Casa cantoniera occupata per aiutare i migranti, assolti diciotto solidali
Assolti 18 attivisti No Border per l’occupazione della ex casa cantoniera a Oulx, in Alta Val di Susa, trasformata dal 2018 al 2021 in un rifugio per i migranti. La sentenza della Corte d’appello: «Hanno salvato vite, non sono punibili»
di Mauro Ravarino da il manifesto
In questi anni, un presidio in cima alle Alpi tra Italia e Francia ha aiutato persone in fuga dai conflitti e dalla povertà che cercavano di attraversare il confine, in un tragitto complicato che dal deserto si spinge alle onde del mare e arriva fino ai sentieri nevosi e impervi delle montagne.
Tra gli attivisti No Border che lo hanno animato anche molti militanti anarchici come i diciotto, assolti in appello a Torino, che occuparono abusivamente una ex casa cantoniera a Oulx, in Alta Val di Susa, per trasformarla dal 2018 al 2021 in un rifugio per i migranti, ribattezzato «Chez JesOulx», in ricordo della prima occupazione a Claviere, sgomberata nell’ottobre di sei anni fa.
Il tribunale, in primo grado, aveva sancito che il delitto di «invasione di edificio» di una proprietà demaniale, per quanto dismessa, era stato commesso ma che non era punibile per «tenuità del fatto». I giudici della Corte d’appello del capoluogo piemontese si sono spinti oltre e hanno accolto la richiesta della difesa – formata dagli avvocati Danilo Ghia, Claudio Novaro, Sara Gamba ed Elisabetta Montanari – di applicare l’articolo 54 del codice penale, in base al quale non è punibile chi commette un fatto perché «costretto dalla necessità di salvare sé o altri da un pericolo di un danno grave alla persona».
Il ricorso allo «stato di necessità», avvenuto già in processi su soccorsi in mare, segna un precedente importante nel riconoscerlo, ora, in contesti di assistenza umanitaria anche per via terra. I giudici avrebbero evidenziato come i migranti, trovandosi in quelle zone di montagna senza posti dove andare e a volte con abiti estivi in pieno inverno, correvano pericoli gravissimi e ad aiutarli ci furono, tra gli altri, gli imputati a processo.
La vicenda risale al periodo tra il 2018 e il 2019 – con Matteo Salvini al Viminale – quando il blocco del varco di Ventimiglia spostò la rotta migratoria sulle Alpi, tra il gelo e la neve, senza nessun equipaggiamento adatto ad affrontarla. Quello che successe è stato raccontato da diverse testimonianze come quella di don Luigi Chiampo, parroco di Bussoleno e fondatore di quell’avamposto dell’umanità che è il Rifugio Fraternità Massi di Oulx, un punto di approdo e di sosta: «Per quei migranti – disse nel 2022 come testimone nel processo – la montagna era come le acque del Mediterraneo per i barconi che affondano: una causa di morte. Una quindicina di persone persero la vita per il freddo, la neve, la caduta in un dirupo. Un giovane afgano fu travolto a cinque chilometri dal nostro rifugio mentre camminava lungo i binari della ferrovia: non poteva permettersi il viaggio in treno». Le strutture «ufficiali» non riuscivano a gestire il flusso ecco perché l’ex casa cantoniera si rivelò una «necessità». «Basti pensare che il giorno in cui venne sgomberata dalle forze dell’ordine i nostri ospiti passarono da 43 a 60 in poche ore».
La struttura occupata ha dato riparo a centinaia di persone, offrendo loro cibo, vestiario e assistenza medica. In altre parole, ha salvato vite umane.
Val Susa: Sgomberata l’ex dogana di Claviere occupata dagli attivisti No border
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