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Carceri strapiene, ma la riforma non arriva.

Presentato il XIV rapporto sul carcere a cura dell’associazione Antigone sulla situazione nelle carceri italiane che evidenzia come, a sei anni dalla storica sentenza Torreggiani, il tasso di sovraffollamento è al 115,2 per cento, con punte del 200%. Antigone ha visitato 86 carceri ( su 189), 36 nel nord, 20 in centro Italia e 30 tra il sud e le isole. A Larino (Cb) affollamento del 202,8% a Como del 200%

Sono detenuti con una pena residua inferiore a 3 anni, potenzialmente ammissibili a misure alternative, ma sono in cella e il loro numero è in costante aumento negli ultimi 27 mesi. Sono, infatti, 20.961 i detenuti con pena residua inferiore ai 3 anni, potenzialmente ammissibili a misure alternative, che invece sono risultati essere in carcere in base ai dati aggiornati alla fine del 2017.

Nelle carceri italiane, inoltre, non c’è nessuna emergenza stranieri, ma si registra un forte aumento dei detenuti sotto osservazione per radicalizzazioni ( nel 2017 sono 506 contro 365 del 2016, il 72% in più).

Sono questi i dati emersi da “Un anno in carcere”, il XIV rapporto di Antigone presentato ieri mattina a Roma.

Per Antigone, il 2017 avrebbe dovuto essere l’anno della “svolta” per il sistema penitenziario italiano. «Avrebbe dovuto chiudersi un ciclo – scrivono Michele Miravalle e Alessio Scandura nel rapporto -, idealmente iniziato nel 2013 con la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Era atteso un nuovo ordinamento penitenziario, che, dopo quarant’anni avrebbe dovuto modificare e “ammodernare” l’impianto originario del 1975, sulla base del cospicuo lavoro degli Stati generali dell’Esecuzione penale».

Questione ribadita dal presidente di Antigone Patrizio Gonnella durante la presentazione, ricordando che «questa riforma non è affatto una svuotacarceri e abbiamo bisogno di far crescere la qualità di vita in carcere, spostando l’asse verso l’esecuzione penale esterna: non abbiamo oppositori nell’Amministrazione, ma nella politica. Bisogna ricordare che esecuzione penale esterna vuol dire sicurezza, mentre il carcere chiuso, l’ozio forzato, non producono sicurezza». Nel 2017, tra l’altro, nelle carceri italiane ci sono stati 52 suicidi, 7 in più rispetto al 2016.

Nel corso del 2017 Antigone ha visitato 86 delle 190 carceri in giro per l’Italia: 36 nel nord, dalla Valle d’Aosta alla Romagna, 20 in centro Italia e 30 tra il sud e le isole. Il carcere più grande dove Antigone si è recato è Poggioreale, una cittadina nel centro della città di Napoli che ospita ormai oltre 2.200 detenuti ( erano poco più di 2.000 un anno fa) ed in cui lavorano più di 1.000 persone. Il più piccolo, visitato, è Arezzo, una Casa circondariale con una capienza ufficiale di 101 posti ma in cui da tempo, a causa di interminabili lavori di ristrutturazione, le presenze non superano le 30 unità.

Antigone ricorda il luogo comune duro a scalfirsi, quello che “in carcere non ci va più nessuno”. Eppure durante le visite l’associazione ha dovuto registrare che il sovraffollamento è tornato, ed anzi in alcuni istituti non è mai andato via. Un sovraffollamento evidenziato dalla mappa tracciata dall’associazione Antigone sulle 10 carceri più affollate del Paese.

Al 31 marzo 2018, era il carcere di Larino, in Molise, a presentare il più alto tasso di affollamento: con una capienza di 107 posti letto, ospitava 217 detenuti ( tutti uomini e di cui uno su quattro straniero), con un affollamento del 202,8%. A seguire, le tre carceri più affollate si trovano tutte in Lombardia: quello di Como, con un tasso del 200% ( 462 detenuti per 231 posti, con 56 donne e 242 stranieri), è l’istituto più affollato della regione. «Vi abbiamo trovato – osserva Antigone detenuti che non avevano 3 metri quadri di spazio a disposizione.

