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Caro signore ‘pro ergastolo’ di Marcello dell’Anna

Ritengo che quando qualcuno si esprime sulla pena dell’ergastolo, specialmente nella sua variante “ostativa”, dovrebbe farlo almeno con cognizione di causa e con una certa ponderazione. Ecco perché oggi non voglio parlare di questa delicata e importante questione con chi, come me, è contro l’ergastolo: non avrebbe senso. Vorrei, invece, poter chiacchierare sull’argomento con colui il quale è “pro ergastolo”. Vorrei che TU, una buona volta, non discutessi di questa pena con altri tuoi pari, ma parlassi direttamente con me che con questa pena ho un “rapporto particolare” da oltre vent’anni. Sono uno dei tanti ergastolani ostativi e, penso, che quando l’ergastolo ostativo non offre che occasioni di vomito a tante persone oneste, appare difficile sostenere che esso sia destinato ad accrescere la pace e l’ordine in seno allo Stato. E’ evidente che, agli occhi di queste persone, siffatta condanna a vita non è meno ripugnante della pena di morte, dato che questa ‘pena di morte viva’ pungi dal riparare l’offesa inferta al corpo sociale, non può aggiungervi che fango. Pertanto mi domando, caro signore “pro ergastolo”: può la libertà o meno di una persona, condannata già ad un “fine pena MAI”, dipendere da precise condizioni che rispondono solo ad una logica di rivalsa e a un primordiale senso di vindice giustizia? Può uno Stato civile e democratico che (…ingannevolmente dice di essere…) in prima linea contro la pena di morte, usare sistemi di costrizione inquisitoria e di cinquecentesca memoria? Ecco, molto probabilmente, caro signore “pro ergastolo”, TU che ti opponi ad un sistema rieducativo e di reinserimento, intendo per “certezza della pena”, una morte lenta e crudele, più disumana e spietata della pena di morte perché ti fa rimanere vivo con la consapevolezza di essere già morto. Noi ‘ergastolani ostativi’ ci sentiamo come tenuti in un limbo che non è propriamente morte ma di certo non è vita, perché è un’agonia che dura per sempre, è una condizione in cui la vita e la morte si fondono e si confondono. Ecco è una pena di morte oramai (s)mascherata. E il fatto che in Italia non venga eseguita una vera e propria pena capitale, permette a TE signore “pro ergastolo” e alle nostre Istituzioni di mettervi la coscienza al riparo dal senso di colpa che potrebbe procurarvi la messa a morte del reo. Ma in questo modo TU hai solo l’ “illusione” di vivere in un paese civile e democratico. Ebbene, ti domando se è giusto annientare una vita umana per mezzo di una legge che ha solo la bieca e cinica maschera della legalità, mentre, in realtà, nelle nostre carceri si consuma il dramma di pene che non hanno una FINE e che annullano la VITA in maniera molto più crudele e disumana della MORTE. Devi sapere caro signore “pro ergastolo” che questa atroce pena non rafforza nemmeno l’autorevolezza della legge e non raggiunge nemmeno l’obiettivo di cancellare il dolore delle eventuali vittime dei reati. L’ “ergastolo ostativo” insudicia la nostra società, e di conseguenza TU che ne sei fautore, non puoi giustificarla, e non puoi nemmeno vantarti con cinico orgoglio di aver inventato questa variante della pena, ossia l’ “ostatività”, mezzo rapido e umano di uccidere ogni giorno nell’anima e nel corpo noi detenuti ergastolani. Con l’ergastolo ostativo, caro signore “pro ergastolo”, lo Stato oltrepassa il limite dei diritti, finisce per sfigurarsi assumendo il volto inaccettabile della crudeltà e della vendetta. Quello stesso volto crudele che io avevo oltre venti anni fa. Quindi lo Stato non è poi tanto diverso da quello che io ero in passato. Con una differenza però: che io sono riuscito a diventare una persona diversa e migliore, ravveduta, recuperata, ho imparato a rispettare leggi e regole (io, Carmelo, e tanti come noi, appunto, ne siamo testimonianza vivente e attuale!), mentre lo Stato, e anche TU, siete rimasti con quel crudele volto… criminogeno e vendicativo! Devi sapere, caro signore “pro ergastolo”, che “una morte aspra e lenta mi consuma; ciò che temo di più è il riposo, uno stato che mi lascia con me stesso: per uscirne io sfido continuamente la morte: la solitudine, il non-tempo, e la mia coscienza; ecco il mio vero supplizio”. Caro signore “pro ergastolo”, da secoli la pena di morte, spesso accompagnata da selvagge raffinatezze, tenta di tener testa al delitto; e il delitto persiste. Perché? Per secoli si è punito l’omicidio con la pena capitale, eppure la razza di Caino non è scomparsa. Perché? Queste anomalie bastano a spiegare come una pena che sembra calcolata per impaurire animi normali sia in realtà volta alla vendetta e al giustizionalismo. Chiamiamo piuttosto con il suo vero nome questa pena a cui ogni pubblicità è rifiutata: “pena di morte viva”. Chiamiamola con il suo vero nome per quel che essenzialmente è: una vendetta perpetrata da anni. O meglio è una legge primordiale antica come l’uomo: si chiama taglione. Si tratta di un sentimento brutale, non di un principio. Il taglione rientra nell’ordine della natura, dell’istinto; non rientra nell’ordine della legge. Sappi bene, caro signore “pro ergastolo”, che in questi luoghi non ci sono delinquenti. Anche perché la TUA convinzione che dentro ci siano soltanto delinquenti e fuori soltanto galantuomini non è che una illusione. E poi non devi dimenticare quell’importante principio giuridico sulla presunzione di innocenza o di colpevolezza. Se dunque TU vuoi conservare la pena dell’ergastolo, risparmiaci almeno l’ipocrisia di giustificarla con i soliti cinici e pretestuosi discorsi sulla mafia o antimafia. Anche perché mi sono sempre ribellato alla gogna di essere considerato “mafioso” e per questo tacciato come “cattivo e per sempre” senza speranza di recupero. E ricordati, ancora, caro signore “pro ergastolo”, TU che manifesti e propugni il mantenimento di questa pena, senza conoscere la persona che sono oggi, ma “giustiziandomi” per quello che ero oltre vent’anni fa, ricordati che questo TUO “modo di pensare” non è poi tanto diverso da chi si arma la mano per commettere un assassinio. Anche TU, persona della società civile, volendo la mia morte e giustificando la pena dell’ergastolo, anche TU devi ogni giorno mostrare le mani sporche di sangue della vendetta e dell’omicidio. Devo concludere, caro signore, anche se ci sarebbe da parlare per giorni interi su questo tema e chissà se una volta terminato il nostro discorso tu non cambiassi opinione.

Nuoro, 7 gennaio 2013