enna e a Nicosia, poi giudice e sostituto procuratore generale a Palermo, infine procuratore generale a Catanzaro e Caltanissetta. Notizia accolta con entusiasmo da parte delle associazioni come Antigone, è stata la nomina di Mauro Palma come vicecapo dell’Amministrazione penitenziaria.

 

Garante nazionale dei detenuti

È passato un anno da quando è stata approvata la legge che prevede l’istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà, ma ad oggi ancora non è stato istituito. A denunciarlo è l’associazione Antigone che ha lanciato una petizione per chiedere al governo di indicare subito al Capo dello Stato tre persone esperte in diritti umani così come la legge richiede. “Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – si legge nella petizione – sia messo nelle condizioni di poter decidere. Si passi dalle enunciazioni ai fatti e si provveda a una nomina nel segno della competenza, dell’esperienza, dell’impegno civico a sostegno delle persone private della libertà”.

 

Satyagraha dei Radicali

Dalla lotta per porre fine alla tortura praticata nei confronti dei detenuti ristretti nelle nostre carceri alla critica del 41 bis che sta ammazzando Provenzano, dallo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella a quello di Rita Bernardini, segretaria di Radicali Italiani, dagli appelli diffusi e sottoscritti da numerose personalità alle lettere inviate al Capo dello Stato, anche quest’anno che si chiude, l’unico partito che si è battuto con coerenza e ostinazione per la difesa dello stato di diritto di questo Paese è quello dei Radicali.

Da tempo l’iniziativa radicale su carceri e giustizia si esprime attraverso il Satyagraha, per risvegliare l’anima della democrazia. Il suo obiettivo non può essere più chiaro: chiedere alle nostre istituzioni di porre in atto tutti i provvedimenti legislativi volti ad eseguire quanto richiesto dalla Corte di Strasburgo con la sentenza Torreggiani e cioè a rimuovere le cause strutturali e sistemiche del sovraffollamento carcerario che generano i trattamenti disumani e degradanti nelle nostre carceri (violazione dell’art. 3 della Convenzione – Tortura). I Radicali, inoltre, ancora perseguono la loro lotta per la proposta di “amnistia per la Repubblica” per la quale sono state raccolte nuove adesioni.

 

Damiano Aliprandi da il Garantista