Le condizioni igienico- sanitarie sono critiche. Molte docce sono prive di diffusori e alcune sono inutilizzabili a causa degli scarichi intasati. L’acqua calda in cella non è garantita». Ci sono poi l’istituto Canton Mombello, a Brescia, affollato al 192,1% ( 363 detenuti per una capienza pari a 189 unità, senza presenze femminili e con un’utenza straniera che supera la metà) e quello più piccolo di Lodi ( 86 persone, di cui 50 stranieri, per 45 posti), con un tasso del 191,1%. Il quinto carcere per tasso di affollamento è quello di Taranto, dove in 306 posti vivono 583 detenuti ( di cui 25 donne e 41 stranieri), per un tasso pari a 190,5%, seguito da altri penitenziari lombardi: Brescia Verziano ( 187,5%: 72 posti, 135 detenuti, di cui 51 donne e 50 stranieri), Busto Arsizio ( 186,7%: 240 posti, 448 detenuti, di cui 263 stranieri) e Bergamo ( 179,8%: 321 posti, 577 detenuti, di cui 38 donne e 318 stranieri) sono in sesta, settima e ottava posizione. Il nono e il decimo posto nella classifica delle carceri più affollate d’Italia sono infine oc- cupati dall’istituto di Chieti ( 175,9%:, con 139 detenuti, di cui 31 donne e 32 stranieri, che vivono in 79 posti letto) e da quello di Pordenone ( 173,7%, 38 posti per 66 detenuti, di cui circa la metà composta da stranieri). «I detenuti aumentano – sottolinea ancora Antigone – mentre diminuisce il numero dei reati denunciati alle forze di polizia». Per quanto riguarda le misure alternative, Antigone osserva che sono 20.961 i detenuti con pena residua inferiore ai 3 anni, potenzialmente ammissibili a misure alternative, che invece sono risultati essere in carcere in base ai dati aggiornati alla fine del 2017. Numeri ‘ bassissimi’, evidenza il rapporto, sono quelli relativi al regime di semilibertà ( 878), mentre quasi 11 mila ( 10.969) sono le persone in detenzione domiciliare. Sono invece 15.523 quelle in affidamento in prova ai servizi sociali. Cresce invece il numero di adulti ( 12.278) che usufruiscono dell’affidamento in prova.

«Il lavoro è l’elemento principe del recupero per i detenuti, le nostre strutture si devono trasformare in aziende, devono essere produttive e tutti i detenuti impegnati in attività!». Lo ha sottolineato il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo intervenendo alla presentazione del rapporto di Antigone. Il capo del Dap, in particolare, ha voluto ricordare i protocolli firmati con l’Anci e con alcuni sindaci – tra cui Virginia Raggi – per impiegare i detenuti per il decoro nelle aree verdi nelle città, nonché quelli siglati con «importanti realtà imprenditoriali del Paese», per attività produttive.

Antigone, nel rapporto, evidenza come il numero dei detenuti lavoratori sia cresciuto negli anni, passando dai 10.902 ( 30,74%) del 1991 ai 18.404 ( 31,95%) del 2017, con percentuali omogenee nelle diverse aree geografiche ( 32,5% al Nord, 33,1% al Centro e 31% Sud e Isole). La quasi totalità dei lavoratori risulta però alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria ( 86,52%) e i detenuti vengono retribuiti nel rispetto dei Ccnl di categoria. Negli ultimi anni il budget stanziato per le mercedi ( salario) nei vari istituti, che permette di retribuire i detenuti che lavorano per l’Amministrazione penitenziaria, è quasi raddoppiato. Infatti mentre nel 2010 sono stati stanziati 54.215.128 euro ( 836,7 euro per detenuto), nel 2017 gli istituti hanno avuto a disposizione 100.016.509 euro ( 1.830 euro per detenuto). Il rapporto però evidenzia l’incredibile divario tra nord e sud per quanto riguarda la volontà delle imprese di lavorare in carcere.

L’intervista di Radio Onda d’Urto Alessio Scandurra, dell’Associazione Antigone Ascolta o scarica

Damiano Aliprandi

da il dubbio